Si tratta di una stima, spiega il segretario generale della Uiltec, Paolo Pirani, destinata a dilatarsi visto che andiamo verso l’estate, ma in caso di stop alle forniture l’inverno per famiglie e imprese non sarà facile. Positiva la proposta di Draghi di un tetto comune europeo per l’acquisto del gas. E se a Bruxelles questa linea non dovesse passare, spiega Pirani, dovremmo pensare a una centrale unica di acquisto nel nostro paese. Guai a lasciare al mercato il compito di regolamentare i prezzi in una fase di emergenza come questa.
Pirani ritiene plausibile che tutta l’Europa metta un embargo al gas e al petrolio russo?
L’Europa si sta muovendo con grande cautela in merito a tale possibilità. È chiaro che i mix energetici dei diversi paesi sono molto eterogenei tra di loro. Noi, assieme alla Germania, saremo quelli in maggior difficoltà, poiché circa il 45% del gas che importiamo viene da Mosca. Discorso diverso per il petrolio, poiché le nostre importazioni dalla Russia sono molto più contenute
In caso di stop al gas russo su quante riserve possiamo contare e per quanto temo?
Al momento possiamo contare su una riserva sostanziosa, quantificabile in 3-4 mesi, destinati a dilatarsi visto che stiamo andando verso la bella stagione. È fuor di dubbio che con l’arrivo dell’autunno e dell’inverno famiglie e imprese si troverebbero in serie difficoltà se venisse proclamato l’embargo. Inoltre molto dipenderebbe dalla durata di questo embargo.
Quali altri alternative sono percorribili?
L’aumento delle importazioni dall’Algeria è una delle prime soluzioni da poter adottare, vista anche la facilità data dalla vicinanza geografica. Si potrebbe guardare anche ad altri paesi come Stati Uniti e Azerbaijan, ma bisogna capire prima di tutto il costo di queste operazioni. Inoltre si potrebbe sfruttare in modo più intensivo il Tap. Purtroppo il nostro paese sconta delle carenze infrastrutturali che ora si fanno sentire più che mai, come sui rigasificatori, che ci darebbero la possibilità di usare il gas liquido, così come la mancanza di approvvigionamenti dal sud est del Meditteraneo.
Si parla anche di riattivare le centrali a carbone. Che prospettive ci da questa opzione e abbiamo scorte sufficienti?
Le centrali a carbone ovviamente sono una pezza, non sono il futuro. Più che pensare alle scorte di carbone, bisogna guardare alla nostra capacità di poter riavviare le centrali. Credo che si possano rimettere in funzione circa l’80%.
Al momento le rinnovabili che aiuto possono darci?
L’uso delle fonti rinnovabili in molti casi è frenato da dei blocchi autorizzativi. Credo che in situazioni di emergenza, come quella che stiamo vivendo, si dovrebbe procedere in modo più spedito, eliminando ostacoli e rallentamenti vari.
Anche prima del conflitto alcuni hanno suggerito un ritorno al nucleare. È un sentiero praticabile?
In Italia quella del nucleare non è una strada più percorribile. È un discorso che al livello europeo dovrà essere fatto quando verranno dismesse le centrali a carbone francesi, che ci forniscono energia elettrica.
In caso di embargo quali saranno le conseguenze per famiglie e imprese? Infine condivide l’idea del premier Draghi di mettere un tetto europeo ai costi dell’energia?
Gli effetti su famiglie e imprese si fanno già sentire con l’impennata dei beni energetici. Le mancate scelte in materia di politica energetica stanno presentando un conto salatissimo. Non si capisce perché, dopo la guerra in Crimea del 2014, la nostra subordinazione al gas russo sia aumentata. La proposta di Draghi di mettere un tetto europeo ai costi e la creazione di una centrale unica di acquisti è una soluzione che condividiamo e che da tempo noi avevamo chiesto. Se poi tutto questo non fosse possibile realizzarlo a Bruxelles, dobbiamo farlo a casa nostra, ma non possiamo pensare, in questo momento, di delegare al mercato la gestione dei costi dell’energia.
Tommaso Nutarelli