No al sequestro della liquidazione dei dipendenti pubblici, con una dilazione anche di 7 anni. È questo l’allarme lanciato nel corso di un’iniziativa promossa da Cgil, Uil, Cgs, Cse, Cosmed, Cida e Codirp presso Palazzo Wedekind a Roma, che ha visto la presenza del governo attraverso il presidente della Commissione Lavoro della Camera, Walter Rizzetto, ed esponenti delle opposizioni. Un’iniziativa che le sigle sindacali stanno supportando con una petizione che ha superato le 50mila firme e punta alle 75mila.
Il differimento del Tfs è stato definito incostituzionale da una sentenza della Corte Costituzionale, la 130 del 2023, perché contrasta il principio della giusta retribuzione contenuto nell’articolo 36 della nostra Carta. Un’analisi redatta dalle organizzazioni sindacali sugli effetti della dilazione del Tfs, e illustrata da Ezio Cigna, responsabile dell’ufficio politiche previdenziali della Cgil, racconta come sia l’inflazione la spada di Damocle che pesa sulla liquidazione dei dipendenti pubblici. L’importo medio del trattamento di fine rapporto per vecchiaia o raggiunti limiti di età è pari a 82.400 euro. Ipotizzando l’accesso alla pensione nel novembre del 2022, la prima rata della liquidazione sarà a disposizione del lavoratore nel gennaio 2025 e la seconda nel gennaio del 2026. Su questa cifra l’impatto dell’inflazione nel triennio 2023-2025 è pari al 14,2%, erodendo alla liquidazione più di 11.700 euro. Anche l`estensione a 67 anni del per il pensionamento, introdotta dalla legge di bilancio per il 2025, produrrà effetti penalizzanti, spiegano ancora i sindacati, sulla liquidazione, determinando un risparmio per lo Stato di 339 milioni nei prossimi anni sulle spalle di 76.300 lavoratori pubblici.
Quali sono dunque le soluzioni per porre rimedio a questa stortura? Rizzetto ha dato la disponibilità del governo “ad aprire un tavolo di confronto” per trovare la quadra il più rapidamente possibile. Per il deputato del Movimento 5 Stelle, Alfonso Colucci, che ha presentato sul tema una proposta di legge, la strada è quella di “di trovare un accordo con le banche e con Poste italiane per ottemperare il rispetto dei saldi di finanza pubblica con l`esigenza dei cittadini di riscuotere quanto prima queste somme”. Per il deputato del Pd, Arturo Scotto, bisogna spingere il governo a impegnarsi “a dare seguito al pronunciamento della Corte Costituzionale per farli uscire dal gioco di rimpallo di responsabilità e poi dare piena attuazione alla proposta di legge Colucci”.
Per i sindacati questa distorsione, che nasce sotto il governo Prodi nel 1997 per poi aggravarsi negli anni sotto maggioranze diverse, governo Berlusconi e governo Monti, legge di stabilità 2014 targata Enrico Letta e da ultimo la legge di bilancio per il 2025, è figlia di una visione che per anni ha visto il dipendente pubblico come un privilegiato e quindi da penalizzare.
Per il segretario confederale della Uil, Santo Biondo, “non bisogna discutere delle coperture perché stiamo parlando di soldi versati dai lavoratori. La visione negativa del pubblico impiego ha prodotto il blocco della contrattazione, del turn over e rinnovi contrattuali non all’altezza. La Pa non è più attrattiva. Dobbiamo ripartire dall’accordo quadro sottoscritto con il governo Draghi”. Secondo il presidente della Funzione pubblica della Cida, Roberto Caruso, “questo sistema colpisce in modo sproporzionato i dirigenti e i professionisti pubblici, ossia quei lavoratori che hanno versato più contributi e garantito il buon funzionamento della macchina statale. Oggi gli importi inferiori ai 50mila euro vengono erogati in un’unica soluzione; per quelli compresi nella fascia tra 50mila e 100mila euro, l’erogazione avviene in due rate annuali; chi è in attesa di importi superiori ai 100mila euro deve attendere tre anni”.
Secondo Tizia Cignarelli, segretaria generale della Codirp, il differimento della liquidazione “continua a essere perpetrato in assenza di consenso esplicito dei lavoratori. La rateizzazione non è più sostenibile e deve essere interrotta, restituendo ai lavoratori il loro denaro senza ulteriori indugi specie in un mutato scenario economico. Il differimento non solo penalizza i lavoratori pubblici, ma rappresenta anche una perdita per l’economia del Paese, in quanto queste risorse non vengono immesse nel ciclo economico, ostacolando la crescita e lo sviluppo”.
Tommaso Nutarelli