Pellecchia come procede la trattativa con Ita sul tema dei salari?
Ho motivo di credere che la trattativa si stia avviando verso una soddisfacente conclusione. Siamo vicini all’accordo per riportare, finalmente, ai livelli di mercato e ai valori del Contratto Collettivo Nazionale, settore trasporto aereo, le retribuzioni delle lavoratrici e dei lavoratori di Ita, che fino ad oggi, sono state al di sotto anche di quelle delle compagnie low cost.
Quali sono stati gli ostacoli durante il negoziato?
Ritengo che il percorso relazionale attivato tra Ita e Lufthansa abbia richiesto una maggiore prudenza da parte del management di Ita. Quello che noi abbiamo sempre sostenuto con forza è che il riallineamento delle retribuzioni al benchmark di mercato non solo rappresentava e rappresenta il giusto riconoscimento per tutte le lavoratrici e i lavoratori i quali, senza tentennamenti, hanno tenuto in piedi l’azienda con il proprio lavoro e la propria professionalità, ma anche un modo per rendere attrattiva la compagnia stessa. Se da un lato è inconfutabile che la pandemia abbia messo al prato gli aerei spingendo – in modo miope aggiungo – i vari player a ridurre la forza lavoro, dall’altro è stata sempre altrettanto ferma la convinzione del sindacato circa la transitorietà di questa situazione. Alla luce di ciò, quello che noi abbiamo fatto, a differenza di altri paesi, è stato spingere le compagnie aeree a mantenere intatti i livelli occupazionali, in attesa della ripresa che sapevamo sarebbe arrivata. E ora che c’è, ed è tornata a crescere la richiesta di piloti e assistenti di volo, le retribuzioni di Ita devono salire e tornare ad avere il giusto appeal.
Per quanto riguarda il piano industriale, quali sono le vostre richieste?
Il primo punto riguarda l’adeguamento della flotta, che riteniamo essere indispensabile per avere una compagnia competitiva sul medio e lungo raggio. Al momento Ita ha, all’incirca, 60 velivoli e nessun cargo. Il piano industriale prevede l’aumento della flotta a 100-102 aerei. Sono numeri che non riteniamo sufficienti. I velivoli necessari dovrebbero essere almeno 150, di cui il 40/45% di lungo raggio, con l’aggiunta di almeno 4 o 6 aerei cargo. In questo modo si riuscirebbe a riassorbire tutto il personale ancora in cassa integrazione e si avrebbe la possibilità di assumerne di nuovo oltre a dare maggiore slancio e più ampi margini di profitto alla compagnia.
Come valuta la presenza di Lufthansa in Ita?
Ita ha la necessità di avere un partner industriale che gli consenta di entrare all’interno di un network di alto livello, recuperando così il terreno perso. Anche la prospettiva di un’integrazione logistica e tariffaria tra il trasporto aereo, quello su rotaia e quello locale, è propedeutica al raggiungimento di un livello accettabile di integrazione modale.
Di recente avete avuto un incontro, al ministero dei Trasporti, con il viceministro Bignami sul trasporto aereo. Che cosa è emerso?
L’incontro, se vogliamo dare un giudizio, è stato positivo e propositivo. Abbiamo apprezzato la volontà di ascolto manifestata e dimostrata dal viceministro e anche la sua disponibilità ad aprire un tavolo di confronto permanente, con i gestori degli aeroporti, le compagnie aeree e poi con tutti i servizi accessori e complementari, ad esempio l’handling, come da noi proposto. Quello del trasporto aereo è un settore estremamente dinamico e resiliente, che è un po’ la sentinella dello stato di salute dell’intera economia. Dal 1997 al 2017 i passeggeri sono passati da 50 a 144 milioni. Nel 2019 sono stati superati i 192 milioni. E lo scorso anno c’è stato un incremento di oltre il 100%, rispetto al 2021, e quindi siamo vicini a ritornare ai livelli pre pandemia. Le vicende non proprio fortunate delle varie compagnie aeree, Alitalia per prima, ci dicono che non c’è un problema di mercato del trasporto aereo, semmai, del sistema Italia che non tutela sufficientemente le nostre aziende. Secondo noi questo richiede un approccio olistico, che coinvolga anche il ministero del Turismo e gli stakeholder di settore, visto che abbiamo un patrimonio artistico e naturale invidiabile. Per rimettere in moto un comparto dalle grandi potenzialità, bisogna destinare una parte delle risorse del Pnrr agli aeroporti, con lo scopo di renderli sempre più sostenibili ed ancora più efficienti. Serve, inoltre, una vera attuazione dell’articolo 203 del Decreto rilancio del 2020, facendo sì che tutte le compagnie aeree che hanno basi operative in Italia, applichino il Ccnl del trasporto aereo. Questo per evitare forme di dumping contrattuale e quindi una concorrenza sleale, riconoscendo a questi lavoratori, che svolgono mansioni logoranti e intense, le giuste tutele in ambito salute e la sicurezza.
Avete anche apprezzato il bonus per chi vuole prendere le patenti per guidare i mezzi nel trasporto merci. Cosa manca ancora?
Si tratta di un provvedimento da noi più volte richiesto e finalmente disposto dal Governo, considerati anche gli alti costi delle patenti, al fine di rendere maggiormente appetibile il settore ed evitare le disparità salariali. Atteso che vi è un’analogia anche nel trasporto pubblico locale, il bonus è uno strumento che va reso operativo per facilitare l’accesso alla professione anche nel Tpl. A tal proposito, riteniamo che non sia più rinviabile un confronto con aziende e associazioni datoriali di settore per intervenire anche sugli stipendi, attualmente inadeguati per entrambi i settori, sia per l’autotrasporto che, soprattutto, per il Trasporto Pubblico Locale. Si tratta di due asset che rivestono un’importanza strategica per assicurare la mobilità di persone e merci.
Dove si dovrebbe intervenire per migliorare lo stato di salute della logistica e del trasporto pubblico locale?
Nella logistica dobbiamo fare i conti con forme di dumping messe in atto soprattutto da realtà straniere. Servono poi interventi in campo normativo e contrattuale. Nel Tpl, il nostro più grande limite è che, a differenza di altri Paesi, non abbiamo un “campione” nazionale. Nel settore operano circa 800 aziende, che molto spesso non sono in grado di fare economia di scala, investimenti e, in alcuni casi, neanche di pagare gli stipendi. Nel Pnrr ci sono finanziamenti per ammodernare la flotta, con oltre 5 mila nuovi autobus. Sarebbe bene, anche per una maggiore positiva ricaduta occupazionale sui nostri settori industriali dilaniati dalla crisi degli ultimi 30 anni, che la costruzione e la manutenzione dei mezzi avvenisse in Italia.
Tommaso Nutarelli