La settimana prossima sciopereranno per un’intera giornata i lavoratori metalmeccanici. Una presa di posizione forte che segue la protesta dei pensionati e dei lavoratori pubblici, e che è diretta verso le politiche del governo. Stanco di parole, non amichevoli e vuote, il sindacato cerca una risposta. Iniziative da rispettare, per la generosità che manifestano, anche se difficilmente potranno rimuovere l’inerzia (colpevole) del governo. È difficile infatti che arrivino davvero quelle scelte che da tempo il sindacato sta chiedendo invano. Ma fa bene ad andare avanti per questa strada, perché il silenzio a volte diventa colpevole.
Bene dunque, anche se al sindacato queste scelte comporteranno forse delle incomprensioni con gli unici alleati che può sperare oggi di avere accanto, gli industriali. Lo sciopero non è mai accettato in quanto tale dagli imprenditori e infatti i vertici di Federmeccanica hanno accolto “molto male”, parole loro, la notizia del ritorno dello sciopero, arma a loro avviso spuntata e troppo vecchia. Forse non hanno tutti i torti, ma è un dato di fatto che i sindacati non hanno molti altri strumenti a disposizione. Potevano preferire una manifestazione, magari di sabato, al posto di uno sciopero, che costa e molto alle aziende e ai lavoratori (più a questi ultimi peraltro). Ma la sostanza non sarebbe cambiata molto, se deve essere protesta, il sindacato di solito protesta con uno sciopero.
Il punto è che stavolta la situazione è un po’ più complicata. A causa dei particolari rapporti che esistono tra il mondo del lavoro, specie quello operaio, e i partiti che formano la maggioranza di governo. È noto infatti che i lavoratori, e in particolare gli operai, votano largamente quei partiti che pure non amano il sindacato. Ma per lo più si tende a distinguere le situazioni. I lavoratori si tengono in tasca la tessera del sindacato, che li protegge nei momenti di difficoltà, ma votano poi per chi gli pare quando devono eleggere il Parlamento o il sindaco. Una realtà antica, perché i primi voti operai che lasciarono la sinistra andarono a premiare Berlusconi, appena arrivato sulla scena politica con Forza Italia. L’emorragia poi è continuata, anzi sembra che ultimamente si sia accentuata, gli analisti parlano di un ulteriore massiccio trasferimento del voto operaio verso la Lega di Matteo Salvini in occasione della elezione del Parlamento europeo.
Dico tutto questo perché l’atto che stanno facendo i sindacati con i loro scioperi o le loro manifestazioni è tutto politico. Non chiedono un aumento salariale, o una riduzione del tempo di lavoro, o una partecipazione alla gestione delle aziende. Chiedono un’altra politica economica, una vera politica industriale, insomma vogliono un cambiamento di rotta rispetto alle decisioni di governo di quest’ultimo anno che ci stanno trascinando nel vortice di una procedura di infrazione alle regole della Ue.
Potrebbe accadere che i lavoratori non seguano le indicazioni del sindacato, potrebbero non scioperare, magari anche rimettere in discussione l’adesione al sindacato. È un timore remoto, non fosse che perché il sindacato ha mostrato una tenuta a fronte di avvenimenti anche molto forti. C’è un motivo se i grandi partiti sono tutti finiti mentre il sindacato c’è ancora, è lì e protesta come una volta. E poi gli operai per primi stanno pagando, molto duramente, le scelte del governo. Gli ultimi casi, dalla Whirlpool a quello, plateale, dell’Ilva, non passano inosservati, e costano lacrime e sacrifici ai lavoratori. Ed è sempre più difficile per i partiti di governo nascondere le conseguenze nefaste dei loro comportamenti sbagliati.
Ma, al di là di tutto ciò, è importante che il sindacato abbia piena coscienza di cosa sta facendo e prenda oculatamente le decisioni che gli competono. Non può certo, e non deve, rinunciare alle proprie bandiere, ai suoi ideali, agli obiettivi di sempre. Ma non deve dimenticare mai che sta combattendo una battaglia politica, che si deve fare, come dicono nel sindacato, senza se e senza ma e che va portata fino in fondo. I grandi leader del passato non avrebbero esitato un attimo a schierarsi. Quelli di adesso non devono essere da meno.
Massimo Mascini
Per i nostri lettori pubblichiamo qui di seguito una scelta delle notizie e degli interventi più significativi apparsi nel corso della settimana su ildiariodellavoro.it (Vai al sito per leggere il giornale completo, aggiornato quotidianamente dalla nostra redazione).
Contrattazione
Nella grande distribuzione i sindacati di categoria Filcams-Cgil, Fisascat-Cisl e Uiltucs hanno firmato con Carrefour l’intesa per scongiurare la procedura di licenziamento collettivo avviato dall’azienda per 580 lavoratori.
