La prima manifestazione sindacale “in presenza” del post lockdown non è esattamente affollatissima, ma i tempi sono quello che sono, la pandemia ancora incombe, così come le misure di distanziamento che sconsigliano assembramenti eccessivamente numerosi. E anche il clima è quello che è, nel fine giugno romano piazza del Popolo è un catino bollente: onore, dunque, al centinaio di tute blu che resistono impavide sotto il sole a picco di mezzogiorno, più o meno sedute sulle seggiolette da convegno disposte a platea. E’ il primo comizio “seduti”, come a un convegno, come a un concerto, e anche questa non s’era mai vista. Attorno alla fontana un po’ di colore con qualche bandiera appesa targata Fiom, Fim e Uilm, più attorno ancora la solita Roma desolata, Via del Corso deserta di turisti e passanti, i troppi negozi ancora sbarrati, i bar orfani di clienti, eccetera.
Sul palco – un palchettino davvero piccolo piccolo, nulla a che vedere con le scenografie da kolossal cui ci eravamo abituati – si alternano delegati metalmeccanici di mezza Italia, raccontano storie di crisi industriali, di chiusure, di casse integrazioni che non arrivano, del rinnovo contrattuale che stenta a decollare, con Federmeccanica che frena. Ma soprattutto, ci si riprende il rito, la fisicità: “vogliamo riprenderci i nostri modi, le nostre assemblee, le nostre piazze”, ripete il leader della Uilm Rocco Palombella. I tre leader sindacali, Francesca Re David, Palombella, e Marco Bentivogli, della Fim Cisl, alla sua ultima apparizione come tale, definiscono la manifestazione odierna “il primo passo” verso una serie di iniziative ben più toste: “siamo pronti allo sciopero”, confermano insieme.
I delegati scandiscono al microfono i nomi delle aziende in crisi come quelli di altrettanti caduti: Whirlopool, Ilva, Terni, Embraco, ex Alcoa, e via dicendo. Molte di queste sono in crisi da ben prima della pandemia, sono crisi vecchie di anni, ma tanti davvero, talvolta più di dieci. Sono passati molti diversi ministri al Mise di via Veneto, ma nessuno ha saputo risolverle. E poi la pandemia, che ha aggravato tutto. “La metalmeccanica è uno dei settori più colpiti dal lockdown, è stato primo settore a chiudere, otto milioni di lavoratori sono costretti alla cassa integrazione”, ricordano dal palco, ma adesso tutti pensano solo a turismo e commercio, commercio e turismo: “agli operai no, se ne sono dimenticati”.
“Gli operai hanno messo in sicurezza tutto il paese, si sono fatti carico dei problemi di tutti, ma oggi nessuno ci dice nulla, rispetto alla crisi e al futuro. Noi siamo qui per chiedere che vengano messi in sicuerzza i posti di lavoro, con una politica industriale, il prolungamento del blocco dei licenziamenti, e nuovi ammortizzatori sociali”, ricorda Francesca Re David. Eppure la catastrofe è evidente nei numeri, basta pensare al crollo dell’auto, ma mentre i governi di Germania e Francia hanno predisposto subito solidi piani di supporto, da noi l’unico supporto è stato il “bonus monopattino”: citazione che ricorrerà in diversi interventi, a riprova di quanto sia considerato irritante, irritante, quel bonus, da queste parti.
Prende la parola un artigiano, dice che è venuto a rappresentare il suo settore, che vorrebbe unito nella lotta con quello dei “fratelli maggiori” delle grandi imprese: “siamo incazzati come voi, e vogliamo stare al vostro fianco. Dal 9 maggio per noi si è spenta la luce”. Racconta il disastro della cig che non arriva, malgrado siano state date tutte le firme istituzionali possibili (ministri, corte dei conti, eccetera) per dotare il Fondo apposito degli artigiani dei 700 milioni promessi e ancora mai visti. Forse ne arriveranno un terzo, forse, ma la domada è: “dove si sono persi quei milioni che a noi servono per vivere”. Prima ancora che contro il “padrone” oggi gli strali della piazza metalmeccanica vanno in direzione del governo, che aveva promesso mari e monti, tutto a tutti, ma poi ancora non si vede nulla di concreto, solo chiacchiere. E col governo paga pegno anche l’Inps di Pasquale Tridico, colui che disse “stiamo inondando gli italiani di soldi”. Ma i metalmeccanici che i soldi della cig ancora non li vedono non l’hanno presa bene: “stiamo ancora aspettando quella di marzo e di aprile”. La parola “vergogna”, e “vergognatevi”, viene urlata spesso, e porta applausi di rabbia sincera.
Intanto, a poche centinaia di metri in linea d’aria, nello stesso momento, in una sala dotata di aria condizionata, la controparte Federmeccanica sta presentando in conferenza stampa (a sua volta “in presenza”, ma con due soli giornalisti a seguirla) il consueto rapporto trimestrale sull’andamento del settore. Che è un disastro totale. “Siamo in una economia di guerra”, dicono gli imprenditori. “Siamo pronti allo sciopero” dicono sindacati e operai. Il governo, intanto, continua a tacere.
Nunzia Penelope