I sindacati di categoria Fp Cgil, Uil Pa e Usb Pi hanno confermato il giudizio negativo sul contratto nazionale Funzioni centrali. Per i sindacati il contratto “per la prima volta, non recupera con gli aumenti stipendiali il maggiore peso dell’inflazione registrato nel triennio di rifermento. A fronte, infatti, di una inflazione complessiva registrata per gli anni 2022, 2023 e 2024, pari al 15,4 per cento, le risorse del contratto sono il 5,78 per cento che nonostante produca adeguamenti sul tabellare di poco più alti non recuperano neanche l’inflazione”.
Per Fp Cgil, Uil Pa e Usb Pi questo contratto “segna l’abbandono del contratto nazionale quale strumento utile a determinare la crescita delle retribuzioni per tutti i lavoratori. Per questo, ancor più incomprensibile e non condivisibile la scelta delle organizzazioni firmatarie di avallare questo contratto. I lavoratori, con l’entrata in vigore del nuovo contratto, avranno una perdita definitiva del valore del proprio stipendio dal 2021 (anno di scadenza del contratto precedente) ad oggi pari a 146,51 euro al mese per un funzionario, 120,65 euro al mese per un assistente e 114,62 euro al mese per un operatore”.
“In più – precisano – gli aumenti dichiarati nel ccnl, per effetto dell’indennità di vacanza contrattuale e degli anticipi già pagati dal governo, si tradurranno nei prossimi cedolini in aumenti mensili lordi reali da un minimo di 47,22 per un funzionario ex area III F7 a un massimo di 80,33 di un funzionario ex area III F1, come si vede dalla tabella.”
Sulla parte normativa, secondo i sindacati “aumentano gli spazi lasciati alla gestione discrezionale delle amministrazioni. Come per la settimana su quattro giorni dove si conferma la discrezionalità delle amministrazioni e per lavoratrici e lavoratori, non riducendo l’orario di lavoro settimanale di 36 ore ma comprimendolo in 9 ore al giorno per 4 giorni più la pausa obbligatoria, costituirà un ulteriore elemento di discriminazione, in particolare delle donne, sulle quali grava la maggior parte del lavoro di cura. Più che settimana corta è settimana densa. Così come per il tanto decantato riconoscimento del buono pasto nei giorni di smart working che diventa il modo per le amministrazioni di richiedere vincoli orari nelle prestazioni non previsti dalla legge”.
Infine, per le categorie “il danno per molti a vantaggio di pochi e sempre che vada bene all’amministrazione si ha con la norma sul consolidamento delle posizioni organizzative: l’aumento da 2.600 a 3.500 euro sarà a carico del fondo e non con risorse aggiuntive e da qui in avanti chi verrà individuato e confermato dal dirigente per otto anni, avrà il diritto di mantenere l’incarico a vita, precludendo così la possibilità agli altri colleghi di poter aspirare agli stessi esclusivamente in nome della maggiore anzianità e benevolenza da parte del dirigente”.
Per questi motivi FP CGIL, UIL PA e USB PI “non hanno cambiato idea, forti anche del pronunciamento delle migliaia di lavoratrici e dei lavoratori ascoltati e consultati in questi mesi, e hanno confermato la indisponibilità ad assecondare la volontà del governo. Non firmare il contratto 2022/2024 non è una rinuncia ma il solo modo oggi possibile per tenere alta la voce di quanti chiedono contratti dignitosi. Per questo la partita non si chiude qui e invitiamo le lavoratrici e i lavoratori del Comparto delle Funzioni Centrali a continuare la mobilitazione per dare valore al lavoro pubblico e restituire dignità a chi entra nelle amministrazioni pubbliche per dare un servizio di qualità al paese”.
E.G.