“Antonio, fa caldo”. Recitava così una pubblicità dei primi anni Duemila. La canicola rende difficile qualsiasi attività, figuriamoci l’intimità più spinta. E allora un marito, per convincere la moglie reticente e fiaccata dalle alte temperature, le offre una bevanda che tonifica immediatamente i sensi e lo spirito. Dello stesso periodo un altro spot, di un’altra bevanda concorrente. Con il caldo sempre a farne da padrone. Due messicani si difendono dalle torride temperature con la siesta. Non hanno voglia di accompagnare due turisti in un’escursione per la troppa calura. Ma l’offerta di un fresco e dissetante infuso da parte dei forestieri ritempra subito le energie dei messicani.
Oggi, con questo, caldo non c’è bevanda che possa aiutarci, perché il clima non è più quello di venti anni fa. E allora si corre ai ripari. E’ pressoché trasversale l’allarme lanciato dai sindacati sui rischi per i lavoratori per l’esposizione prolungata alle alte temperature. Per l’Inps può scattare la Cig se le temperature superano i 35 gradi. E a Pomigliano, Stellantis ha sospeso tutte le attività dalle 16 in poi. La siesta diventa così un arma per combattere la calura. Alzarsi presto, concentrare il lavoro nelle prime ore della giornata e poi fermarsi. Questa dovrebbe essere la routine giornaliera.
E nell’operosa Germania è sempre più vivo il dibattito sull’introduzione della siesta. Anche la locomotiva d’Europa accusa l’ondata di caldo portata da Caronte, e spinge per adottare uno dei simboli dell’oziosità mediterranea.
Eppure qualcuno mormora che in realtà non fa così tanto caldo. I negazionisti del clima sono anche negazionisti di altro. Del covid, dei vaccini, delle verità scientifiche. Se guardiamo alla politica, questi sentimenti sono trasversali. Chi si trova ai poli opposti non ha tanta riluttanza nell’affermare posizioni di tal fatta. Altri, invece, che ricoprono ruoli più importanti sposano una linea più sfumata, ma non meno pericolosa. Così esponenti della maggioranza ripetono che in estate ha sempre fatto caldo, che non vanno usati toni allarmanti e apocalittici. Ma forse già ci siamo dimenticati tutti del nostro bel clima temperato, dell’anticiclone delle Azzorre foriero di estati miti, con venti provenienti dall’oceano e non dal Sahara. Si potrebbe suggerire a una parte della maggioranza che dopo la sostituzione etnica è in corso una sostituzione climatica.
Ma i cambiamenti climatici ci sono. Sono una realtà. Minimizzarli non serve a nulla. Addossare tutte le responsabilità a un amministrazione avversa, come nel caso dell’alluvione dell’Emilia Romagna, che avrà sicuramente peccato in qualcosa, ma tacere del tutto su un evento estremo è fuorviante. Ignorare gli effetti di un clima impazzito per proteggere un segmento del mercato del lavoro crea un duplice danno, al clima e a quei lavoratori. Oggi Federvini ha lanciato l’allarme sugli stress che il global warming sta causando sul vigneto Italia per la vendemmia imminente, mettendo a dura prova la tenuta delle piante e delle imprese.
Questo è solo un esempio. Ce ne sono molti altri. E se abbiamo la forza di allargare lo sguardo il cambio del clima sarà uno dei motori di carestie e migrazioni. Eppure, mormora qualcuno, d’estate ha fatto sempre caldo.
Tommaso Nutarelli