L’azienda contesta al lavoratore di aver simulato un infortunio sul lavoro che gli sarebbe occorso e che gli aveva cagionato un trauma alla caviglia sinistra. L’azienda in particolare gli ha contestato di aver ostacolato la sua guarigione a causa dei comportamenti posti in essere durante la malattia, essendo risultato che egli, in questo periodo, aveva tenuto dei comportamenti che avevano ostacolato o, comunque, ritardato la guarigione in violazione dei suoi doveri di correttezza, diligenza e buona fede. In particolare l’azienda ha individuato questi comportamenti lesivi nel fatto che il lavoratore aveva tenuto una protratta stazione eretta, di essersi posto alla guida di auto, scooter e moto, di aver provveduto allo scarico e al carico di scatolone, di essersi dedicato allo spazzamento del marciapiede antistante l’esercizio commerciale intestato ai suoi familiari, di aver eseguito ripetuti spostamenti a piedi, di aver provveduto al montaggio, con l’aiuto di altri, di un portabagagli sulla propria vettura, di aver curato il carico e lo scarico di materiale edile. Tutti questi comportamenti sono stati contestati al lavoratore sulla base dei risultati acquisiti attraverso un’attività di investigazione privata che il datore di lavoro aveva provveduto a fare eseguire in un arco temporale significativo.
Il tribunale ha dichiarato l’illegittimità del licenziamento e ha ordinato la reintegrazione nel posto di lavoro ma la Corte di Appello di Catania ha riformato integralmente la sentenza dichiarando il licenziamento fondato e legittimo.
Il lavoratore ha proposto ricorso in Cassazione, che è stato respinto.
La Cassazione, nel decidere la controversia, si è richiamata alla sua precedente giurisprudenza in materia affermando che “è noto che lo svolgimento di altra attività lavorativa da parte del dipendente, durante lo stato di malattia, configuri violazione degli specifici obblighi contrattuali di diligenza e fedeltà nonché dei doveri generali di correttezza e buona fede, oltre che nell’ipotesi in cui tale attività esterna sia, di per sé, sufficiente a far presumere l’inesistenza della malattia, anche nel caso in cui la stessa, valutata con giudizio ex ante in relazione alla natura della patologia e delle mansioni svolte, possa pregiudicare o ritardare la guarigione o il rientro in servizio “.
Per la Cassazione, il lavoratore in malattia ha l’obbligo di osservare tutte le cautele “comprese quelle terapeutiche e di riposo prescritte dal medico, atte a non pregiudicare il recupero delle energie lavorative temporaneamente minate dall’infermità, affinché vengano ristabilite le condizioni di salute idonee per adempiere la prestazione principale cui si è obbligati, sia che si intenda tale dovere quale riflesso preparatorio e strumentale dello specifico obbligo di diligenza, sia che lo si collochi nell’ambito dei più generali doveri di protezione scaturenti dalle clausole di correttezza e buona fede in executivis, evitando comportamenti che mettano in pericolo l’adempimento dell’obbligazione principale del lavoratore per la possibile o probabile protrazione dello stato di malattia”. Cass. civ, sez. lav., ordinanza 12 maggio 2023, n. 12994.
Il ricorso è stato rigettato perché la Corte di Appello di Catania, per la Cassazione, ha argomentato la sua decisione in modo pertinente e adeguato, senza incorrere in vizi.
Biagio Cartillone