Il 25 settembre scorso Pierre Carniti avrebbe compiuto 83 anni. In quel giorno, lo storico segretario della Cisl, scomparso nel giugno 2018, è stato ricordato dalla Fim (di cui fu segretario generale durante l’autunno caldo e l’avvio del processo unitario) con la presentazione del suo ultimo libro “Passato Prossimo – Memorie di un sindacalista d’assalto, 1973-1985” (Castelvecchi, 2019) scritto nel 2003 e mai pubblicato. Hanno preso parte all’iniziativa Franco Bentivogli (il padre di Marco che gli succedette nella direzione della Fim), Bruno Manghi (storico intellettuale cislino), Giorgio Benvenuto (collega di parte UIL di Carniti sia nel metalmeccanici che al vertice confederale), Raffaele Morese, Sandro Antoniazzi, Giovanni Avonto (dirigenti della Fim di Carniti), Ada Becchi (già responsabile dell’Ufficio studi della Fiom e della FLM ed autrice di un recente saggio sull’autunno caldo). Mi sono più volte chiesto perché Pierre abbia voluto scrivere un libro su quella fase (i dodici anni tra il 1973 e il 1985) e sto attendendo di darmi una risposta attraverso la lettura di ‘’Passato prossimo’’. Ma basta aver vissuto, insieme a Carniti quel periodo per capire quali siano gli argomenti trattati. Del resto, sia leggendo il comunicato della Fim-Cisl, sia le dichiarazioni di Marco Bentivogli nella presentazione dell’iniziativa del 25 settembre, si comprendono i motivi che indussero Pierre a soffermarsi sulle vicende di quegli anni. Spiega la Fim Cisl in una nota che il libro “rappresenta un documento prezioso per la memoria di un periodo cruciale della recente storia politica e sindacale del Paese, che va appunto dal 1973 al 1985, in cui si sono susseguiti avvenimenti di rilievo: il rimescolamento del quadro politico con l’affacciarsi del Partito Comunista nell’area di governo, il compromesso storico, la nascita della Federazione sindacale unitaria, il terrorismo, la crisi Fiat, la scala mobile, la rottura definitiva dell’unità sindacale. Secondo l’attuale segretario generale della Fim Cisl Marco Bentivogli, vero e proprio figlio d’arte, “la testimonianza di Carniti, tra i maggiori protagonisti di quelle vicende, getta una nuova luce su un “passato prossimo” le cui conseguenze sono evidenti nell’Italia attuale. Un uomo capace di “sfidare il futuro” senza mai rassegnarsi ai conformismi e senza una pregiudiziale paura del cambiamento”. In sostanza, la ricostruzione storica parte dall’ultimo anno (il 1973) in cui Carniti rimase alla guida della Fim (per amministrare al meglio il rimpallo che i gruppi dirigenti metalmeccanici avevano subito con il blocco del processo di riunificazione e la costituzione della c.d. Federazione unitaria) e per concludere la stesura dell’importante ed innovativo contratto del 1972. L’anno dopo entrò in Confederazione come segretario generale aggiunto di Luigi Macario a cui subentrò nel 1979. Pierre continuò a guidare la Cisl fino al 1985, quando si ritirò spontaneamente dopo il successo nel referendum (e la sconfitta del Pci che l’aveva promosso), per l’abrogazione del decreto Craxi dell’anno precedente che aveva rallentato gli effetti inflazionistici della scala mobile e che era stato condiviso dalla Cisl, la Uil e la corrente socialista (non da quella comunista) della Cgil. In quegli anni sono tanti gli avvenimenti che sconvolsero lo scenario politico e sindacale. A partire dal terrorismo: la Cisl assistette all’assassinio di Ezio Tarantelli, l’economista che aveva persuaso Carniti della necessità di rivedere l’istituto dell’indennità di contingenza, che consolidava l’inflazione e gonfiava apparentemente le retribuzioni, avvelenando le fonti dell’economia. Molto opportunamente Marco Bentivogli – che conobbe da ragazzino curioso il grande Pierre quando andava a trovare il padre Franco nel palazzo della FLM (ormai è rimasta solo l’acronimo sulla parete; ma non è più una sede unitaria, solo un condominio) – ricorda come evento centrale di quel periodo il nuovo quadro politico che condusse ai governi della solidarietà nazionale. Aldo Moro pagò con la vita la sua attenzione al Pci e il suo omicidio – tuttora avvolto da aspetti non chiariti – per mano delle BR; e quell’evento mutò il corso della storia del Paese. Se dovessi trovare un filo conduttore di quel ‘’Passato prossimo’’ penso che andrei a cercarlo nel rapporto tra sindacato unitario e politica, che ebbe il suo epicentro nel 1978 con il varo della c.d. Piattaforma dell’Eur, un documento che, in fondo, proponeva ai governi di solidarietà nazionale uno scambio tra una politica di moderazione salariale e l’avvio di riforme che (allora si chiamavano) di struttura. Non sorprese e non sorprende tuttora che la Cgil di Luciano Lama portasse avanti quella linea, nei fatti fiancheggiando la scelta del ‘’compromesso storico’’ in cui era impegnato il Pci. Ma perché – mentre la Uil di Giorgio Benvenuto faceva il gioco di Bettino Craxi che non vedeva di buon occhio l’embrassons nous tra Dc e Pci – la Cisl di Carniti aveva aderito a quella impostazione e condiviso la c.d. strategia dell’Eur? Non era certo venuto meno uno dei cardini della cultura originaria della Confederazione di Via Po: l’autonomia dai partiti. In quella scelta c’era invece l’originalità del pensiero di Pierre: il sindacato ‘’soggetto politico’’ che affronta come tale i problemi del Paese, assumendosi una diretta responsabilità. Una cosa diversa dal pansindacalismo della prima ora, proprio perché la nuova impostazione non era ostile alla politica, ma intendeva promuovere l’azione autonoma del sindacato senza alcuna delega ai partiti. Paradossalmente, Pierre Carniti fu coerente con tale approccio culturale e pratico fino alla fine. Mentre la Cgil visse un periodo di doppia personalità dopo che il Pci aveva denunciato la politica di austerità portata avanti durante la solidarietà nazionale – nel senso che il Partito aveva deciso di intervenire direttamente sulle scelte a cui i lavoratori erano chiamati unitariamente dai sindacati – la Cisl rimase coerente non tanto con la piattaforma dell’Eur, quanto piuttosto con la difesa e l’affermazione del ruolo politico ed autonomo del sindacato, in quanto protagonista del destino di un Paese che era poi coincidente con l’interesse dei lavoratori. Fu questo l’orientamento che portò alla clamorosa rottura con la Cgil (e al suo isolamento) dopo il decreto del 14 febbraio 1984 e all’ulteriore competizione, l’anno successivo, nel referendum. Dopo quella vicenda Carniti decise di lasciare la guida della Cisl, rivendicando nell’indirizzo di saluto, di ‘’aver combattuto la buona battaglia’’. Ma da uomo dell’unità non volle essere lui a gestire il ritorno al ‘’tempo degli Unni’’.
Giuliano Cazzola