La Camera ha approvato la legge sulla partecipazione, nata dalla proposta di legge popolare della Cisl depositata in parlamento a fine 2023, e passata al vaglio delle commissioni parlamentari. Il testo, ampiamente modificato ed emendato rispetto all’originale, ha ottenuto 163 voti a favore, 57 astenuti e 40 contrari dall’aula di Montecitorio. Tra i voti a favore, oltre alla maggioranza, anche quelli di Iv e Azione, mentre si sono astenuti i parlamentari del Pd: una scelta, ha spiegato in aula la responsabile lavoro del partito Maria Cecilia Guerra, dovuta ‘’al rispetto che abbiamo per un grande sindacato come la Cisl’’, ma anche al fatto che è stato cassato, grazie all’approvazione di alcuni emendamenti presentati dalle opposizioni, un passaggio della legge relativo al concetto di rappresentanza dei sindacati che, afferma Guerra, avrebbe aperto la strada a quelle organizzazioni definite ‘’pirata’’. A questo proposito, il Pd ha annunciato che depositerà oggi stesso un progetto di legge proprio sulla rappresentanza: tema sul quale si immagina di poter trovare un appoggio anche nel mondo delle imprese, già firmatarie, ben dieci anni fa, del Testo Unico del 2014, mai attuato.
Spiega ancora Guerra: “il ddl sulla partecipazione era nato con altre intenzioni, oggi possiamo dire `c’era una volta` un disegno di legge della Cisl”. Il principio base, prosegue Guerra, “era ottenere una partecipazione attivata dalla contrattazione collettiva nazionale o di secondo livello. Ma questo approccio non piaceva a Confindustria: sosteneva che la partecipazione dovesse essere solo una libera scelta delle imprese. E questo è quello che è diventato questo disegno di legge. Della proposta della Cisl non resta che il titolo. Noi ci asteniamo, nel rispetto di questo grande sindacato. Ma è una sfiducia critica finalizzata a favorire un processo costruttivo per modificare in tutte le sedi opportune i tanti aspetti negativi di questo testo”.
Un voto favorevole del Pd al Senato se lo augura anche la leader della Cisl Daniela Fumarola: “il nostro auspicio è che a Palazzo Madama si ritrovi quello spirito di coesione e di sostegno alla legge che purtroppo è venuto a mancare da alcune forze politiche a Montecitorio. La partecipazione è un principio democratico, una leva per la crescita e la competitività, non una bandiera di parte. La Cisl continuerà a battersi affinché questa riforma epocale giunga fino in fondo, senza cedere a benaltrismi o a polemiche ideologiche di chi preferisce guardare al passato invece che al futuro”.
La pensano però in maniera diametralmente opposta i colleghi di Cgil e Uil: Maurizio Landini definisce la legge appena approvata ‘’un attacco alla contrattazione’’, Bombardieri “una picconata alle relazioni industriali’’. Afferma Landini: “Al contrario di quanto previsto dalla Costituzione, che all’art. 46 definisce il diritto dei lavoratori di partecipare, la legge trasferisce totalmente alle imprese questa scelta. Sono infatti gli statuti delle aziende – sottolinea il leader della Cgil – che possono prevedere la partecipazione sia nei consigli di sorveglianza che in quelli di amministrazione; arrivando perfino a prevedere che gli statuti delle aziende possano definire piani finanziari a discrezione dell’impresa in sostituzione del premio di risultato, che è il cuore della contrattazione aziendale di secondo livello. Si sgancia così il salario aziendale da ogni aspetto legato alla prestazione di lavoro e si annulla il ruolo contrattuale e di rappresentanza delle RSU e delle organizzazioni sindacali”.
