Omnia sunt communia. Eccolo qui, Thomas Muntzer, mentre trova ancora la forza per urlare il suo canto di battaglia. Eric Vuillard, in “La guerra dei poveri”, immagina così la scena: “Sta per morire. Morirà. Ha trentacinque anni. La rabbia l’ha condotto lì, fino a lì. L’hanno torturato, gli hanno slogato braccia e gambe, sanguina. È allo stremo delle forze. Allora la mannaia si solleva, i volti tutti intorno sono centinaia, guardano sbigottiti senza essere sicuri di capire bene. Mendicanti, conciatori, falciatori e poveri diavoli guardano! Guardano, e cosa vedono? Vedono il piccolo uomo oppresso dal grande fardello. Vedono un uomo come loro, impastoiato. Quanto è piccolo un uomo quanto è fragile e violento, inconsistente e severo, energico e angosciato! Uno sguardo. Una Faccia. Una pelle. Poi la mannaia ricade e taglia il collo. Oh, è pesante una testa, sono due o tre chili di ossa e poltiglia. E come schizza il sangue! La testa finirà su una picca. Il corpo verrà trascinato sulla tribuna, poi lasciato ai cani”.
Ma quell’urlo sembra ancora uscire dalla bocca deformata e solitaria. Omnia sunt communia. Anche suo padre, ci ricorda Vuillard, era stato giustiziato. Impiccato, dicono alcuni, bruciato dicono altri. In quel clima scoppiò la rivolta dei contadini, che mischiava motivi religiosi (lo stesso Lutero veniva considerato un traditore della riforma protestante) alla lotta contro lo sfruttamento che univa sempre e comunque il potere di tutte le chiese a quello della nobiltà possidente e schiavistica.
Muntzer fu l’alfiere di questa truculenta sommossa ma, citiamo ancora Vuillard, “la giovinezza non finisce mai, il segreto della nostra uguaglianza è immortale. Gli esasperati sono così, un bel giorno sgorgano dalla testa dei popoli come i fantasmi sbucano dai muri”.
E arriviamo ad oggi. Thomas Muntzer nacque in Sassonia e fu martirizzato in Turingia. Proprio i Lander nei quali cinquecento anni fa le idee di rivolta erano alimentate dal sogno di una comunanza generale ora si diffonde come un morbo il rifiuto dei diversi. L’anelito a una fratellanza universale si infrange contro le mistificazioni sull’ immigrazione e chiede altri muri dove ce ne sono già fin troppi. La leader della Afd (Alternative fur Deutschland) Alice Weidel propugna, dopo la Brexit, la Dexit, cioè l’uscita della Germania dall’ Unione Europea. Mentre l’altro dirigente, Bjorn Hocke chiede da anni “un progetto di reimmigrazione su larga scala” da attuare con “moderata crudeltà”. E di recente come ci informa Konrad Litschko in un articolo su Die Tageszeitung, ha affermato di “non accettare la Germania multiculturale e di volerla riportare indietro”. “L’Islam non appartiene a questo luogo”, è il loro refrain. Gli atti di intolleranza si sono moltiplicati e militanti di altre organizzazioni che facevano campagna elettorale sono stati minacciati o picchiati. Le associazioni che difendono i diritti individuali temono che la situazione si farà sempre più difficile.
Sahra Wagenknecht, origini comuniste, siamo pur sempre nell’ ex Germania Est, ha creato una sorta di partito personale (Bsw, alleanza per Sahra Wagenknecht) lanciando un programma “rossobruno”, nel quale si frullano assieme ricette economiche di sinistra con un populismo di destra soprattutto in tema di immigrazione, di cambiamento climatico e di politica estera. Ottenendo buoni risultati soprattutto in Turingia. Un’ altra incognita nell’ evoluzione della politica tedesca.
L’esercito di straccioni guidato da Thomas Muntzer sotto le mura di Frankenhausen fu sbaragliato dalle truppe dei principi alleati. Seimila i ribelli uccisi. Il predicatore venne giustiziato davanti alle porte di Mulhausen dove aveva cercato di rifugiarsi. Omnia sunt communia.
Marco Cianca