Ci sono tre vettori incontrovertibili che orientano il dibattito sull’emergenza climatica: 1) l’aumento delle temperature è legato all’aumento delle concentrazioni di emissioni di gas serra nell’atmosfera; 2) questo aumento è causato principalmente dall’attività umana; 3) le condizioni di gas serra nell’atmosfera hanno raggiunto livelli elevati, tali da rendere facile un aumento delle temperature medie di oltre due gradi centigradi entro la fine del secolo. La convergenza di questi tre vettori sfocia in una risultate di enorme gravità e richiama globalmente tutti – governi, imprese, cittadini – a un’unica grande responsabilità: agire verso l’obiettivo Net Zero entro il 2050, ossia portare a zero i livelli di emissione di gas serra nell’atmosfera per impedire l’aumento delle temperature oltre i 1,5 gradi centigradi. Pena: il progredire verso l’estinzione dell’umanità. Una sorta di memento dai toni allarmanti che attraversa l’intera trattazione di Net Zero (edizioni Il Mulino), l’ultimo saggio di Lorenzo Forni, docente di economia politica presso l’Università di Padova e segretario generale di Prometeia Associazione, che affronta il primo livello, e forse il più difficile, della lotta ai cambiamenti climatici: fare chiarezza. Il libro, come l’autore stesso tiene a precisare, «si concentra su quello che possiamo fare, su come farlo e su come rimuovere gli ostacoli che si frappongono tra obiettivi ambiziosi e azioni concrete» per evitare le estreme derive dell’emergenza climatica, offrendo un quadro chiaro e sintetico di quello che è e quello che potrebbe essere, allo stato attuale delle cose e delle potenzialità in essere, il progredire verso la meta del 2050 fissata dal Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico delle Nazioni Unite (IPCC, Intergovernmental Panel on Climate Change).
Un tema delicato e frastagliato, che intreccia problemi di natura ambientale, sociale, economica e politica, nonché scientifica e tecnologica, che per questo richiede una postura discorsiva molto concreta pienamente centrata da Forni, che individua fin dal prologo i punti fermi da portare avanti e progressivamente approfondire, svelando al lettore la sottile interconnessione tra concetti che presi singolarmente deprezzerebbero la portata del discorso.
L’obiettivo Net Zero al 2050 è la vetta verso cui protendere gli sforzi collettivi. Questa immagine non è casuale, perché l’autore utilizza proprio la metafora della montagna da scalare per figurare la portata dell’impresa, definita «di dimensioni colossali»: la tecnologia ha fatto enormi passi avanti, ma non la stiamo fruttando al meglio; la politica fatica a imporre costi a cittadini e imprese, nonché a individuare una strategia di politiche pubbliche efficaci; inoltre, non c’è consenso su quali siano le più efficaci proprio tra queste politiche.
Sebbene sia chiaro che l’attuale sistema capitalistico, portato all’acme della sua espansione, stia danneggiando e riducendo lo stock di capitale naturale e la biodiversità presenti sul pianeta, che bisogni invertire questa erosione e trovare una crescita economica sostenibile non lo è altrettanto. Da più parti è stata invocata la strategia della decrescita per fermare lo squilibrio, ma è evidente che non sia la soluzione più efficace, «poiché implicherebbe imporre un limite ai consumi e comunque continuerebbe a utilizzare le tecnologie attuali che non sono sostenibili per l’ambiente». Si tratta, piuttosto, «di invertire la rotta sviluppando nuove tecnologie, ma soprattutto espandere e migliorare le esistenti per sostituire processi produttivi attuali […] di produrre senza danneggiare il capitale naturale». Questo richiede investimenti in ricerca e sviluppo e in infrastrutture volti ad adottare il principio di precauzione: se attraverso queste azioni riuscissimo a raggiungere il Net Zero prima del 2050, avremmo superato gli obiettivi e presumibilmente ci ritroveremo con aumenti delle temperature contenuti; se invece l’obiettivo venisse mancato, gli aumenti delle temperature sarebbero elevati e porterebbero con sé conseguenze devastanti. I principi di precauzione e della gestione del rischio dovrebbero quindi essere alla base delle strategie governative globali ed è proprio qui che risiede la chiave di volta per superare gli ostacoli, nel formulare e applicare azioni incisive delle politiche pubbliche.
