Il Jobs Act è dunque passato al Senato. Non è stato facile, ma alla fine Matteo Renzi ha portato a casa il risultato senza gravi danni. La partita adesso si trasferisce alla Camera dei deputati. I dissidenti contano molto su Cesare Damiano, che, in quanto presidente della commissione Lavoro, potrebbe portare avanti con qualche forza la battaglia avviata in Senato. In realtà la situazione è molto più facile per il governo alla Camera di quanto non sia stato a Palazzo Madama, perché la maggioranza è qui molto più ampia.
Resta però il problema politico, perché è evidente che non è facile gestire un partito con una divisione netta e profonda tra due anime che sembrano allontanarsi invece che ravvicinarsi con il passare del tempo. Il premier ha fatto poco finora per recuperare questa frattura, per la verità l’ha determinata con una politica molto dura verso le divergenze. Adesso forse, raggiunto o quasi l’obiettivo di questa riforma, la più importante a suo avviso, potrebbe allentare le briglie e far correre il cavallo. Molto si capirà dal modo in cui sarà gestito il caso dei tre senatori che non hanno votato la fiducia: se si userà la mano pesante, e forse sarebbe questo anche il caso delle sanzioni senza arrivare all’espulsione, sarà evidente la volontà di chiudere la partita combattendo fino in fondo la dissidenza. Se si arriverà invece a una soluzione più morbida sarà evidente il desiderio di non rompere e cercare invece un modus vivendi che assicuri l’obiettivo delle riforme concedendo qualcosa più dell’onore delle armi a chi sulle singole riforme la pensa in maniera difforme.
La partita comunque, oltre che sul piano parlamentare, si gioca adesso anche sulle piazze, perché sta diventando importante la manifestazione che la Cgil sta preparando per sabato 25 ottobre a Roma. La confederazione si sta impegnando al massimo e sembra che stia riscuotendo una risposta sempre più forte dalla sua base, come del resto è facile capire dalle proteste degli studenti in tante piazza d’Italia. Non si ripeteranno certo i tre milioni al Circo Massimo di Sergio Cofferati, ma l’impegno potrebbe essere anche molto forte e se questo dovesse accedere, se questa prova di forza riuscisse, ciò potrebbe influire notevolmente sull’esito di tutta la partita. Non sarà determinante la presenza o meno al corteo di Bersani o di altri leader della minoranza, quanto il numero di cittadini che si schiererà con la Cgil. Non è un caso, del resto, che Renzi abbia dato appuntamento ai sindacati per un prossimo incontro di vertice proprio all’indomani della manifestazione. E’ evidente che vuole prima vedere quale sarà la risposta del mondo del lavoro e poi decidere l’atteggiamento da tenere verso le confederazioni. Il primo incontro lunedì scorso è stato in pratica un nulla di fatto, nessuno è andato al di là delle posizioni già note. La partita vera si giocherà dopo il 25.
C’è da sottolineare però che con il voto del Senato forse Renzi ha acquistato qualcosa di importante sul piano della partita europea, perché l’apertura della Merkel, che ha fatto capire di esser pronta a un ammorbidimento delle regole sul rispetto del rapporto deficit/pil, è sicuramente un fatto di grande rilievo, che può consentire al nostro paese un margine di manovra in più, utile per tentare di smuovere l’economia facendola venir fuori dalle secche della recessione nella quale è precipitata. E’ presto per fare dei calcoli, ma sicuramente un movimento c’è stato e a nostro favore.
Resta tutto da verificare invece l’impatto della riforma sulla realtà dell’economia e soprattutto dell’occupazione. Da questo punto di vista non c’è molto da sperare, perché è evidente che abolire o anche solo ammorbidire l’efficacia dell’articolo 18, come in effetti sembra faranno i decreti delegati, non significherà dare via libera né a un’ondata di licenziamenti, né di nuove assunzioni. Queste ultime potrebbero venire da una ripresa degli investimenti internazionali, ma è difficile che solo perché in parte è caduto lo spettro della reintegra per i licenziamenti economici adesso gli investitori esteri si precipiteranno nel nostro paese. Purtroppo gli ostacoli all’arrivo dei capitali esteri sono tanti altri e non risulta che sia stato fatto molto per eliminarli. Le infrastrutture restano povere, la burocrazia è sempre troppo lenta, la criminalità organizzata è sempre letale, il costo dell’energia e quello della tassazione sono sempre troppo alti. C’è da fare ben altro prima di sperare che davvero la massa dei capitali senza patria arrivi a casa nostra, almeno in maniera massiccia. Il che non significa che non sia stato positivo modernizzare alcune delle norme che regolano il mercato del lavoro.
