In tempi di cambiamento climatico, possono succedere le cose più inattese. Anche che un’importante associazione di imprenditori, per far sapere al Governo cosa pensa di un certo argomento, non ricorra alla mediazione di qualche parlamentare amico o di qualche lobbista professionista, ma scelga di agire dal basso, comportandosi come un qualsiasi gruppo di cittadini che intendano dire la loro su un qualche argomento.
E’ ciò che ha fatto Federmeccanica, l’associazione delle imprese metalmeccaniche aderenti a Confindustria, che, proprio oggi, ha lanciato una petizione sul sito specializzato Change.org.
Il titolo della petizione è secco: “Più Alternanza. Più Formazione”. Mentre le persone cui è indirizzata sono tre: il Presidente del Consiglio dei Ministri, Giuseppe Conte; il Vice Presidente e Ministro dello Sviluppo Economico, Luigi Di Maio; e il Ministro dell’Istruzione, Università e Ricerca, Marco Bussetti.
Quanto al suo contenuto, diciamo subito che si articola su due punti.
Primo: “Mantenere, in particolare negli Istituti tecnici e professionali, 400 ore di alternanza scuola-lavoro, o strumenti equivalenti, nel triennio”, e ciò “per tutti gli studenti”. Inoltre, “continuare a garantire alle scuole direttamente interessate strumenti e dotazioni finanziarie semmai superiori, e non inferiori, a quelle attualmente previste”.
Secondo: “Riconoscere il credito di imposta, o misure equivalenti, per le spese fatte dalle aziende per l’alternanza e la formazione del personale funzionale a Industry 4.0 (tecnologie, macchinari, organizzazione, modelli di business, etc.).”
A questo punto, crediamo sia chiaro quale sia il duplice argomento di cui stiamo parlando: da un lato, l’alternanza scuola-lavoro, e quindi i primi contatti degli studenti delle scuole medie superiori con il mondo del lavoro; dall’altro, la formazione professionale continua dei lavoratori già occupati.
Per capire, però, perché Federmeccanica si sia decisa a intraprendere la via, fin qui non battuta, di una petizione rivolta a tre figure chiave del Governo, occorre fare il classico passo indietro.
Il Governo Lega-5 Stelle, infatti, ha teso a presentarsi come un Governo sensibile sia alle istanze del lavoro, che a quelle dell’innovazione. In particolare, si è fatto bello della proposta del cosiddetto reddito di cittadinanza, presentato come un’iniziativa che, nelle sue versioni più recenti, dovrebbe favorire sia l’impiego di giovani attualmente disoccupati, sia le imprese che, assumendoli, si facciano carico della loro formazione professionale. Infatti, in alcune sue dichiarazioni odierne, proprio il pluriministro Di Maio ha affacciato l’ipotesi che, dopo l’assunzione di un giovane disoccupato, l’impresa che lo ha assunto e si accinge a formarlo possa godere di almeno tre mensilità ulteriori del citato reddito di cittadinanza sotto forma di sgravi fiscali.
Quello che però è stato chiarito solo da pochissimi organi di stampa, tra cui si segnala, per completezza di informazione, “Il Sole 24 Ore”, sono le altre misure concepite dal Governo in materia di formazione professionale. Misure che vanno in tutt’altra direzione.
In primo luogo, infatti, il neo Ministro dell’Istruzione, Bussetti, si è lanciato già mesi fa in un attacco contro l’alternanza scuola-lavoro. Un istituto, questo, concepito dal Governo Renzi, nell’ambito della cosiddetta Buona Scuola, e attuato solo nei mesi scorsi per iniziativa di Valeria Fedeli, il ministro dell’istruzione del Governo Gentiloni.
Questo attacco che si è poi concretizzato in una proposta quasi distruttiva. In primo luogo, le ore di alternanza scuola-lavoro, previste dalla legge istitutiva per i licei nel triennio conclusivo del ciclo di studi, vengono ridotte da 200 a 90. Analogamente, le 400 ore di alternanza previste, per l’analogo periodo, per gli istituti tecnici vengono ridotte a 150. Mentre le 400 ore previste per gli istituti professionali scendono a soglia 180.