Al netto delle buone intenzioni, pero, i governi non paiono seguire questi principi per via delle molte le varianti che incidono sulla timidezza nell’intraprenderli, tra cui l’alto grado di incertezza sui risultati, la ritrosia della finanza pubblica e privata nell’investire nello sviluppo di nuove tecnologie e infrastrutture e implementazione di quelle già esistenti. In questo modo, «l’esigenza di ridurre le emissioni sembra relegata in un futuro da individuare». I governi hanno di certo fatto molti passi avanti, ad esempio attraverso gli impegni contenuti nell’Accordo di Parigi del 2015, nei rispettivi National Determined Contributions (NDC) – documenti programmatici in cui indicano come intendono rispettare l’accordo -, il vincolo della European Climate Law del 29 luglio 2021, l’Infaltion Reduction Act degli Stati Uniti, ma tutto parrebbe comunque insufficiente in vista della soglia del 2050 se non si aumenta l’impegno di ogni singolo paese.
La nostra società deve arrivare al Net Zero se vuole sopravvivere. Anche se già solo gli attuali livelli di concentrazione di gas serra nell’atmosfera permarranno per secoli e nel breve termine non si godranno gli effetti del contenimento delle emissioni, occorre agire in fretta per non compromettere quella che sarà la vita delle generazioni future. Ma, per l’appunto, individui e imprese «non hanno incentivi a ridurre le emissioni perché non ne traggono alcun beneficio diretto, e anzi devono affrontare i costi per ridurle». In questi casi prevale l’atteggiamento del free riding, cioè quando si lascia agli altri l’onore di agire e ridurre le emissioni, così ottenendo i benefici dalla loro riduzione, senza però dover cambiare le proprie abitudini o dover sostenere i costi. In questo modo, senza un atteggiamento realmente cooperativo in cui ognuno si assume la propria parte di responsabilità, non sarà possibile raggiungere alcun risultato in termini di azzeramento, o quantomeno di contenimento, delle emissioni. Oltre al problema del free riding, infatti, c’è anche la difficoltà di raggiungere accordi collaborativi a livello internazionale, soprattutto senza il consenso dei grandi paesi emergenti come Cina e India, che insieme a Russia e Stati Uniti sono responsabili di circa il 50% delle emissioni totali: «Dal momento che in questa fase storica ci si trova con due schieramenti, Europa e USA da un lato, Cina e Russia dall’altro – l’India che mantiene un atteggiamento ambivalente – che fanno fatica a sedersi al tavolo con un atteggiamento cooperativo, pare difficile poter arrivare al Net Zero in tempo utile», senza contare che i due colossi asiatici, nei rispettivi NDC, agiscono il principio delle “responsabilità comuni ma differenziate” e delle “diverse capacità economiche”, che significa evitare di limitare eccessivamente le proprie possibilità di crescita per affrontare un problema di cui non sono gli unici responsabili.
Il problema, quindi, «è che ancora manca la determinazione politica per mettere in atto quelle misure e quelle azioni che incidano in modo significativo» verso l’orizzonte del Net Zero 2050. Tra le priorità: crescita delle rinnovabili, approvazione di una Climate Law condivisa, estensione della carbon tax in modo generalizzato e strutturale, investire nel risparmio energetico. Decisioni che dipendono certo dai policy maker, ma è altrettanto vero che il loro atteggiamento è determinato dalla volontà degli elettori che, a loro volta, devono avere chiara la comprensione dei problemi per poter imporre la propria volontà: «Serve l’azione collettiva, cioè misure governative che vengano dal centro e che indirizzino le azioni di tutti verso l’obiettivo Net Zero. Ma perché queste azioni vengano messe in atto, bisogna che gli elettori votino politici e politiche verdi, cioè coerenti con l’obiettivo Net Zero per il 2050». Un contesto che ha in potenza non solo lo sviluppo di nuovi settori produttivi, sfida già intrapresa (paradossalmente) dalla Cina che sta espandendo il proprio vantaggio competitivo nell’industria delle rinnovabili, ma anche di nuove professionalità lavorative nell’ambito delle questioni climatiche.
Net Zero è, in ultimo, il vademecum per i cittadini che sentano finalmente l’esigenza di aprire gli occhi su un mondo in fiamme, capirne le motivazioni sottese e indagarne le pieghe più sottili; un’atto di (co)scienza – politica, economica, sociale, ambientale – che arriva sempre troppo tardi rispetto ai livelli cui ci troviamo immersi, ma che tuttavia è utile interiorizzare perché non è troppo tardi. Ma ancora per poco.
Elettra Raffaela Melucci
Titolo: Net Zero
Autore: Lorenzo Forni
Editore: Il Mulino – Collana Voci
Anno di pubblicazione: 2023
Pagine: 176 pp.
ISBN: 978-88-15-38621-2
Prezzo: 14,00€