Lo stock di prestazioni pensionistiche erogate è rimasto “sostanzialmente invariato”. I pensionati sono circa 16 milioni, di cui il 52% donne, e l’importo lordo della spesa è poco sopra i 320 miliardi di euro. L`importo medio percepito dagli uomini è superiore del 36% a quello delle donne. È quanto rileva il XXII rapporto annuale dell’Inps.
Nel 2022 si registra una flessione del 3% delle nuove prestazioni previdenziali riconducibile alla flessione dei trattamenti anticipati, in parte legato alla conclusione di “quota 100” (al 31 dicembre 2021) e anche delle pensioni al superstite che nel 2021 avevano raggiunto un massimo, presumibilmente legato all’aumento dei decessi per Covid. Lo rileva il XXII rapporto annuale dell’Inps. Si assiste invece a un incremento dell’8,1% delle prestazioni assistenziali.
Proprio sul capitolo delle quote (100, 012, 103), l’Inps rileva che nel breve periodo la somma delle maggiori uscite dal lavoro derivanti da questo sistema è superiore alla somma dei risparmi e, quindi, aumenta il valore del debito pensionistico.
Una particolare criticità rilevata dall’Inps, inoltre, riguarda l’invecchiamento della popolazione, fenomeno “sostanzialmente comune” a tutti i Paesi dell`Unione europea: “Resta ancora sostanziale la quota di finanziamento della spesa previdenziale in capo alla fiscalità generale, che è superiore al 25%, indice di un sistema non totalmente sostenibile con i soli contributi previdenziali”. La totalità dei sistemi europei utilizza il metodo a ripartizione che, pur con molteplici differenze, risente molto dello “squilibrio” tra platea degli attivi contribuenti e platea dei pensionati beneficiari. “Lo squilibrio – dice l’Inps – è evidente anche dal punto di vista degli importi versati a titolo di contributi, strettamente legati alle dinamiche del mercato del lavoro e specificatamente sia al margine intensivo (la quantità di lavoro offerto dai contribuenti, spesso ridotto da forme lavorative flessibili come il part time o turnover) che al margine estensivo (le dinamiche occupazionali, minate in questi anni dalle vicissitudini pandemiche e recessive)”.
Proprio per favorire la competitività del mercato del lavoro durante i periodi di crisi si è cercato in molti Paesi dell`Ue di ridurre il costo del lavoro (cuneo contributivo). Queste agevolazioni, segnala l’istituto di previdenza, hanno acuito la riduzione della quota della contribuzione sociale negli ultimi anni a ulteriore aggravio della fiscalità generale. Inoltre, comune a molti paesi è la presenza di minimali contributivi. Tuttavia, aggiunge l’Inps, nei sistemi contributivi, contribuzioni ridotte determinano rate pensionistiche future ridotte, con tutte le conseguenze legate all’impoverimento delle fasce più anziane della popolazione.
Secondo l’istituto “emerge la necessità di rafforzare prassi e politiche che puntino al consolidamento del mercato del lavoro e alla riduzione, per quanto possibile, delle discontinuità occupazionali. Il ruolo dei contributi sociali, infatti, sembra essere il punto più dirimente sia per la sostenibilità dei sistemi previdenziali che per la tutela delle condizioni di vita della popolazione anziana”.
e.m.