La parità tra donne e uomini è un valore fondamentale dell’Unione europea, sancito fin dall’inizio nel trattato di Roma che conteneva infatti una disposizione sulla parità di retribuzione. Il lavoro della Commissione sulle politiche a favore della parità di genere nella programmazione per il 2018, secondo la conferenza programmatica ratificata in occasione dell’8 marzo 2018, si basa sull’impegno strategico per la parità di genere 2016-2019, incentrato su cinque settori prioritari:
· aumento della partecipazione femminile al mercato del lavoro e pari indipendenza economica per donne e uomini;
· riduzione del divario di genere in materia di retribuzioni, salari e pensioni e, di conseguenza, lotta contro la povertà delle donne;
· promozione della parità tra donne e uomini nel processo decisionale;
· lotta contro la violenza di genere e protezione e sostegno alle vittime e
· promozione della parità di genere e dei diritti delle donne in tutto il mondo.
Questo obiettivo è difficilmente raggiungibile per come stanno lentamente procedendo le iniziative sul tema. Infatti la Commissione Ue nella discussione in corso per il budget 2019 e per predisporre la programmazione per il Fondo Sociale Europeo del triennio 2020/2022, è stata richiamata dal Comitato per i diritti della donna e l’uguaglianza di genere- Committee on women’s rights and gender equality- perché le questioni di genere non sono state affrontate nella revisione intermedia del QFP-Quadro finanziario Europeo: l’argomento specifico non è indirizzato come priorità chiave orizzontale nella proposta per il prossimo QFP.
E’ bene ricordare che rispetto la Conferenza dei servizi internazionale che si è recentemente svolta, la Commissione è impegnata contemporaneamente ad analizzare aspetti salienti dei servizi di assistenza, socio/sanitari per sostenere l’equilibrio tra vita lavorativa e vita privata dichiarando la necessità di assistenza e cura diversificata, di qualità accessibile e conveniente, prendendo atto di tipi e qualità dei servizi diversi nei vari stati membri, e raccomandando agli stessi di sviluppare servizi di cura e assistenza stanziando relativi finanziamenti. Un po’ di coerenza sarebbe obbligatoria.
Ricordiamo che l’ultimo il Consiglio UE ha invitato e sollecitato la Commissione europea a:
§ sostenere gli Stati membri nei loro sforzi volti ad integrare la prospettiva di genere nelle politiche relative al mercato del lavoro, anche nell’ambito dell’attuazione della strategia Europa 2020 (in particolare attraverso il semestre europeo) e della nuova agenda per le competenze per l’Europa, nonché nell’ambito dei Fondi strutturali e di investimento europei e nel pilastro europeo dei diritti sociali annunciato più volte nel 2017 e 2018 ;
§ garantire che la prospettiva di genere sia integrata nelle politiche e nelle misure finalizzate al miglioramento delle competenze, in particolare nelle occupazioni connesse alla digitalizzazione, alla scienza, alla ricerca e allo sviluppo, nonché nei settori dell’apprendimento permanente e nel mercato del lavoro;
§ promuovere programmi e politiche che riconoscano e tengano conto delle diverse circostanze ed esigenze di donne e uomini – in particolare di genitori e prestatori di assistenza in situazioni di lavoro precario – in modo da migliorare l’accesso a iniziative favorevoli alla famiglia, a modalità di lavoro flessibile e “agile” per donne e uomini e a servizi di assistenza formale accessibili, di qualità e a costi sostenibili per i figli e le altre persone a carico (compresa l’educazione e cura della prima infanzia); incoraggiare i padri a utilizzare il congedo di paternità e parentale e i datori di lavoro ad agevolarne l’esercizio, in modo da consentire alle donne di aumentare la loro partecipazione al mercato del lavoro. La Commissione dovrebbe tenere conto di tali aspetti al momento di porre in essere l’iniziativa intesa ad affrontare le sfide incontrate dalle famiglie che lavorano per equilibrare vita professionale e vita privata, annunciata nel programma di lavoro della Commissione per il 2018;
§ fornire finanziamenti e sostegno per iniziative di sensibilizzazione sulla parità e i diritti in materia di lavoro delle lavoratrici e dei lavoratori, nonché sui vantaggi dell’apprendimento permanente e i servizi disponibili per orientare e assistere le persone scarsamente qualificate che desiderano migliorare la loro capacità di trovare occupazione, anche nell’ambito dell’attuazione della nuova agenda per le competenze per l’Europa.
