L’Italia si conferma il Paese in area Ocse dove l’incidenza della spesa per le pensioni di vecchiaia sul Pil è la più alta, pari al 14,2% nel 2000 contro il 12,1% della Francia, l’11,8% della Germania e il 4,3% e 4,4% di Gran Bretagna e Usa. Lo rileva l’Ocse che in un recente studio sulle
implicazioni fiscali dell’invecchiamento annovera però il
Paese tra i virtuosi delle riforme. Solo in Italia, in Gran
Bretagna e in Polonia infatti, la spesa scenderà da qui al
2050, con una flessione rispettivamente dello 0,3% (al
13,9%), dello 0,7% e del 2,5% (all’8,3%).
L’Ocse punta invece il dito su dieci Paesi (Germania, Portogallo, Canada, Repubblica Ceca, Finlandia, Corea, Olanda, Nuova Zelanda, Norvegia e Spagna) dove invece lo onere pensionistico salirà di oltre 4 punti percentuali con la Germania collocata tra le peggiori performance con un aumento del 5% al 16,8% nel 2050, insieme alla Norvegia (+8% al 12,9%) e alla Spagna (+8% al 17,4%).
L’Ocse indentifica anche un picco per l’aumento della spesa legato all’aumento dell’invecchiamento della popolazione che cambierà a seconda dei paesi. Per l’Italia il massimo dell’impatto si raggiungerà nel 2030 con un’incidenza sul Pil pari al 15,9%, in aumento dell’1,7% rispetto al 2000.