Arrivano, non arrivano? Sui dati degli iscritti ai diversi sindacati, base di partenza per affermare inequivocabilmente ‘’chi rappresenta chi’’ e dare quindi piena attuazione all’accordo sulla rappresentanza, le voci sono molte, i numeri pochi. Il ‘’partito della legge’’, cioe’ di coloro che premono per un intervento legislativo, sostiene che la raccolta e’ sostanzialmente un flop, e dunque tanto vale far muovere il governo e il parlamento. I sostenitori dell’accordo, al contrario, affermano che dopo un primo periodo di stasi oggi i dati affluiscono velocemente, e che entro la primavera la raccolta sarà ultimata. Il diario del lavoro ha chiesto a Carlo Podda, che per la Cgil segue la complessa pratica dell’attuazione del testo unico, quale sia effettivamente lo stato dell’arte di questa partita.
Podda, insomma, ma questi dati arrivano o non arrivano? Il testo unico e’ stato varato nell’ormai lontano gennaio 2014, perche’ questo ritardo?
Intanto, non parlerei di ritardo: si e’ iniziato a lavorare seriamente all’attuazione del testo unico solo nell’estate 2014: quello e’ l’anno Zero da cui iniziare il conto alla rovescia. Poi, a marzo scorso, c’e’ stata la firma della convenzione con l’Inps, e da aprile e’ finalmente iniziata la raccolta dati. In soli sei mesi abbiamo quadruplicato la raccolta: oggi, sui 4 milioni e mezzo di lavoratori interessati, sono disponibili i dati, forniti da 21 mila aziende, relativi a ben 1 milione 600 mila dipendenti.
E tuttavia, e’ ancora solo un terzo del totale: di questo passo ci vorrà un altro anno per arrivare alla fine? Forse ha ragione chi dice che l’accordo non funziona?
Non e’ cosi’. Al massimo per maggio avremo tutti i dati. E’ vero, pero’, che abbiamo incontrato parecchi ostacoli, di vario genere, che ci hanno rallentato. Uno a caso: l’autorità per la Privacy paventava il rischio che attraverso la raccolta dei dati si andasse a una sorta di ‘’schedatura’’ dei lavoratori, e abbiamo dovuto ragionare a lungo su una soluzione che sciogliesse questo dubbio. Ma l’accordo funziona, eccome: la prova e’ che a giorni firmerà un testo analogo anche Confcommercio, e che sommato a quelli gia’ sottoscritti con Confindustria, servizi e cooperazione, coprirà complessivamente otto milioni di lavoratori. Se poi si unisce anche il dato del sistema pubblico, che come si sa e’ regolato dalla legge, si può affermare che la totalità del lavoro dipendente ha oggi a portata di mano uno strumento sicuro di accertamento e misura della rappresentanza. Infatti, adesso anche le aziende stanno finalmente entrando nel meccanismo. Questo, va detto, anche per merito dei sindacati, che spingono molto sulle singole imprese perché facciano il loro dovere e forniscano i dati necessari.
Per la verità, il presidente di Confindustria sostiene che sono proprio i sindacati a frenare.
E’ Confindustria, piuttosto, che in un primo tempo sembrava essersi disinteressata a questo accordo. In seguito ha recuperato un dinamismo concreto, inviando numerose circolari alle aziende perché forniscano le cifre tempestivamente. Ma non sempre bastano le circolari.
Cosa occorrerebbe, per convincere le imprese ad essere più rapide?
Avevamo proposto di mettere un obbligo per le aziende a inserire il dato relativo all’iscrizione al sindacato del singolo lavoratore nel modulo Inps, ma la risposta e’ stata che non si potevano costringere….
Dunque, non c’e’ nessun obbligo per le aziende di fornire i dati?
No: ancora oggi nessun obbligo, e di conseguenza nessuna sanzione per chi non ottempera. E si sa che quando non c’e’ una sanzione, difficilmente basta il senso del dovere. Questo ci ha costretto, in pratica, a un lavoro quasi ‘’porta a porta’’, azienda per azienda, per sensibilizzare tutti perché si sbrighi rapidamente la pratica.
In ogni caso, e qualunque ne siano i motivi, questo ritardo sta favorendo chi vuole la legge.
Al contrario: proprio chi vuole la legge cerca di diffondere l’idea che non si stia facendo nulla, per poter intervenire a gamba tesa. Ma, come ho detto, il nostro lavoro procede e sara’ presto ultimato con successo.
Ma che problema ci sarebbe, con una legge?
Nessun problema, ma dipende di che legge stiamo parlando: se c’e’ gia’ qualcosa di consolidato sul terreno, come l’accordo sulla rappresentanza realizzato in tutte le sue parti, una legge non potrebbe che tenerne conto. Ben diversa sarebbe una legge che piombi sul nulla, o presunto tale. La prima sarebbe una legge di sostegno, la seconda, probabilmente, una legge ostile alle parti sociali. E forse anche per questo si punta a dire che ‘’non c’e’ nulla’’ di concreto, che l’accordo non funziona: in questo modo, il legislatore avrebbe mano libera per fare quel che meglio crede. Ma non credo che sarebbe, appunto, il meglio.
Da quello che mi sta dicendo, comunque, mi sembra di capire che siano in primo luogo le aziende, a non appassionarsi all’attuazione della rappresentanza. E’ cosi’? E perché, nel caso?
Certamente non si appassionano troppo a questa partita. Ma non ne capisco i motivi: una volta attuata la rappresentanza, le imprese avrebbero finalmente ciò che chiedono da lungo tempo, vale a dire la famosa ‘’esigibilita’’ dei contratti: una volta approvati dalla maggioranza prevista dal Testo Unico, non potrebbero essere messi in discussione da nessuno. Esattamente come per il sindacato ci sarebbe la certezza che nessun accordo sarebbe valido se non approvato dalla maggioranza dei lavoratori, le aziende avrebbero la garanzia che, una volta sottoscritto, un contratto non potrà essere contestato. Una convenienza che, da sola, dovrebbe bastare a spingerle verso una rapida attuazione della rappresentanza.
Nunzia Penelope