In buona sostanza il Comitato – che peraltro è stato istituito in seno alla Commissione stessa con una serie di emendamenti votati dagli stati membri a maggioranza- nella seduta della Commissione del 4 settembre scorso sulla programmazione del prossimo QFP ha proprio rilanciato le priorità del progetto che include l’uso del gender budgeting, soprattutto durante la negoziazione del prossimo QFP. Progetto che comprende l’aumento dei finanziamenti per gli strumenti esistenti a livello UE per gli Stati membri, volto a sostenere i diritti economici delle donne e ridurre le disuguaglianze di genere, e la raccomandazione agli Stati membri ad avvalersi nella UE dei fondi disponibili per promuovere l’uguaglianza di genere attraverso servizi educativi e sanitari. Il testo del Comitato chiede anche alla UE di promuovere le organizzazioni delle donne, l’emancipazione delle ragazze e la rappresentanza delle donne nel processo decisionale. Sottolinea inoltre la necessità di aumentare le risorse per la lotta contro tutte le forme di violenza contro donne e ragazze, come pure la violenza di genere contro persone LGBTQI.
La proposta della Commissione, invece, intende sostenere gli Stati membri nell’attuazione delle riforme strutturali individuate nel processo dei semestri europei. E per raggiungere tale obiettivo, offre agli Stati membri di utilizzare tutta o parte della riserva di rendimento negli attuali fondi strutturali e di investimento europei per sostenere le riforme anziché i progetti specifici. Ma il Comitato ha deciso, con 22 voti favorevoli e un voto contrario, di respingere la proposta della Commissione. Infatti, il testo del Comitato esorta la Commissione a stabilire una chiara menzione di uguaglianza di genere in una delle rubriche del QFP e a dedicare una linea di bilancio individuale per obiettivo relativo alla parità di genere. Chiede inoltre di definire obiettivi e indicatori adeguati, uguali strumenti e meccanismi di ricorso per garantire le risorse e la possibilità di finanziare un’azione specifica che integri gli obblighi di bilancio di genere, rammaricandosi del fatto che l’uguaglianza di genere non è stata affrontata nella revisione intermedia del QFP e che non è indirizzata come priorità chiave orizzontale nella proposta per il prossimo QFP.
Inoltre, il progetto di risoluzione del Comitato sollecita la Commissione e gli Stati membri a garantire che i fondi UE tutelino i diritti e la protezione dei gruppi più vulnerabili, sottolineando le conseguenze per le donne, le ragazze e le persone LGBTI di non avere la possibilità di chiedere protezione per motivi umanitari al di fuori della UE , affermando che uno strumento separato sui visti umanitari, deve essere complementare a un programma dell’UE sul reinsediamento e ammissione per motivi umanitari, è indispensabile.
Pertanto, si invita la Commissione a presentare la proposta legislativa in cui i cittadini a rischio di paesi terzi riceveranno la possibilità di applicare un visto europeo umanitario direttamente presso qualsiasi consolato o Ambasciata degli Stati membri, garantendo il suo approccio sensibile al genere e una protezione efficace delle persone che soffrono persecuzioni basate sul genere. Monitoreremo strada facendo le decisioni della Commissione: sta di fatto che è necessario presidiare le questioni economiche e le politiche di genere per avanzare tenacemente sul versante culturale ed economico del valore sociale di tale impegno non solo dichiarato ma concretamente perseguito.
Alessandra Servidori