Interviste
Emanuele Ghiani ha intervistato Laura Di Raimondo, direttore di Asstel, a proposito dell’emendamento, previsto nel dl crescita, che consente alle aziende oltre i mille dipendenti e impegnate nelle trasformazioni tecnologiche, di assumere e formare personale grazie al contratto di espansione, usando anche i prepensionamenti con uno scivolo di 7 anni.
La nota
In occasione della presentazione della 150esima indagine congiunturale di Federmeccanica, Massimo Mascini registra lo scontento dell’associazione nei confronti dell’esecutivo. Nel mirino delle critiche degli industriali, però, ci sono anche i sindacati, accusati di fare ricorso a un arma vecchia e spuntata come lo sciopero. Sempre riguardo a Federmeccanica, Fernando Liuzzi analizza i contenuti dell’indagine stessa, dove emergono molte ombre e un paio di pallide luci: la cantieristica e le esportazioni, in crescita soprattutto nell’area europea, Regno Unito compreso.
Ancora Fernando Liuzzi spiega i motivi della mancata fusione tra Fca e Renault. Quella che poteva essere una buona idea da un punto di vista industriale non si è realizzata a causa di resistenze politiche e asimmetrie di vario genere, ma soprattutto a causa dell’incapacità di rispondere, in modo soddisfacente per tutti, alla solita domanda: “Chi comanda qui?”
Giuliano Cazzola ricorda Pierre Carniti nel primo anniversario della scomparsa, prendendo spunto dalla presentazione di un libro inedito dello storico leader della Cisl, “Passato Prossimo: Memorie di un sindacalista d’assalto”. Un racconto di prima mano nel quale è tratteggiata la storia politica e sindacale di un periodo cruciale del paese, dal 1973 al 1985.
Tommaso Nutarelli fa il punto sulla conferenza stampa del Presidente del Consiglio Giuseppe Conte, nella quale ha annunciato la “fase due” dell’esecutivo. Sempre Nutarelli fa una mappatura delle principali vertenze e crisi industriali aperte al Mise, nelle quali sono coinvolti più di 200mila lavoratori.
L’ex segretario generale della Cgil, Guglielmo Epifani, era presente alla riunione del 4 giugno al Mise sulla crisi Whirlpool, e ne racconta i retroscena in una intervista al giornale online Open, di cui proponiamo un estratto. Epifani valuta la vertenza tra governo e azienda con l’esperienza del sindacalista di lungo corso, ed esprime di conseguenza tutti i suoi dubbi su come la vicenda è gestita dal ministro Di Maio.
Il guardiano del faro
Marco Cianca, citando Shakespeare, spiega che ci dobbiamo ormai preparare al peggio. Per Cianca l’attuale situazione politico-sociale non lascia presagire nulla di buono all’orizzonte per il nostro paese.
I blog del Diario
Alessandra Servidori fa il punto sulle differenze di genere nel mercato del lavoro italiano. Il nostro paese, spiega, presenta tra i più alti livelli sia di gender employment gap, ossia di distanza tra percentuali di uomini occupati e donne occupate, che di disoccupazione femminile. E peggio di noi fa solo Malta.
Msssimo Fiaschi spiega come un emendamento annunciato più volte, e adesso prossimo alla presentazione nel Decreto Crescita, prevede che dal primo gennaio 2020 anche i comunicatori professionali, sia in ambito privato che pubblico, siano iscritti all’Istituto di previdenza dei giornalisti invece che all’Inps. Per Fiaschi si tratterebbe di una norma “salva Inpgi”, in quanto l’Istituto registra entrate sempre più esigue.
Tommaso Nutarelli analizza l’attuale situazione italiana, partendo dall’economia praticamente immobile e dal faro puntato della Commissione Ue sui conti pubblici. In sostanza, l’Italia arranca, mentre la maggioranza di governo, a un anno dal suo insediamento, sembra incapace di dare una direzione al paese per condurlo fuori dal pantano.
Diario della crisi
ArcelorMittal ha annunciato la cassa integrazione per 1.400 dello stabilimento ex Ilva di Taranto. La misura, spiega l’azienda, sarà temporanea, solo per 13 settimane, ed è stata adottata a causa del rallentamento del mercato dell’acciaio.
Documentazione
Questa settimana è possibile consultare i dati Istat su occupati e disoccupati e la nota mensile sull’andamento dell’economia italiana. Inoltre è presente la Congiuntura Flash di Confindustria , il testo della relazione del presidente di Confcommercio, Carlo Sangalli, all’Assemblea annuale e la relazione della Commissione europea sul debito dell’Italia.