Laura Massaro dopo 9 anni, vittima di violenza dell’ex compagno, ha lottato con la giustizia per non farsi portare via il figlio come richiesto dall’ex compagno e oggi finalmente ha vinto. La sentenza in Cassazione ha accolto ‘in toto’ il ricorso presentato dalla madre 42 anni, romana, accusata di essere mamma alienante e per questo in lotta da anni, nelle aule di tribunale per evitare che le venisse portato via il figlio oggi dodicenne come richiesto dall’uomo da cui è separata da quando il bimbo era piccolissimo. I giudici hanno ora annullato la decisione di decadenza dalla responsabilità genitoriale sul figlio minore e di trasferimento del bambino in casa-famiglia, ritenendo l’uso della forza in fase di esecuzione fuori dallo Stato di diritto.
Secondo la Cassazione: l’alienazione parentale viene condannata e messa al bando, il superiore interesse del minore viene rimesso al centro anche rispetto al diritto alla bigenitorialità e viene detto che essi non sempre coincidono e che di fronte alla necessità per il bambino di ricostruire un rapporto con il padre bisogna sempre considerare il suo trauma nel distacco con l’unico affetto della mamma. Viene bandito l’uso della forza. In sostanza viene chiarito che “se una bambina o un bambino esprime la volontà di stare con la madre, si indaga e si mette al centro la sua volontà”. La Cassazione ribadisce che “il richiamo alla sindrome d’alienazione parentale e ad ogni suo, più o meno evidente, anche inconsapevole, corollario, non può dirsi legittimo, costituendo il fondamento pseudoscientifico di provvedimenti gravemente incisivi sulla vita dei minori, in ordine alla decadenza dalla responsabilità genitoriale della madre”.
La Suprema Corte, ha quindi cassato la decisione del tribunale che aveva disposto l’allontanamento del bambino, la decadenza della responsabilità genitoriale e l’interruzione dei rapporti tra mamma e figlio “poiché ha inteso realizzare il diritto alla bigenitorialità rimuovendo la figura genitoriale della madre e ciò sulla base di apodittiche motivazioni che richiamano le consulenze tecniche, tutte volte all’accertamento dell’alienazione parentale, nonostante la stessa sia notoriamente un costrutto ascientifico”. Nell’ordinanza si osserva che il diritto alla bigenitorialità, così come ogni decisione assunta per realizzarlo, non può rispondere a formula astratta “nell’assoluta indifferenza in ordine alle conseguenze sulla vita del minore, privato ‘ex abrupto’ del riferimento alla figura materna con la quale, nel caso concreto, come emerge inequivocabilmente dagli atti, ha sempre convissuto felicemente, coltivando serenamente i propri interessi di bambino, e frequentando proficuamente la scuola”.
La Cassazione, inoltre, ha ritenuto nullo il provvedimento dell’autorità giudiziaria di merito per non avere proceduto all’ascolto del minore. Quanto poi all’uso della forza per sottrarre il minore dal luogo ove risiede con la madre e collocarlo in una casa-famiglia, la Corte ha giudicato questa misura “non conforme ai principi dello Stato di diritto – riferisce Differenza Donna – in quanto prescinde del tutto dall’età del minore, ormai dodicenne, non ascoltato, e dalle sue capacità di discernimento, e potrebbe cagionare rilevanti e imprevedibili traumi per le modalità autoritative che il minore non può non introiettare, ponendo seri problemi, non sufficientemente approfonditi, anche in ordine alla sua compatibilità con la tutela della dignità della persona, sebbene ispirata dalla finalità di cura dello stesso minore”.
Alessandra Servidori