Diversi rappresentanti dei pescatori si sono riuniti davanti a Montecitorio per protestare contro il caro gasolio e contro i vari adempimenti introdotti dal Regolamento comunitario sui controlli, a partire dalla licenza a punti entrata in vigore nel 2012, che comportano oneri impossibili per il settore in crisi da anni. Chiedono al governo risposte concrete.
La Coldiretti spiega che l’aumento del prezzo del gasolio per la pesca costa duemila euro a ciascuna impresa. Il tutto si innesta in una situazione di particolare crisi del mercato, dove la produzione locale soffre di prezzi all’origine in consistente calo. Un ulteriore fattore di crisi è poi rappresentato dal problema dal cosiddetto “credit crunch”, la stretta creditizia da parte delle banche. La quasi totalità degli istituti negli ultimi mesi ha ristretto gli affidamenti alle imprese del settore o di contro, ove possibile, ha elevato le garanzie. In questo modo – sottolinea Coldiretti ImpresaPesca – si stanno limitando gli investimenti nella pesca e nell’acquacoltura e togliendo la liquidità necessaria alle stesse operazioni di ordinaria gestione commerciale. La Coldiretti chiede al governo di aprire un tavolo per affrontare l’emergenza a livello nazionale, intervenire con ammortizzatori utili alle problematiche del credito e della carenza di liquidità determinata dall’aumento dei costi di gestione e anche dagli adempimenti comunitari che costringono le imprese ad aggravare ulteriormente i loro bilanci con esposizioni temporanee molto pesanti. (FRN)
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