Un’uscita a freddo, durissima e senza sconti: cosi Maurizio Landini, con una nota che più ufficiale non si può, diffusa dall’ufficio stampa della confederazione, nei giorni scorsi ha silurato la legge sulla partecipazione, calendarizzata per il 27 gennaio nell’aula di Montecitorio. All’attacco di Landini ha risposto immediatamente, e con un’altra nota ufficiale, il collega della Cisl, Luigi Sbarra, che di questa legge è un po’ il ‘padre’. Landini non ha mai nascosto la sua contrarietà, e del resto da sempre la Cgil si oppone a un legame cosi diretto tra i lavoratori e le aziende. Ma non si era mai arrivati a una nota ufficiale, e cosi pesante: la legge, ha scritto Landini, “distrugge la contrattazione collettiva nei luoghi di lavoro, al ribasso rispetto a quanto già concordato sui diritti di informazione e consultazione nei contratti nazionali ed aziendali. Una proposta senza alcun vincolo alla reale rappresentanza delle parti”, che cancella il rapporto tra salario e prestazione lavorativa e il ruolo delle stesse Rsu.
Ma soprattutto, per il segretario della Cgil “nessuna norma a sostegno della partecipazione può prescindere dalla definizione di una legge sulla rappresentanza e sul diritto delle lavoratrici e dei lavoratori ad eleggere i propri delegati e a votare sugli accordi che li riguardano”. Il leader di Corso Italia, insomma, coglie l’occasione per rilanciare sul tema carissimo alla Cgil e avversato dalla Cisl, ovvero la rappresentanza: “ciò che serve ai lavoratori e alle imprese è una vera legge sulla rappresentanza, la validità erga omnes dei contratti e, su tali basi, l’introduzione del salario orario minimo in attuazione della direttiva europea”. Legge di cui tuttavia la Cisl non ha mai voluto nemmeno sentir parlare, soprattutto per la parte nella quale la Cgil esigerebbe il referendum tra i lavoratori per ogni singolo accordo sottoscritto dai sindacati.
Immediatamente dopo la nota di Landini, è uscita la replica, altrettanto dura, di Sbarra, che ha usato i termini ‘’ridicolo’’ e ‘’grottesco’’ per definire le critiche della Cgil: “Grottesco che la lezione sul valore della contrattazione arrivi da chi vuole affidarsi alla politica per le regole sulla rappresentanza e le dinamiche sui salari. E letteralmente ridicolo che la critica sulla partecipazione, sancita dall’Art. 46 della nostra Costituzione, arrivi da chi lancia ogni giorno allarmi sulla tenuta della nostra democrazia. Landini ci ha insegnato che il populismo e la demagogia sindacale creano anche questi surreali cortocircuiti”.
“La libera contrattazione collettiva è calpestata da chi continua a chiedere, come un disco rotto, l’invasione della legge nell’autonomia delle parti sociali, non certo dalla legge di iniziativa popolare presentata dalla CISL, che valorizza a tal punto i contratti collettivi da assegnare loro, dopo settant’anni di attesa, l’agognato adempimento di un principio costituzionale”, prosegue Sbarra, che aggiunge: “Ha la memoria corta il sindacato quando dimentica di rappresentare i lavoratori e sceglie di fare politica. La CISL non vuole cadere in questo errore e chiede al Parlamento, con ancora più forza, di approvare la legge sottoscritta da 400mila cittadini che hanno ben compreso ciò che Landini finge di non capire: non con il conflitto ideologico, non con pericolosi richiami alla rivolta sociale, ma solo con il coraggio della partecipazione è possibile elevare il trattamento economico e sociale dei lavoratori italiani”.
Insomma, uno scontro inaudito, anche per due leader che sono ormai da molti mesi ai ferri cortissimi e non perdono occasione per lanciarsi frecciate. Ma mai prima d’ora così velenose. Come si spiega? Una ragione potrebbe essere che l’attacco di Landini, come si è detto scagliato ‘’ a freddo’’, sottende un segnale ai partiti dell’opposizione – e in particolare al Pd- che saranno presto chiamati a votare in aula la legge sulla rappresentanza. Sbarra si è sempre, fin dall’inizio, appellato a una approvazione bipartisan; e del resto, anche esponenti di spicco del Pd avevano dato la propria firma per la proposta di legge cislina ed espresso parere quanto meno non negativo anche in sede di commissione parlamentare. Ma adesso, di fronte al “niet “senza appello del segretario della Cgil, difficilmente potrebbero smentire la posizione del maggior sindacato italiano. Di qui, anche l’altrettanto dura replica di Sbarra, che infatti invita il parlamento ad andare avanti senza indugi, ricordando che quel testo porta la firma di 400 mila cittadini elettori: un altro segnale alla politica, in questo caso alla maggioranza, che non tentenni e tiri dritto.
Argomento che sarà ribadito il 22 gennaio -cioè pochi giorni prima della data prevista per l’approdo in Aula della legge- in un convegno organizzato alla Camera dal dipartimento lavoro di Forza Italia. Titolo: ‘’Partecipazione dei lavoratori all’impresa: un traguardo vicino”. Discussant, tra gli altri: Luigi Sbarra, ovviamente, poi il presidente del Cnel Brunetta, il presidente del gruppo di Fi alla Camera Paolo Barelli, vari rappresentanti delle imprese e del mondo accademico, conclusioni affidate al ministro degli Esteri e vice premier e segretario di Fi Antonio Tajani. “Vogliamo dare vigore a un cammino della responsabilità e accelerare l’approvazione di un provvedimento che deve unire il paese, anche politicamente, su un nuovo modello di sviluppo che dia forte voce ai lavoratori nelle dinamiche di crescita e redistribuzione della ricchezza”, insiste Sbarra, che l’11 febbraio ha convocato a Roma l’assemblea nazionale della Cisl, dedicandola appunto alla legge che punta a portare a casa prima della sua uscita dalla confederazione: nei giorni immediatamente successivi, forse già il 12 febbraio, cederà infatti il timone alla sua attuale vice, Daniela Fumarola.
Ma Landini potrebbe aver avuto anche un’altra ragione per l’attacco violento alla legge cislina. E cioè, quella di mettere in evidenza la possibilità di una sorta di ‘’scambio’’: tra la partecipazione e la rappresentanza. Come detto, la prima invisa alla Cgil, la seconda invisa alla Cisl; ma, lavorandoci sopra, forse si sarebbe potuto arrivare a una mediazione. Uno scambio, appunto. In Parlamento esistono infatti anche proposte di legge sulla rappresentanza, avanzate dal Pd: forse si potevano portare avanti entrambe le cose, considerando magari anche il ruolo delle imprese, che vede la Confindustria contraria alla legge sulla partecipazione, ma interessata, invece, a una regolamentazione della rappresentanza. Tuttavia, per riuscire in una simile impresa, o anche solo per avviarla, o almeno per provarci, sarebbe stato necessario avere un luogo, una entità, o qualcuno, in grado di prendere i fili delle varie matasse e sbrogliarli, facendo fare un passo avanti al paese, verso la modernizzazione. Ci sarebbe voluto, per dire, un ministro del Lavoro competente e attento. Ma nulla si è mosso, e adesso è troppo tardi.
Nunzia Penelope