Il testo della pdl di iniziativa popolare sulla partecipazione dei lavoratori alla gestione delle imprese, come previsto, è approdata lunedì mattina nell’Aula di Montecitorio per la discussione finale. E, come previsto, è stata accolta dalle critiche dell’opposizione, che l’aveva respinta già nelle commissioni Lavoro e Finanze alla fine della scorsa settimana, sostenendo che il testo, “snaturato” dagli emendamenti della maggioranza, ‘’non ha nulla a che vedere’’ con quello firmato da 400 mila cittadini e proposto dalla Cisl. Tra le modifiche che l’opposizione contesta maggiormente c’è quella relativa all’articolo 6, dove si stabilisce la possibilità, per le imprese, di decidere unilateralmente di pagare in azioni i premi di risultato, a prescindere dalla contrattazione.
“Quello che discutiamo oggi – è stato il commento in aula di Arturo Scotto, Pd- non è più il testo base ma qualcosa che il governo ha stravolto con tagli lineari in commissione”. Dei 22 articoli originari, spiega il deputato dem, ne sono rimasti solo 15, e inoltre “la parola ‘contrattazione collettiva’ è stata completamente tagliata. Incurante di tutti gli emendamenti, il testo è stato svuotato e trasformato da proposta di legge in poco più di un ordine del giorno”.
Scotto ha ricordato che il Pd è stato di stimolo alla proposta di legge sulla governance d’impresa partecipata: “rivendico come sia stato il Pd la forza che ha fatto sì che il testo promosso dalla Cisl diventasse il testo base da cui partire in Commissione”, ma ora “il governo ci riporta indietro svilendo il protagonismo dei lavoratori nei processi di partecipazione e devolvendola alla benevolenza di qualche impresa ‘illuminata’ senza codificare il ruolo dei sindacati. Abbiamo votato no al mandato ai relatori, ma auspichiamo che nel corso della discussione ci siano delle modifiche. Altrimenti resterà solo un titolo. Che non serve ai lavoratori”.
Dello stesso tenore l’intervento di Emiliano Fenu, del Movimento 5 Stelle: “A parte il titolo non è rimasto niente della proposta iniziale che, anzi, ora rischia di trasformarsi in un boomerang per i lavoratori”. Nel suo intervento, Fenu ha elencato alcune delle principali criticità: “il nuovo art. 4 – ha spiegato – elimina la centralità dei contratti collettivi nel disciplinare la partecipazione dei lavoratori ai Cda. Quello successivo, che inizialmente prevedeva la partecipazione dei lavoratori nei Consigli delle società a partecipazione pubblica, è stato soppresso”.
Una delle modifiche più gravi, secondo il deputato Cinque Stelle, riguarda l`art. 6:
“attraverso gli emendamenti, la maggioranza ha stabilito che le società possono decidere, in via unilaterale, di pagare i premi di risultato con azioni, anche senza la volontà dei lavoratori e bypassando la contrattazione, a scapito della democrazia economica”.
“Fanno la scala mobile per i padroni”, è il commento caustico di Franco Mari, di AVS, che spiega: “Invece di aumentare i salari la maggioranza pensa a come indebolire ancora di più la capacità di contrattazione del sindacato. Con questa legge sarà possibile trasformare i premi di risultato in azioni con vantaggi solo per gli imprenditori”.
N.P.