Senza contare, aggiunge Bombardieri, che “la legge rischia di essere una scatola vuota’”, riferendosi alle modifiche apportate, tra cui l’esclusione di banche e società partecipate dallo Stato. Inoltre, ricorda il segretario Uil, nemmeno le imprese sono entusiaste di questa legge: Confindustria ha espresso la propria contrarietà in tutte le sedi ed è intervenuta attraverso emendamenti per depotenziare il testo originale, Confcommercio, Confesercenti e Cna hanno espresso la loro preferenza per una valorizzazione e un rafforzamento della bilateralità e della contrattazione collettiva, piuttosto che della partecipazione. La Cisl, invece, nega ci sia stato alcuno stravolgimento: la legge, spiegano a Via Po, “ha mantenuto i contenuti più importanti della proposta di iniziativa popolare”, sia pure perdendo per strada qualche pezzo.
Il testo approvato consta di 15 articoli, suddivisi in 8 capi. All’articolo 1 si esplicitano le finalità del provvedimento e al 2 le definizioni delle quattro forme di partecipazione regolate nell’articolato: partecipazione gestionale, economico-finanziaria, organizzativa e consultiva. L’articolo 3 definisce come le diverse forme possano realizzarsi concretamente, a cominciare dal possibile, ma non obbligatorio, ingresso dei rappresentanti dei lavoratori nei Consigli di sorveglianza nelle imprese che adottano il sistema dualistico di governance e – all’articolo 4 – la partecipazione, sempre non obbligatoria, al Consiglio di amministrazione delle società sulla base delle modalità stabilite nei contratti, “in conformità agli statuti” delle imprese stesse. Ed è questo uno dei capitoli maggiormente contestati dalla Cgil, che ritiene si scavalchi la contrattazione riservando alle sole imprese, -che potranno inserirla o meno negli statuti- ogni decisione sulla partecipazione.
L’articolo 5 regola invece la materia della distribuzione degli utili aziendali ai dipendenti, prevedendo un’imposta sostitutiva su questi redditi del 10% entro il limite di 5mila euro annui lordi. Un’altra innovazione è all’articolo 6, relativamente allo strumento partecipativo dei «piani di azionariato», con l’attribuzione, su base volontaria, ai lavoratori dipendenti, di azioni delle imprese, “anche in esecuzione di premi di risultato contrattati”, con relativo vantaggio fiscale. E questa è un’altra ragione di opposizione della Cgil, che ritiene rischioso per i lavoratori affidare all’oscillazione azionaria il valore del premio.
Gli articoli dal 7 al 10 regolano la partecipazione organizzativa e quella consultiva. La prima concerne l’istituzione di commissioni paritetiche, composte in eguale numero da rappresentanti dell’impresa e dei lavoratori, finalizzate alla predisposizione di proposte di piani di miglioramento e di innovazione dei prodotti, dei processi produttivi, dei servizi e dell’organizzazione del lavoro, oltre che dell’istituzione di figure organizzative affidate ai dipendenti. La partecipazione consultiva è invece un potenziamento dei diritti di informazione già previsti dal nostro ordinamento: sono regolate le procedure di consultazione preventiva tra azienda e rappresentanti dei lavoratori in merito alle scelte più rilevanti per il futuro delle singole imprese. L’articolo 11 conferma tutte pattuizioni di maggior favore già previste nei contratti collettivi. Al 12, è stabilito un nuovo diritto alla formazione continua di almeno 10 ore annue per i lavoratori che fanno parte di organismi partecipativi. Il 13 prevede l’istituzione presso il Cnel di una «Commissione nazionale permanente per la partecipazione dei lavoratori» con lo scopo di monitorare gli effetti della legge. L’articolo 14 adegua la legge alla normativa sulle cooperative. Infine, l’articolo 15 dispone la copertura finanziaria attraverso i 72 milioni del nuovo Fondo per la partecipazione istituito dalla legge di bilancio 2025.
In sostanza, si tratta di una ‘’soft law’’, ovvero un provvedimento che, nel caso, accompagna, ma non obbliga. E che, garantisce la Cisl, sarà utile a ‘’promuovere la contrattazione collettiva di primo e secondo livello quale modalità per realizzare le logiche partecipative sui luoghi di lavoro auspicati dai costituenti”.
Nunzia Penelope