Cosmano Spagnolo, segretario nazionale Fim Cisl
Negli ultimi due anni la Fim Cisl ha denunciato, in più occasioni, che il crescente indebitamento della Fiat in presenza di una redditività negativa rappresentava un grosso problema.
Ora le recenti decisioni di riassetto e ricapitalizzazione assunte dal consiglio di amministrazione potrebbero rappresentare un’occasione forse non ripetibile per riequilibrare i conti in rosso dell’azienda.
Il piano si articola sostanzialmente su “tre R”: Ricapitalizzazione, Ristrutturazione, Riorganizzazione.
Ricapitalizzazione
La ricapitalizzazione, tra prestito obbligazionario, aumento di capitale e cessioni di attività per circa 6.000 miliardi di lire, vale per le casse della Fiat qualcosa come 13.000 miliardi di lire (quasi una manovra finanziaria!). Considerato che la famiglia Agnelli mette circa il 30% dell’aumento di capitale previsto, ciò vuol dire che la proprietà crede ancora nell’azienda. Inoltre, il fatto che il prestito obbligazionario sia stato già completamente sottoscritto evidenzia che il gruppo gode ancora di una discreta fiducia sui mercati finanziari.
Ristrutturazione
La ristrutturazione annunciata è per certi aspetti la parte meno chiara dell’intera delibera, in quanto da una parte richiama operazioni già annunciate in precedenza, dall’altra non chiarisce su cosa s’intenda intervenire. Di sicuro per la Fim la dimensione internazionale del sindacato è aspetto strategico, di conseguenza è importante per noi comprendere i progetti aziendali riguardo all’estero.
Inoltre non è ancora chiaro se, come dichiarato, il nostro paese sarà escluso da provvedimenti di ristrutturazione o se, come è probabile, l’Italia non è menzionata in quanto, come già avviene da alcuni anni, la Fiat continuerà a ridurre capacità produttiva e posti di lavoro in modo soft, senza tanti clamori (gli stessi trasferimenti delle attività di Fiat Avio a Rivalta e di quest’ultima a Mirafiori, anche se non generano esuberi – su questo Fiat con noi si è impegnata – di sicuro cancellano uno stabilimento sull’area torinese e riducono capacità produttiva di Fiat Auto).
Riorganizzazione
Vi è poi la terza “R” che riguarda la riorganizzazione di Fiat Auto, vera sfida di questa delibera.
Nell’incontro del 19 febbraio, l’azienda ci ha illustrato il nuovo modello organizzativo basato su cinque Unità di Business (BU): Fiat Lancia e Veicoli commerciali, Alfa Romeo, Sviluppi internazionali, Servizi per i clienti e Servizi post-vendita. Salvo poi verificare i risultati, il nuovo assetto sembra rispondere alle esigenze di rilancio dei singoli marchi, in quanto le stesse BU assumono la configurazione di vere e proprie aziende.
Fiat Auto è in serie difficoltà da tempo e ciò deriva in primo luogo dalle scelte strategiche, da cui dipendono in larga misura i risultati del conto economico.
Il vecchio gruppo dirigente ha puntato, in particolare, sulla crescita dei volumi a livello mondo: una condizione necessaria, ma non sufficiente, per reggere la sfida competitiva. Infatti, anche se Fiat Auto dovesse passare dagli attuali due milioni e mezzo di vetture prodotte nel mondo a quattro milioni, ciò non determinerebbe automaticamente una redditività positiva, in quanto il vero problema di Fiat Auto è dato in primo luogo non dai volumi, ma dal mix produttivo e dal valore riconosciuto dal mercato al prodotto Fiat.
Lo stesso processo di internazionalizzazione ha risentito di tale impostazione, tutta centrata sui volumi. Le localizzazioni sono state scelte, conseguentemente, sulla base del potenziale sviluppo dei mercati dove ancora doveva realizzarsi la “prima motorizzazione”. Intuizione giusta, ma non sufficiente, se non accompagnata da una capacità di competere sui segmenti alti o medio alti del mercato. Solo con prodotti con un più alto margine economico si può sopportare una mancata crescita dei volumi, assicurando comunque l’equilibrio del conto economico e rispondendo nel contempo all’attacco portato da tutte le altre case automobilistiche nei segmenti di prodotto di più alta specializzazione.
Diventa perciò strategico risolvere il problema della qualità.
In quest’ottica l’organizzazione per unità di business appare una intenzione utile; ma, come già detto, da sola non è sufficiente se non si modifica l’approccio strategico sul mix.
Relazioni sindacali
La cosa che veramente manca nel piano varato è una quarta “R”, cioè un piano di rilancio di un moderno ed efficace sistema di Relazioni sindacali.
A parte la metafora, appare non più rinviabile un progetto condiviso di valorizzazione delle risorse umane, attraverso il loro coinvolgimento sia diretto sia tramite le organizzazioni di rappresentanza sugli obiettivi di qualità e redditività dell’impresa. Innovazione, ricerca, out-sourcing, in-sourcing, globalizzazione sono concetti che presuppongono formazione, informazione, coinvolgimento, partecipazione, concertazione nel territorio, essendo sempre più stretto il legame tra la fabbrica e il suo ambiente.
Inoltre, occorre chiedersi se con l’attuale assetto del gruppo, che prevede non solo maggiore autonomia dei singoli settori, ma vere e proprie specificità, sia ancora valido l’attuale impianto sindacale che si regge su accordi di gruppo. Forse è il caso di provare a superare tale livello e puntare ad una negoziazione per settori, che meglio potrebbe coglierne dal punto di vista negoziale le particolarità.
Se è così, dobbiamo aprire una fase di discussione finalizzata a ristrutturare l’intero impianto contrattuale.
Per fare ciò diventa indispensabile chiudere la vertenza per il rinnovo del contratto integrativo, aperta da due anni.
Si può partire da qui, dalla ripresa del confronto sul contratto integrativo per ristabilire un clima propositivo e di serenità, senza il quale ogni altro proposito aziendale rischierebbe di naufragare. Questa eventualità non deve essere concessa.
Se il management crede veramente nella Fiat, come sembra credervi la proprietà, non può non puntare sul coinvolgimento pieno delle proprie risorse umane, a qualsiasi livello di responsabilità.