La pandemia ha messo a dura prova il sistema sanitario regionale, e Milano ha evidenziato grandi fragilità, soprattutto in certi settori economici. È questo il giudizio di Alessandro Pagano, segretario generale della Cgil Lombardia. Il Pnrr, afferma, dovrà migliorare le condizioni sociali e lavorative dei cittadini. Con il governo manca interlocuzione.
Come è la ripresa post-covid in Lombardia?
Lo stato attuale della ripresa è molto articolato. Nella manifattura il lavoro è ripreso pienamente, anzi, si può dire addirittura che subisca la carenza dei materiali e della componentistica rispetto all’approvvigionamento necessario. La situazione è simile anche nel settore dei manufatti intermedi. E questo sta determinando una pressione sui costi di produzione. Abbiamo però altri comparti in difficoltà, come ad esempio quello del tessile. Per questo motivo temiamo lo sblocco licenziamenti previsto per fine ottobre. Ci sono anche altri settori economici relativamente deboli i quali hanno subito importanti contraccolpi. Abbiamo calcolato che già a fine 2020 avevamo perso 1 milione di posti lavoro per mancanza del rinnovo dei contratti a tempo determinato o in somministrazione. Un calo contenuto solo grazie al blocco dei licenziamenti. Chiediamo che il blocco arrivi almeno a fine anno perché, in mancanza di una copertura con ammortizzatori sociali, si determinerebbero situazioni molto gravi.
Durante il picco della pandemia abbiamo visto una città di Milano inaspettatamente fragile, con un massiccio utilizzo degli enti di solidarietà. Quale è lo stato attuale della città?
La città di Milano per sua natura ha una grande concentrazione di attività con occupazione precaria che quindi sono state immediatamente colpite dal lockdown, un esempio su tutti quello della ristorazione. Altri settori pesantemente in sofferenza sono stati quelli dell’assistenza alla persona, delle imprese di pulizie, in azienda e nelle abitazioni, dei servizi mensa. Anche questo ha generato situazioni di temporanea povertà. Sono arrivate le coperture con la cassa integrazione covid ma non sono state tempestive e questo ha accentuato le difficoltà. Quindi, sicuramente, la graduale uscita dall’emergenza sanitaria vedrà ripartire del tutto anche la città di Milano ma, purtroppo, stiamo ancora vivendo dentro tale emergenza.
Un tema tristemente all’ordine del giorno è quello delle morti sul lavoro, cosa stanno facendo le istituzioni e cosa dovrebbero fare ancora?
Su questo tema la pubblica amministrazione ha una responsabilità grandissima, perché determina i criteri con cui valutare se un sistema è sicuro o meno e fa presidio sul territorio sul rispetto delle regole. Per questo motivo non solo stiamo chiedendo di incrementare sia l’organico ispettivo che quello del dipartimento di prevenzione, ma anche una governance che renda l’organico più efficace e soprattutto effettivo. Su questo tema la regione è in ritardo. Ha annunciato più volte un ampliamento dell’organico, ma non lo ha ancora fatto. Il sistema delle imprese deve sentire il vincolo di una pubblica amministrazione in grado di controllare e prevenire gli incidenti, altrimenti è facile ridurre il tema della sicurezza a un mero adempimento burocratico. Serve con urgenza una maggiore credibilità del sistema pubblico.
Le imprese invece che cosa devono fare?
Tutto dipende da quanto investono, dalla tipologia di priorità che scelgono di seguire, dall’organizzazione del lavoro e delle macchine e da come costruiscono i modelli di prevenzione e circoscrizione del rischio. Non tutte le imprese sono ugualmente attente. Gli incidenti sono causati sempre dalle solite cause. Tutti sanno che per andare sul ponteggio servono i dispositivi idonei eppure si continua a morire cadendo dall’alto, esattamente come succedeva 50 anni fa. In più dobbiamo registrare che non viene favorita la costruzione della rete dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza. Infatti dove non c’è sindacalizzazione il rappresentante viene nominato dal datore di lavoro, perché è obbligatorio per legge, ma non gli vengono dati gli strumenti per intercettare in anticipo rischi e pericoli, come invece dovrebbe poter fare. Purtroppo la ripresa post-covid è stata caratterizzata anche da una più che proporzionale ripresa degli infortuni e degli incidenti mortali.
La pandemia ha fatto emergere una sanità lombarda debole, le istituzioni stanno provvedendo a risolvere queste criticità?
