Il ministro del lavoro Giuliano Poletti ha firmato il decreto sul part-time in uscita. In base al provvedimento i lavoratori del settore privato con contratto a tempo indeterminato ed orario pieno, che possiedono il requisito contributivo minimo per la pensione di vecchiaia (20 anni di contributi) e che maturano il requisito anagrafico entro il 31 dicembre 2018, potranno concordare col datore di lavoro il passaggio al part-time, con una riduzione dell’orario tra il 40 ed il 60%, ricevendo ogni mese in busta paga, in aggiunta alla retribuzione per il part-time, una somma esentasse corrispondente ai contributi previdenziali a carico del datore di lavoro sulla retribuzione per l’orario non lavorato.
Inoltre, per il periodo di riduzione della prestazione lavorativa, lo Stato riconosce al lavoratore la contribuzione figurativa corrispondente alla prestazione non effettuata, in modo che alla maturazione dell’età pensionabile il lavoratore percepirà l’intero importo della pensione, senza alcuna penalizzazione.
Il decreto firmato da Poletti disciplina le modalità di riconoscimento del part-time agevolato, introdotto da una norma contenuta nella legge di stabilità 2016: una misura sperimentale che intende promuovere un principio di “invecchiamento attivo”, ovvero di uscita graduale dall’attività lavorativa.
Il decreto è stato trasmesso ieri alla Corte dei Conti e diventerà operativo dopo la relativa registrazione.
Come si accede al beneficio? Come primo passo, il lavoratore interessato – si legge in un comunicato – deve richiedere all’INPS – per via telematica se è in possesso del Pin, o rivolgendosi ad un patronato oppure recandosi presso uno sportello dell’Istituto – la certificazione che attesta il possesso del requisito contributivo e la maturazione di quello anagrafico entro il 31 dicembre 2018. Dopo il rilascio della certificazione da parte dell’INPS, il lavoratore ed il datore stipulano un “contratto di lavoro a tempo parziale agevolato” nel quale viene indicata la misura della riduzione di orario.
La durata del contratto è pari al periodo che intercorre tra la data di accesso al beneficio e la data di maturazione, da parte del lavoratore, dell’età per il diritto alla pensione di vecchiaia. Dopo la stipula del contratto, il decreto prevede il rilascio, in cinque giorni, del nulla osta da parte della Direzione territoriale del lavoro e, da ultimo, il rilascio in cinque giorni dell’autorizzazione conclusiva da parte dell’INPS.
La contribuzione figurativa, commisurata alla retribuzione corrispondente alla prestazione lavorativa non effettuata, viene riconosciuta nel limite massimo di 60 milioni di Euro per il 2016, 120 milioni per il 2017 e 60 milioni per il 2018.
Il decreto chiarisce, inoltre, che la somma erogata mensilmente dal datore di lavoro – di importo corrispondente ai contributi previdenziali sull’orario non lavorato- è onnicomprensiva, non concorre alla formazione del reddito da lavoro dipendente e non è assoggettata ad alcuna forma di contribuzione previdenziale, inclusa quella relativa all’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali.
Sul fronte delle pensioni di reversibilità, da quanto si legge nella delega sulla lotta contro la povertà e nello stesso Def – il governo non ha alcuna intenzione di intervenire. Per Poletti “è assolutamente un errore tecnico: la parola previdenziale era un’affermazione generale – ha spiegato il ministro – siamo pronti a presentare un emendamento del governo che chiarisca in modo assoluto e definitivo questo tema”.