Il Pil italiano è atteso in crescita modesta nel primo trimestre 2025: i servizi frenano e l`industria rallenta il calo. Prosegue il taglio dei tassi ma l`ondata di incertezza generata dai continui annunci sui dazi e i dazi stessi frenano scambi e, con l`instabilità dei mercati finanziari, decisioni di spesa e investimento. Unico effetto collaterale positivo: scende il costo dell`energia. È il quadro delineato dal Centro Studi di Confindustria nella Congiuntura Flash.
I dazi – secondo Confindustria – agiranno negativamente principalmente sul manifatturiero, con il rischio di una “crisi strutturale” per l’industria. Le conseguenze della guerra commerciale si rifletterebbero in una minore crescita di -0,3% del Pil italiano nel 2025-2026, a causa di una più bassa dinamica dell`export di beni (-1,2%) e degli investimenti in macchinari (-0,4%).
Per l’associazione degli industriali “è da evitare una ritorsione tariffaria Ue sugli acquisti dagli Usa, che impatterebbe sui prezzi e sulla fiducia di famiglie e imprese, con un`ulteriore frenata del Pil. Cruciale, invece, concludere nuovi accordi commerciali Ue con altri importanti partner economici (Mercosur, India)”.
Gli Stati Uniti sono la prima destinazione extra-Ue di beni, servizi e Ide italiani. Detengono il primato sia come localizzazione delle imprese industriali controllate da quelle italiane, che come paese di provenienza di multinazionali in Italia. Il manifatturiero genera la quasi totalità dell`export italiano negli Usa, pari a più di un decimo delle vendite manifatturiere all`estero (10,8%).
Secondo stime del Csc, le vendite negli Usa attivano, direttamente e indirettamente, quasi il 7% della produzione manifatturiera italiana (circa 90 miliardi di euro). I settori più esposti sono farmaceutico, autoveicoli, macchinari.
Complessivamente, a febbraio la produzione è calata (-0,9%), dopo il rimbalzo a gennaio (+2,5%). La variazione acquisita nel primo trimestre è positiva (+0,4%) dopo 5 trimestri in calo. Rtt indica un calo profondo del fatturato a febbraio, il Pmo segnala ancora flessione a marzo (46,6 da 47,4), la fiducia peggiora.
Nel quarto trimestre 2024 si è avuta una correzione al ribasso del reddito reale delle famiglie (-0,6%), limitando l`espansione annua a +1,2%; è scesa verso valori pre-pandemia la quota di risparmio (8,5% da 9,1%), favorendo i consumi. Indicatori negativi a inizio 2025: a febbraio le vendite al dettaglio sono rimaste ferme (+0,1% gli alimentari); a marzo è caduta la fiducia delle famiglie.
Prosegue nei primi mesi del 2025 la crescita occupazionale, nonostante il rallentamento dell`attività economica. Su base bimestrale, il numero di occupati è cresciuto dell`1%, oltre 230mila unità, rispetto al quarto trimestre 2024. Continua anche il calo della disoccupazione. Mentre il rialzo del numero di inattivi va letto con cautela, perché rappresenta un`inversione di tendenza rispetto al calo che era evidente da novembre 2024; i dati mensili sono però spesso soggetti a revisioni.
A marzo si è deteriorato per il secondo mese il clima di fiducia, scendendo sotto la media del 2024. È aumentata l`incertezza di politica economica, che frena le scelte di investimento delle imprese. I giudizi sulle condizioni per investire nel primo trimestre 2025 peggiorano rispetto a fine 2024, sia nei servizi che nelle costruzioni, mentre restano quasi invariati nell`industria.
Il prezzo del gas in Europa (Ttf) è sceso a 37 euro/mwh in media in aprile, da 50 a febbraio, pur restando ben sopra i 14 del 2019; ribasso analogo per l`elettricità, a 108 euro/mwh in aprile, da 150 a febbraio; e anche il petrolio è meno caro: 70 $/barile, da 75. L`inflazione è attesa scendere in Italia, dopo essere salita a marzo a +1,9% da +0,7% a settembre 2024, a causa del rincaro degli energetici (+2,6% annuo da -8,7%); la core è in moderata discesa (+1,6% da +1,8%).
La Bce ha tagliato i tassi anche in aprile (al 2,25%, dal picco di 4,00%), contando su un`inflazione (al netto dell`energia) attesa al target; i mercati si aspettano gli ultimi tagli entro il 2025 e poi lo stop nel 2026. Il tasso pagato dalle imprese Italiane è già sceso a 3,99% a febbraio, da 5,59%.