Il sistema sanitario lombardo, per la sua conformazione, è stato un fattore di rischio aggiuntivo: infatti il personale sanitario è riuscito a salvare tantissime persone ma l’organizzazione della sanità, concentrata tutta nei grandi ospedali, ha generato picchi di trasmissione del virus. E ad oggi, purtroppo, il sistema non è ancora cambiato. Come Cgil Cisl e Uil avevamo denunciato, già prima dell’arrivo della pandemia, fin dal 2015, che era stato distrutto il sistema di prossimità sociosanitario e di protezione dei più fragili. Il covid ha tragicamente messo in evidenza queste carenze. L’ultima proposta regionale di riforma del sistema sanità non sembra tenere conto delle richieste che come sindacati abbiamo avanzato. Sembra la conferma della situazione attuale con qualche miglioramento dei presidi di prossimità. Ci preoccupa molto il richiamo continuo ad una parità nel rapporto pubblico-privato che, comunque, tende a favorire il privato. Inoltre l’assistenza di prossimità, per sua natura, deve essere presidiata necessariamente con un progetto di rafforzamento del bene pubblico. Riteniamo che sia necessario avere ambulatori e piccoli ospedali di zona che offrano servizi e risposte ai cittadini. Dunque non stiamo intravedendo il cambiamento che avremmo voluto vedere e presenteremo emendamenti alla proposta di riforma sociosanitaria lombarda.
A breve arriveranno alle regioni i finanziamenti del PNRR, la regione Lombardia ha progetti pronti su cui investire?
Sul territorio lombardo insistono dei progetti nazionali come per esempio il potenziamento della rete ferroviaria. Per quanto riguarda, invece, le risorse a disposizione degli enti locali non c’è ancora molta chiarezza: vediamo ancora molta propaganda senza dettagli specifici su come saranno assegnate. Al momento non abbiamo visto progetti reali da valutare. Sicuramente saranno presentati piani legati al sistema sanitario. Terremo alta l’attenzione, auspichiamo che la scelta non sia quella di far entrare ancora più i privati nel sistema salute. Serve coesione sociale e noi vogliamo vedere investimenti in questa direzione. In più vigileremo anche sui posti di lavoro che questi investimenti creeranno, in ottica sia di sostegno alla struttura sociale che di cambio di specializzazione produttiva dovuta alla svolta economica. Vogliamo che il PNRR generi un miglioramento delle condizioni sociali e del lavoro. Solo così potremo valutarlo positivamente, sia durante l’attuazione che nel consuntivo.
Il ministro Orlando sta predisponendo il piano GOL (Garanzia Occupabilità Lavoratori), la regione Lombardia è pronta all’attuazione?
La regione Lombardia, rispetto all’attuale legislazione in tema di politiche attive, fa grande attività quindi il nostro giudizio è indubbiamente positivo. E con queste premesse riteniamo che riuscirà a recepire in modo positivo anche ciò che sarà previsto dalla prossima legislazione. Noi però vogliamo che le risorse disponibili siano utilizzate anche per la costruzione di un sistema di difesa occupazionale, con politiche di sostegno alle crisi industriali e alla transizione ecologica: sappiamo che nei prossimi anni migliaia di persone dovranno cambiare lavoro e per fare questo servono risorse, tempo e professionalità. Per adesso manca un progetto complessivo di trasformazione del Paese, servono progetti mirati ed efficaci che traghettino le persone da un lavoro ad un altro, per evitare che siano esclusi dal nuovo sistema. La Regione Lombardia ha un rapporto costruttivo con le organizzazioni sindacali sul punto. Manca invece un piano nazionale di politica industriale che comprenda anche un sistema di ammortizzatori sociali adeguato. Per esempio se decidessero di confermare lo sblocco dei licenziamenti a fine ottobre, considerando che arriverà in settori in cui non sono previsti ammortizzatori sociali, avremo centinaia di migliaia di persone in stato di disoccupazione. Serve con urgenza un sistema solido e universale che consenta di non perdere pezzi di occupazione consistenti.
Cosa pensa dell’interlocuzione che il Governo ha con le sigle sindacali?
Non possiamo assolutamente dire che ci sia interlocuzione. Ormai non parliamo in maniera strutturale con il Governo da molto tempo. Ci sono stati molti incontri, ad esempio quello con il ministro Orlando ma nessuno per un disegno complessivo. Per tutto agosto abbiamo parlato soltanto di vaccini e di green pass eppure dobbiamo fare riforme importanti: degli ammortizzatori sociali, della giustizia, delle pensioni. Sono passaggi molto importanti per il Paese. noi abbiamo presentato varie richieste ma ad oggi non ci sono stati incontri. Come Cgil, il 14 settembre scorso abbiamo riunito l’assemblea generale dei delegati che è il primo passo per la mobilitazione generale, a cui arriveremo se il Governo non dovesse aprire un vero confronto per costruire insieme le soluzioni per il futuro. Su questo punto quindi il nostro giudizio è negativo. Auspichiamo che a breve riparta il confronto per la ricostruzione di un Paese diverso e migliore rispetto a quello che avevamo prepandemia.
Eleonora Terrosi