Panchina di un parco romano. L’ombra degli alberi diffonde un po’ di sollievo nella grande calura. Due signore non giovani e un uomo attempato sono seduti vicini. Sembrano in confidenza. Discutono a voce alta. “Capite?! – afferma con tono indignato una delle donne- A quelli rimborsano tutto, dalle cure mediche ai viaggi. Tutto, tutto. E i commessi? Pagati a peso d’oro per portare i rotoli di carta igienica da una parte all’altra”. Il Parlamento come bengodi, ricettacolo di ogni nequizia, regno dei privilegi. “E noi per una visita specialistica dobbiamo aspettare mesi e mesi, se non anni”.
L’arroganza della casta e i bisogni della gente comune. Un mantra ripetuto a dismisura. Una sfiducia nei confronti della classe politica che data dalla nascita dell’Unità d’Italia e che nel corso della nostra storia ha assunto forme diverse. Mussolini minacciò di rendere “le aule sorde e grige del Parlamento” un bivacco per i suoi manipoli. Beppe Grillo, ottant’anni dopo, annunciava di volerlo aprire come “una scatoletta di tonno”. Ora, a tuonare contro gli inciuci è la Destra di governo. Eterogenesi dei fini. Inutile chiedere agli occupanti della panchina, impegnati nella loro arringa contro deputati, senatori e relativi commessi, se sarebbero favorevoli all’elezione diretta del premier. La risposta è scontata.
Poco lontano, nello stesso parco, una simpatica edicoletta di legno è destinata allo scambio di libri. C’è chi prende e chi lascia. E qui, neanche a farlo apposta, qualcuno ha deposto un volumetto proprio di Beppe Grillo. “Alta voracità”, denuncia l’inequivocabile titolo accusatorio, con l’aggiunta “Fermiamo la politica che si sta mangiando il nostro Paese”. A colpire è però la dedica che l’ignoto acquirente originario ha voluto scrivere per il destinatario, o destinataria, di quello che con tutta evidenza era un regalo: “Tantissimi auguri. Leggilo subito, prima che il fenomeno Grillo scompaia come hai detto tu”.
Sembra uno scherzo, una vicenda inventata, eppure è proprio così. La pubblicazione risale al 2012. A Palazzo Chigi sedeva “Rigor Montis” ma gli scandali continuavano a dilagare, dal tesoriere della Margherita Luigi Lusi al presidente della Regione Lombardia Roberto Formigoni, passando per il capogruppo del Pdl laziale Franco Fiorito e il leghista Francesco Belsito. “Ormai Craxi non è che un pallido ricordo. Sembra un’eresia, ma se continua così finiremo con il rimpiangerlo. Lui intascava caramelle di nascosto, mentre i suoi eredi si approvvigionano direttamente alle casse dello Stato, come fossero slot machines. C’è un deficit di democrazia e un surplus di mazzette. La corruzione è su scala nazionale, una metastasi in cui tutti collaborano al peggio e i più onesti si limitano a fare il palo”, concionava il comico indossando le vesti di tribuno della plebe.
Il pamphlet ha la violenza di un sasso gettato contro la “santa trinità (politica, impresa, malavita)”. Un lungo e dettagliato elenco di bugie e degenerazioni. La Tav, la Gronda, l’Expo, la cocaina, la cementificazione, le autostrade, le metropolitane, la mobilità, gli inceneritori, le fonti energetiche, il referendum tradito sull’acqua, le spiagge in mano ai privati, il finanziamento pubblico dei partiti abrogato nel 1993 e tornato in vigore sotto le mentite spoglie di rimborsi elettorali, le leggi ad castam, il denaro sporco riciclato a tutti i livelli, la produzione e il commercio di armi, la telefonia, lo strapotere delle multinazionali.
Imbrogli, vessazioni, incompiute, speculazioni, “in un conflitto di interessi che riassume perfettamente il losco impasto tra politica e affari che avvelena questo Paese”. E a proposito delle chiacchere da panchina, vengono esecrati i “quasi 300 milioni all’anno per pagare i dipendenti di Montecitorio, un esercito di 1620 lavoratori, compresi falegnami, barbieri, centralinisti”.
L’anno successivo, il 2013, i Cinque Stelle risultarono i più votati alla Camera. “Non chiamateci onorevoli, siamo cittadini”, proclamava compiaciuto il Nostro. Poi le cose sono andate come sappiamo, è inutile stare qui a rinnovellare gli alti e i bassi del Movimento. Bisognerebbe solo aggiungere che molti degli scandali denunciati allora restano gli stessi. Anzi, sono peggiorati.
Nella sua intemerata contro i grandi progetti, l’uomo di Genova scriveva: “Opere deliranti come il ponte sullo Stretto, un incubo che probabilmente sta svanendo all’orizzonte, ma che ci ha terrorizzato (e impoverito) per decenni”. Non poteva sapere che poi sarebbe arrivato Matteo Salvini a riproporre la faraonica struttura. Come non poteva immaginare che avrebbero deciso di dedicare a Silvio Berlusconi l’aeroporto di Malpensa.
Polvere di Grillo.
Marco Cianca