Secondo Federmeccanica, la logica di queste riduzioni ha poco a che fare con scelte di natura pedagogica e molto con la ricerca di possibili risparmi volti a creare spazi per altre voci di bilancio più amate dalle forze di Governo, quali, appunto, il reddito di cittadinanza. Secondo la legge istitutiva dell’alternanza scuola-lavoro, infatti, la cifra stanziata annualmente per sostenere le spese connesse all’attuazione pratica dell’alternanza ammontava a un milione di euro. Cifra destinata a sostenere spese quali le remunerazioni delle ore in più prestate dai docenti che si fanno carico di organizzare l’alternanza, le remunerazioni dei tutor, eventuali spese relative a trasporti e all’allestimento di materiali ad hoc, eccetera. Ma ecco che, dimezzando le ore, si possono ridurre di molto anche le spese prevedibili e dunque gli stanziamenti di bilancio.
A ciò si aggiunge un’altra misura particolarmente dolorosa per le imprese: la prevista cancellazione degli sgravi fiscali volti a incentivare le spese sostenute dalle imprese stesse per la formazione professionale dei lavoratori impiegati nelle attività, frutto di innovazione, connesse alla cosiddetta Industria 4.0.
Una certa insofferenza, relativa a queste scelte governative, che accomuna almeno alcuni sindacati, come la Fim-Cisl, e associazioni padronali, come Federmeccanica, era dunque già emersa in un recente convegno sulla formazione continua nel settore metalmeccanico, tenuto al Cnel il 14 novembre scorso.
In tale circostanza, prima Marco Bentivogli, segretario generale della Fim, e poi Federico Visentin, il Vicepresidente di Federmeccanica delegato ai problemi della Education, avevano denunciato tre aspetti caratterizzanti, in negativo, l’azione dell’attuale Governo: riduzione degli incentivi all’innovazione che vanno sotto il nome di Industria 4.0; azzeramento degli incentivi volti a sostenere le attività di formazione connesse alla digitalizzazione; ridimensionamento dell’alternanza scuola-lavoro.
In particolare, in tale occasione Visentin si era spinto sino ad affermare, con una non celata vis polemica, che “questo Governo incompetente pensa che le cose difficili sia meglio eliminarle piuttosto che affrontarle”.
Questi fatti, e queste riflessioni, costituiscono, evidentemente, il retroterra dell’iniziativa assunta oggi col lancio della petizione di cui si diceva all’inizio. Una petizione che si basa sull’idea che “conoscenza, sapere e competenza” siano “le infrastrutture immateriali fondamentali per un Paese 4.0”. Idea da cui deriva la conseguenza che, da un lato, “si deve potenziare l’alternanza scuola-lavoro”. Mentre, dall’altro, occorre sapere che “l’apprendimento non finisce a scuola ma deve essere permanente”.
“Con questa petizione – ha dichiarato Alberto Dal Poz, Presidente di Federmeccanica – vogliamo mandare un segnale positivo e costruttivo. Ci attendiamo che lo stesso segnale arrivi dal Governo con misure concrete.” E ciò perché, ha detto ancora Dal Poz, “c’è un interesse generale in gioco, quello del Paese”.
Infatti, secondo Dal Poz, gli imprenditori metalmeccanici credono che “le competenze delle persone” costituiscono “le basi per uno sviluppo sostenibile”, ma pensano anche che “da soli” non riusciranno “a vincere le sfide” di “un mercato sempre più competitivo”. Servono, perciò, “norme mirate e risorse”. “Lanciamo quindi un appello – conclude Dal Poz – a tutti coloro che come noi credono che il futuro si possa costruire insieme, partendo dall’istruzione e dalla formazione.”
In definitiva, par di capire che Federmeccanica voglia presentarsi al Governo forte non solo delle proprie argomentazioni, ma anche di un consenso, raccolto in rete, proveniente da settori sociali più ampi di quelli direttamente rappresentati dalle associazioni confindustriali. In serata, a poche ore dal lancio della petizione, le firme raccolte hanno superato quota 1.500.
@Fernando_Liuzzi