La Fondazione Anna Kuliscioff, di cui è fondatore Giulio Polotti e attuale presidente Walter Galbusera (storici dirigenti della Uil) pubblica, con periodicità regolare, parti del carteggio tra Filippo Turati e Anna Kuliscioff, che era non solo una compagna di partito ma di vita del leader dei socialisti riformisti. E’ di particolare interesse, anche in relazione alle scelte e ai valori che sono in gioco in questa fare della storia d’Europa (con l’aggressione e la guerra in Ucraina), lo scambio di lettere e messaggi intervenuti tra le due personalità nei giorni della disfatta di Caporetto nel novembre del 1917, durante la Grande Guerra. La posizione del PSI, guidato dalla maggioranza massimalista, era contro la guerra (il leader della corrente Giacinto Menotti Serrati si distinse molto a sostegno di una linea pacifista); ma gli eventi drammatici di quei giorni posero ai riformisti parecchi interrogativi etici, che indussero, tra numerose critiche, Filippo Turati a svolgere un discorso storico dove portava i socialisti a schierarsi, in modo netto, con la Patria contro il nemico che aveva invaso il territorio nazionale. Ovvero sostegno ai principi della difesa nazionale e dell’indipendenza territoriale.
Anche Camillo Prampolini prese posizione in quei giorni tragici (il 14 novembre): “Il socialismo non rinnega né il concetto della difesa territoriale, né quello della indipendenza dei popoli. Il socialismo afferma, entro gli schemi della sua concezione, tutte le ragioni ideali e materiali della indipendenza nazionale”. Tali dichiarazioni furono poi deplorate da l’ “Avanti!” del 20 novembre. Anna Kuliscioff volle incoraggiare il compagno in difficoltà, perché esposto alle critiche del Partito e a quelle pubbliche dell’Avanti!. “E’ un dovere di coscienza tuo e di Treves soprattutto di dire una parola, conforme a ciò che avete sempre sostenuto, e cioè: se il paese fosse invaso avreste preso il fucile per andar a difenderlo.
Che cosa importa – scriveva Anna – se il Partito vi approvi o vi disapprovi, anche se si fosse esposti alla lapidazione non sarebbe da esitare neppure un momento sul vostro atteggiamento in questo terribile momento storico, che cosa contano i partiti, i comitati direttivi, come quello di Milano, che fa ora un manifesto per sconfessare il Sindaco Caldara e la Giunta, che cosa importa la Direzione dell’ “Avanti!”, mentre si decide delle sorti di tutta l’Europa, se dirà sì o no a rimanere per decenni sotto il giogo germanico? Nel dolore cocente della patria invasa il proletariato soffre per ragioni proprie. Ed ecco perché in tutte le grandi ore della storia esso si solleva e tende le nerborute braccia al grande cimento. Esso squassa la piccola rete delle coerenze formali per attingere la grande coerenza sostanziale della vita e dell’amore: non rinnega se stesso e salva la patria!”.
Questa lettera era stata la risposta ad una precedente di Turati in cui manifestava le sue preoccupazioni. “Mia cara – scriveva Turati – non è per mancanza di coraggio, né per piccole preoccupazioni di ciò che dirà la Direzione, la Sezione, l’ “Avanti!”, che mi sentivo tormentato da dubbi e da esitazioni. Furono proprio gli argomenti obiettivi, l’interesse delle cose, che mi turbavano. Ma io fui sempre, e molto più di Treves, nel nostro ordine di idee. Nel Gruppo lo sostenni recisamente e con tutto il calore. Forse quell’ordine del giorno (presentato alla Camera sugli eventi in corso, ndr) non era perfetto – valeva però sempre molto meglio degli altri -, ma il pensiero centrale bisognava affermarlo. Ora però le cose si rimettono in sesto. L’articolo di Treves è ottimo, sta nella misura senza mancar di calore.
Appena ebbi il suo telegramma nel quale erano le parole “Anna approva”, – ecco l’influenza di Kuliscioff – ritelegrafai subito che firmavo senz’altro, temendo che le bozze ritardassero. Ma poco dopo ebbi l’espresso, e confermai anche più vivamente e telegrafai anche alla tipografia. Spero che così domani inizieranno, anzi dovrebbero aver già impaginato, e tireranno e spediranno. E i giornali riporteranno e ciò comincerà a metterci a posto”.
Giuliano Cazzola