Sono in aumento nel mondo il lavoro forzato, la schiavitù e il traffico criminale di essere umani, fenomeni che assumono “nuove e insidiose forme”, si legge nel rapporto dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro (Oil) diffuso a Ginevra. Nonostante le legislazioni adottate nelle singole Nazioni e a livello internazionale per lottare contro fenomeni “antichi e barbari” come la schiavitù e il servaggio feudale si tratta di pratiche tuttora in uso in tutte le regioni del mondo. Mentre aumenta in modo rapido ed esponenziale il traffico di esseri umani destinati a forme di lavoro forzato, che coinvolge tutti i paesi, sia come punti di partenza che di transito o arrivo.
I principali destinatari sono i grandi aggregati urbani dei Paesi più ricchi – Amsterdam, Bruxelles, Londra, New York, Roma, Sydney o Tokyo – e le capitali dei paesi in via di sviluppo. Ma le rotte del traffico di persone sono molto complesse e variegate, avverte il rapporto: così Paesi diversi come l’Albania, l’Ungheria, la Nigeria o la Thailandia possono essere allo stesso tempo luoghi di origine, di transito o di arrivo.
La schiavitù continua ad essere praticata in Paesi devastati da gravi conflitti interni, come Liberia, Mauritania, Sierra Leone o Sudan, dove il fenomeno più preoccupante è il reclutamento di bambini per la guerra. Il lavoro forzato invece si presenta in altre forme in molte zone rurali, dove coloro che vengono impiegati nella piantagioni o nel servizio domestico soffrono condizioni simili alla schiavitù e alla servitù per debito. Particolarmente colpite le popolazioni indigene, come i pigmei o i bantù in Africa, o gli enxet in Paraguay. L’Asia è ugualmente coinvolta in questo fenomeno, nelle forme più gravi in Birmania, ma anche in altri paesi come India, Nepal o Pakistan.
Il rapporto segnala che a creare le condizioni favorevoli per il traffico di essere umani sono una serie di concause: la povertà, la disoccupazione, i conflitti interni, la repressione politica e la discriminazione per ragioni di genere sessuale o di razza. In questo senso, si segnala il forte aumento dello sfruttamento del lavoro dei migranti clandestini in Europa dopo l’implosione dell’Unione Sovietica. Nelle regioni del sud-est asiatico si registra invece un forte traffico di donne e bambini destinati alla prostituzione – fenomeno peraltro rilevante anche nei Balcani e in Europa orientale, specialmente in Moldova, Romania e Ucraina. Le reti criminali utilizzano la Bosnia e il Kosovo come punti di transito. Il rapporto denuncia inoltre lo sfruttamento del lavoro dei carcerati in paesi come la Cina o l’autorizzazione all’uso del lavoro dei detenuti concessa a imprese private, pratica diffusa in Malaysia, Stati Uniti e Madagascar