La realtà però è quella dell’acciaieria di Terni, un impianto produttivo moderno ed efficiente, che non trova pace da qualche anno e rischia adesso di mandare a casa centinaia di lavoratori. Il governo e i sindacati si sono spesi per cercare di trovare un accordo con gli emissari della TyssenKrupp, ma, almeno per il momento, non c’è stato nulla da fare. Le speranze di trovare alla fine un accordo non sono cadute, si continua a lavorare, ma non sembra che l’azienda sia per il momento disponibile.
Contrattazione
Non sono stati sufficienti i tre incontri di questa settimana per trovare un accordo, fra azienda e sindacati, sulla vertenza Acciai Speciali di Terni. Fallita la proposta di mediazione del governo, infatti, la multinazionale tedesca ha comunque deciso di procedere con la mobilità dei 550 lavoratori, disdettando tutti gli accordi aziendali di secondo livello. Sulla vicenda si è esposto anche il premier Matteo Renzi, esprimendo preoccupazione ma ricordando che ci sono ancora tre mesi di tempo per la discussione. Un altro stallo si è registrato sul fronte dei call center, con la trattativa della Accenture di Palermo arenatasi davanti all’immutabilità del piano aziendale, che prevede: il passaggio del 70% dei lavoratori a Bt e del 30% ad Accenture; la riduzione del 12% dello stipendio; e la stipula, per tutti i dipendenti, di un accordo transattivo tombale con cui rinuncerebbero ai diritti maturati in passato. Da rilevare invece un passo in avanti, anche se non risolutivo, nella trattativa fra aziende e sindacati del settore bancario. È stato infatti sottoscritto l’accordo per la tabellizzazione dell’elemento distinto della retribuzione, attivo a partire dal 1° gennaio 2015, che sarà erogato anche in caso di disdetta del contratto nazionale. Alitalia ha infine avviato la procedura per la seconda fase di messa in mobilità, la quale riguarderà 1.244 dipendenti.
Interviste
Il Diario del Lavoro pubblica un’intervista di Fabiana Palombo al segretario nazionale della Fim Cisl, Marco Bentivogli, in merito alla trattativa Acciai Speciali di Terni. Giudizi duri sull’atteggiamento antagonista dell’ad di Ast nei confronti del sindacato. Per questo Bentivogli auspica che sia l’ad di Thyssenkrupp a portare avanti gli ultimi 75 giorni di trattativa e invoca il governo affinché faccia quanta pressione sia possibile sulla multinazionale tedesca.
Opinioni
Prendendo spunto dalle vicende politiche di questa settimana, Roberto Polillo ha realizzato un’interessante analisi della composizione sociale degli elettori del nostro paese, divisi tra un 40% che “esprime preferenza per la strana maggioranza sinistra/destra che sostiene Renzi” e un 60% “impossibilitato a riporre la ben che minima fiducia nei politici tradizionali, data la sovrapponibilità degli stili di vita tra esponenti di centrodestra e centrosinistra”.
Documentazione
Sul Diario del lavoro è possibile leggere il testo dei due documenti relativi al vertice romano dei leader sindacali europei: l’intervento di Susanna Camusso e la ‘Dichiarazione di Roma’, adottata al termine dell’incontro. Il giornale rende inoltre disponibile l’accesso al testo del maxiemendamento del governo al Jobs Act, sul quale il Senato ha votato la fiducia, e a quello della stessa legge delega n. 1428. A proposito di Jobs Act, su Il diario del lavoro è anche disponibile un rapporto della Uil che analizza l’impatto che la riforma degli ammortizzatori sociali avrebbe sul tasso di disoccupazione del paese. Infine è disponibile il verbale dell’accordo sulla cassa integrazione dello stabilimento Fiat di Mirafiori e il bollettino mensile di ottobre della Bce sui tassi di disoccupazione in Europa.