Nel luna park della politica la dote che ogni partito e coalizione rivendicano come propria è quella della coesione. La destra promette, al più presto, un governo coeso per rispondere ai bisogni degli italiani, e accusa il PD e il resto delle opposizioni di essere sfaldati. Al contrario, gli schieramenti della minoranza rivendicano un’opposizione dura e coesa, e rinfacciano alla destra di essere un’ammucchiata mal assortita, piuttosto che una coalizione ben amalgamata.
Di certo la diciannovesima legislatura non è partita con il piede giusto, se come chiave di lettura si vuole appunto usare quella della coesione. Berlusconi che manda a quel paese il futuro presidente del Senato. I pizzini del Cavaliere che definisco arrogante, supponente e intrattabile Giorgia Meloni che risponde per le rime definendosi non ricattabile. Poi il toto ministri, con il leader di Forza Italia a blindare Casellati alla Giustizia, salvo poi essere smentito da una nota di Fratelli d’Italia. E ancora Ronzulli sì, Ronzulli no. Dall’altra parte della barricata le cose non vanno meglio. Le accuse reciproche tra il PD e Renzi per l’elezione di La Russa, eletto soprattutto grazie ai voti dell’opposizione.
Alla fine poi tutte queste crepature dovranno trovare una sintesi. Per il PD questo è motivo di sopravvivenza, se non vuole vedersi rubare la scena dal Movimento 5 Stelle e se vuole arrivare al congresso con un’anima, dei valori e delle idee dalle quali ripartire, o presentarsi come un vuoto contenitore. Per il neonato Terzo Polo senza un minimo di coesione e unità non sembra esserci futuro. La destra non si farà certo sfuggire l’occasione di governare e di spartirsi i ministeri, perché il potere logora chi ce l’ha ma molto di più chi non ce l’ha, anche se è probabile che vedremo altre foto tirate, come quelle tra Meloni e Berlusconi.
Ma forse la vera coesione, quella che poggia su un’idea condivisa di paese, su valori comuni, nel rispetto delle diverse sensibilità politiche, quella coesione che non alimenta gli strappi già presenti e profondi nel tessuto sociale ma che tenta di ricucirli, ecco proprio questa coesione è una dote che il luna park della nostra politica, al momento, non sembra essere in grado di esprimere.
Un’ultima riflessione. La presenza e la richiesta di rimozione delle foto di Mussolini nei vari dicasteri che ha ricoperto durante il suo democratico governo è stata la benzina per nuove polemiche. Il nostalgico presidente del Senato ha parlato di un’operazione in stile cancel culture. Altre voci hanno sostenuto che seguendo questa logica allora bisognerebbe sbarazzarsi anche del lascito artistico di Marcello Piacentini. In Germania nessuno ha mai proposto la distruzione dell’intera Königsplatz di Monaco, usata da Hitler per le sue parate o per ospitare uno dei roghi dei libri più tristemente famosi. Nessuno ha mai proposto di distruggere il Führerbau, il Palazzo del Führer, o la Hofbräuhaus, la più antica birreria di Monaco e luogo di ritrovo del partito nazionalsocialista. Così come nessuno ha mai pensato di radere al suolo i campi di sterminio nazista. Ma sono convinto che nessuno ha mai pensato di tenere la foto di Hitler all’interno Bundestag, sede del parlamento federale.
La vera cancel culture è quella espressa dalla terza carica dello stato, il presidente della Camera Luciano Fontana che non solo nega le coppie omosessuali, che sono un elemento della nostra società, ma li definisce schifezza da buttar via.