Il processo di privatizzazione delle Ferrovie Italiane, confermato ieri dal ministro Graziano Delrio, non convince i sindacati. L’idea del governo di non varcare il limite massimo del 40% della quota da porre in vendita trova d’accordo, all’unanimità, i rappresentanti dei lavoratori. Tuttavia, restano molte perplessita’ su altri punti del progetto, in particolare sullo scorporo della rete ferroviaria dal resto del gruppo. Spiega il segretario della Fit-Cgil, Alessandro Rocchi: “Le ragioni sostenute dal Ministero dell`Economia e dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti sul cosiddetto scorporo dell`infrastruttura dal resto del Gruppo non sono considerate convincenti dalla Filt-Cgil. Collegare lo scorporo con una maggiore liberalizzazione del settore del trasporto ferroviario e’ improprio, stante il fatto che, a nostro parere, già l`attuale assetto del sistema è rispondente alle disposizioni comunitarie, e la sua ulteriore evoluzione viene costantemente stimolata, in Italia, dai ripetuti interventi dell`Autorità di Regolazione dei Trasporti”.
Per questo, continua Rocchi, “la Filt-Cgil esprime perplessità e preoccupazione sull`operazione, dove sembra prevalere eccessivamente l’aspetto finanziario ed il relativo introito atteso per le casse pubbliche”
In effetti, tra le motivazioni addotte dal governo sulla privatizzazione delle Ferrovie dello Stato si ritrovano quelle relative ad ottenere risorse da destinare all’abbattimento del debito pubblico. A tal proposito secondo il segretario generale della Fit-Cisl, Giovanni Luciano la privatizzazione delle Ferrovie oltre ad essere “un’operazione che ci vede, eufemisticamente, perplessi potrebbe portare ad un introito per le casse dello Stato di circa 4 miliardi di euro, nella migliore delle ipotesi. Una cifra “troppo esigua” – secondo Luciano – rispetto al debito pubblico e al valore intrinseco di un gruppo industriale così importante per il Paese anche in considerazione dell’inevitabile indebolimento di un gruppo integrato e solido come quello attuale”.
Ma anche le conseguenze sociali preoccupano i sindacati: “l’attuale gruppo deve rimanere pubblico e unico – ha dischiarto il segretario generale della Uiltrasporti, Claudio Tarlazzi – perché l’ingresso dei privati, e peggio ancora se fossero fondi speculativi, porterebbe invece, come conseguenza naturale l’aumento delle tariffe di viaggio, la spinta ad abbandonare i servizi a bassa domanda di trasporto universale e dei pendolari perché non profittevoli, continui tagli al costo del lavoro e preoccupanti passi indietro sulle condizioni generali di sicurezza di esercizio e di prevenzione della salute dei lavoratori” oltre che un “arretramento delle attuali relazioni sindacali”.
Per questo motivo la Uiltrasporti si dice pronta ad una “forte mobilitazione” e a “tutte le azioni sindacali possibili contro un “depotenziamento” del gruppo se non ravvisasse un cambio di rotta del governo”.