Il Governo punta sulla partecipazione dei lavoratori alla gestione delle imprese e sta riflettendo su come realizzarla. Lo ha detto il ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi, nel suo intervento al convegno “Partecipazione, codecisione, azionariato ai dipendenti”, organizzato dall’Ugl. Ieri Esecutivo e sindacato si sono ritrovati a confronto su questi nodi, con una sponda nel mondo accademico: Giampiero Proia, professore del Diritto del lavoro all’Università di Roma Tre. Ugl, Cisl e Uil hanno sempre dimostrato “un’attenzione storica” verso la partecipazione, ha riconosciuto Sacconi, chiedendo anche agli altri di superare le resistenze; la presenza dei lavoratori in azienda non va usata “come grimaldello per esasperare il conflitto” perché i datori, se cresce il tasso di protesta, rischiano di chiudersi e rifiutare il cambiamento. Inoltre l’attuale fase politica è il momento adeguato per introdurre delle modifiche: la crisi economica rischia di diventare strutturale, restano poche occasioni contro la bassa crescita e per sfruttarle bisogna collegare il salario alla produttività. Nelle parole del ministro, il Governo espone la sua idea di partecipazione: non bisogna fare “confusione gestionale”, i lavoratori non saranno in cabina di regia ma servono regole chiare e precisi criteri di attuazione, per esempio attraverso la definizione di piani finanziari specifici. La partecipazione investe anche il tema della sicurezza: per rivedere il Testo Unico bisogna definire nuovi documenti di valutazione del rischio, concordati tra le parti, e il dicastero è pronto a riconoscerne la validità.
La proposta di Sacconi passa subito all’esame dell’Ugl. Renata Polverini, segretario generale, è d’accordo sull’urgenza del cambiamento ma ha scelto toni netti per commentare la visione complessiva: “Può essere il punto di partenza, ma non ha nulla a che fare con la partecipazione”. Questa va sviluppata in modo più compiuto, a suo giudizio, solo così porterà i grandi risultati di altri Stati europei: il segretario ricorda il ruolo centrale dei lavoratori nella ristrutturazione Volkswagen. Le imprese non possono limitarsi a convocare gli addetti, illustrare i livelli di produttività e riflettere insieme sulla redistribuzione; anche la conflittualità citata dal ministro può scendere, ma i lavoratori devono essere chiamati a partecipare davvero. “Gli scioperi non si fermano – ha spiegato – inserendo un solo rappresentante nel collegio sindacale”. Sarà un percorso complesso, secondo l’Ugl, che già rileva le resistenze di Confindustria e si augura un’apertura maggiore da parte di Palazzo Chigi. D’altronde, ha ricordato Proia, in Italia la partecipazione “negli ultimi 60 anni è rimasta lettera morta”, limitandosi nei casi migliori a pratiche di informazione e consultazione; al massimo è stata usata come sostegno alle rivendicazioni tradizionali, senza mai avere una seria incidenza aziendale. Un atteggiamento “molto timido”, secondo lo studioso, che deve cambiare radicalmente coinvolgendo anche il contratto nazionale: oggi questo non tutela il potere d’acquisto né aumenta la produttività delle imprese, va quindi affiancato a una serie di strumenti alternativi. Con due raccomandazioni: sconfiggere l’egemonia delle scelte sindacali, abituati a dettare le priorità sociali, e sviluppare uno spirito partecipativo reale e profondo. Quello che chiede l’Ugl, non ancora soddisfatto dalle risposte del Governo.
18 giugno 2008
Emanuele Di Nicola