“Siamo noi che vogliamo un patto per il paese: è da mesi che chiediamo al governo di sederci a un tavolo. Ed è del 1 settembre la lettera unitaria con cui, assieme a Cisl e Uil, chiediamo per l’ennesima volta a Draghi di aprire un confronto su una serie di temi specifici. Per questo, quando si parla di Patto, io dico va bene, ma patto su cosa? vediamo i contenuti. A me il Patto non fa paura, non mi fanno paura le parole, ma mi interessa una intesa su un progetto per l’Italia vero, che rimetta al centro il lavoro, e partendo dalla legge sulla rappresentanza”.
Maurizio Landini si è preso 24 ore per rispondere compiutamente alla proposta Bonomi-Draghi di un Patto sociale, e adesso lo fa diffusamente, in modo assai ampio, dalla sede della tre giorni di manifestazioni Cgil a Bologna, dove si confronta sul palco con tre leader della politica come Enrico Letta, Giuseppe Conte ed Elly Schlein.
Per il segretario della Cgil nel “Patto” vanno affrontati i capitoli fisco, pensioni, ammortizzatori sociali, eccetera. Ma, avverte, “tutto questo va deciso entro ottobre, prima della legge di stabilità, non si può perdere tempo: questo è il momento. E dunque, mi auguro che Draghi, lunedì, quando ci incontreremo per discutere della sicurezza sul lavoro, si presenti con un calendario di appuntamenti già fissati per i giorni seguenti. Sennò sono chiacchiere”.
Ma non solo: a fine ottobre, ricorda Landini, scade il blocco anche per i licenziamenti nelle piccole imprese, in settori che spesso non hanno nemmeno la copertura della cassa integrazione: “cosa intende fare al proposito il governo?”.
Landini, inoltre, contesta a Draghi la sua lettura degli anni 70: “parla di quegli anni come se fossero qualcosa di negativo da superare, ma invece sono anni da cui imparare, è in quegli anni che si sono fatte le grandi riforme che hanno tenuto insieme i diritti civili e sociali, dallo statuto dei lavoratori al divorzio”.
Ma soprattutto, il leader Cgil contesta la posizione di Confindustria su un punto: per Bonomi, i partiti sono entità da escludere o quanto meno relegare ai margini, mentre per Landini non si può nemmeno immaginare che le parti sociali si sostituiscano alle, diciamo così, parti politiche: “le parti sociali non devono sostituire i partiti nel rapporto col governo, ma i partiti devono recuperare la rappresentanza del mondo del lavoro”. E in effetti, su questo ha perfettamente ragione, e per almeno due motivi: il primo, è che qualunque cosa contenga un patto di questo genere, qualunque cosa sottoscrivano le parti sociali, poi sempre in parlamento dovrà arrivare per trovare concretezza, e dunque dalla politica e dai partiti non si può prescindere. Inoltre, ed è il secondo motivo, questa “supplenza” dei sindacati e imprese era già avvenuta nei primi anni 90, ma accadde a fronte del totale dissesto del sistema politico post Tangentopoli; condizione di emergenza che oggi evidentemente non c’è, essendo i partiti sicuramente in mutamento, ma tutt’altro che defunti.
Peraltro, è chiaro che proprio sul Patto si intrecceranno le alleanze in vista delle prossime elezioni politiche. Qualcosa si è già intravisto proprio sul palco della Cgil, dove Landini, Enrico Letta, del Pd, Giuseppe Conte a nome dei 5stelle, ed Elly Schlein, in rappresentanza dell’area sinistra ecologista, si sono trovati tutti d’accordo sulle modalità e sui contenuti che dovranno essere alla base del Patto sociale. Che a questo punto potrebbe diventare in futuro anche un solido Patto politico da contrapporre allo schieramento della destra.
Nunzia Penelope