A Giorgio Napolitano piaceva molto Ferrara. E ci veniva con la moglie Clio anche prima di diventare Presidente della Repubblica. Tanto che la signora Napolitano un giorno mi disse: “Mi ci ha portato persino per le vacanze di Natale un anno che dalla nebbia non si vedevano neppure le torri del Castello a camminarci sotto”. Veniva a visitare le mostre al Palazzo dei Diamanti e a sentire i concerti di Abbado al Teatro Comunale. Ha continuato a venire da Presidente e io l’ho ricevuto un paio di volte da sindaco. Sempre disponibile e confidenziale, desideroso di confrontarsi, di sentire il tuo parere e sempre altrettanto autorevole nelle risposte che ti dava.
Una volta venne a Ferrara in treno, un vecchio “Settebello” riservato per il viaggio. Io andai in stazione ad aspettarlo sul primo binario. Avevano steso un tappeto rosso largo un metro che arrivava alla fine del marciapiede e io mi chiedevo come avrebbe fatto il treno a fermarsi al posto giusto. Domanda inutile: un ferroviere col telefonino acceso è comparso sul marciapiede e ha iniziato a parlare col conducente del treno: “Dove siete? Sì, al primo binario, ti dico io… tu quando sei a Coronella comincia a rallentare. In che carrozza è il Presidente? Alla terza, ok. Porta anteriore? Bene, ti dico io quando fermare”. Dopo di che abbiamo iniziato tutti a guardare il treno che arrivava con i suoi vecchi colori verde e bianco e la cabina panoramica in testa. Il ferroviere (che in realtà era il Capostazione) ha continuato a parlare col conduttore fino a dirgli: “Rallenta ancora, ecco stai arrivando, prosegui a passo d’uomo per un centinaio di metri. Dài, ci sei quasi, inizia a frenare, frena, frena… alt!” Il treno si è fermato in corrispondenza del tappeto rosso, la porta si è aperta, il presidente è sceso per primo, dopo di lui la signora Clio.
Io ero lì con tanto di fascia tricolore, assieme a mia moglie Eileen, al Presidente della Provincia Giorgio Dall’Acqua e alle altre autorità cittadine. “Benvenuto a Ferrara, Presidente. Che piacere rivederti, caro Giorgio… Cara Clio, tutto bene il viaggio?” “Ma, insomma… Giorgio non ha fatto altro che parlare al telefono da quando siamo partiti”. Tutti abbiamo riso. Appena a terra Napolitano mi guarda e mi fa: “Come sta Sergio”? Io penso che parli di Cofferati, sindaco di Bologna, e sto per rispondere quando lui aggiunge: “Certo è incredibile, non passa settimana senza che scriva cose precise e intelligenti sul Corriere…” E da quella frase capisco che sta parlando di Sergio Romano, mio suocero. Allora aggiungo una risposta del tipo: “Inizia a scrivere alle 7 del mattino, tutti i giorni, fino a sera…” Ci avviamo, noi davanti, la signora Clio e Eileen dietro, che sento stanno parlando di libri. Perché Eileen ogni tanto le manda dei libri e lei risponde poco dopo per ringraziare e dire che ne pensa.
Poi la giornata si svolge tra un incontro e l’altro: la visita in Comune e in Castello, sede della Provincia, con le sue sale affrescate. A proposito del Castello, mi viene in mente che c’era stato un malinteso con il Protocollo del Quirinale (non il primo). Nel foglio che regolava la visita c’era scritto testualmente: “Per salire al piano affrescato del Castello il sindaco e il Presidente prendono l’ascensore, le persone del seguito procedono lungo le scale”. Io gli ho fatto telefonare dicendo che sarei andato al piano affrescato solo dopo che la Signora Napolitano e mia moglie fossero salite con l’ascensore”. Abbiamo litigato un po’ poi hanno accettato la variante: gente strana quella del Protocollo… (Un’altra volta pretendevano che in Comune, il saluto di benvenuto al Presidente Ciampi lo desse il preside del Liceo Classico. Questa volta ho parlato direttamente al telefono con la responsabile del Protocollo dicendole che se volevano mandare il Presidente al Liceo Ariosto prima che in Comune non avevo niente in contrario, era anche il mio Liceo, ma se venivano in Comune il saluto lo davo io. Anche quella volta, dopo qualche insistenza, hanno ceduto.) Per chi non è avvezzo a questo genere di rapporti inter-istituzionali aggiungo che alla riunione del “Comitato per la sicurezza” in preparazione dell’arrivo di Napolitano, presenti dirigenti dei corazzieri alti 2 metri, mi hanno gentilmente detto che alla decisione di “dove collocare i cecchini” avrebbero provveduto loro (le forze di sicurezza), senza bisogno della mia presenza. Per mia fortuna.
Ma l’incontro con il Presidente (e del Presidente con i ferraresi) fu cordiale e piacevole, come sempre: confidenziale, mi verrebbe di dire. Non ricordo dove abbiamo pranzato e dove la coppia presidenziale abbia riposato dopo pranzo, forse in prefettura, lungo Corso Ercole d’Este (la Via più bella d’Europa, come mi aveva detto la Regina di Norvegia qualche mese prima).
Ricordo bene che il pomeriggio, mentre camminiamo sul marciapiede di Ercole d’Este per andare alla mostra che dovevamo inaugurare al Palazzo dei Diamanti, improvvisamente il Presidente si gira e mi chiede: “E Sergio, come sta? Ho sentito che non si vuole ricandidare”. A quel punto non c’erano dubbi, stava parlando davvero di Cofferati che aveva appena resa pubblica la sua intenzione di non fare più il sindaco a Bologna. Io rispondo, imbarazzato, in maniera generica: “Ma, sai, è complicato vivere lui a Bologna e la moglie col bambino piccolo a Genova. Penso che preferisca stare con la sua nuova famiglia”. Ma le domande di Napolitano, pur essendo gentili e apparentemente generiche, non consentivano risposte vaghe. Per cui mi ha guardato senza dire nulla, questa volta da vecchio comunista, facendomi capire che non l’avevo convinto. Così abbiamo proseguito in silenzio fino a una nuova domanda.
“Toglimi un dubbio, perché mi sento in parte responsabile: tu cosa ne pensi del divieto per un sindaco di fare più di due mandati?” Io questa volta ho deciso di essere esplicito. “Per quel che mi riguarda personalmente non posso che ringraziare chi ha introdotto quella norma: 10 anni sono tanti, essere ogni giorno il parafulmine di tutto quello che succede… Ma dal punto di vista oggettivo penso che la norma non abbia senso: se una città trova un sindaco che funziona non si vede perché lo debba obbligatoriamente cambiare”. “Già – mi ha risposto – forse abbiamo sbagliato a introdurre quel vincolo”.
Dopo la mostra siamo andati a Teatro a vedere Così fan tutte diretta da Claudio Abbado, bellissima. Alla fine ci avevano preparato una cena nel Ridotto e ci siamo trovati, su un tavolo rotondo, Eileen e Clio, Giorgio Napolitano, Claudio Abbado e io. È stata una cena molto piacevole e per nulla formale. Tutti eravamo contenti di aver visto quella bellissima opera. Io ho fatto notare che le protagoniste erano “due sorelle ferraresi”, chissà perché (che ne sapevano Mozart e Da Ponte delle ferraresi?). Napolitano era molto felice di essere ancora una volta con Abbado. E Abbado che il Presidente fosse venuto a sentirlo a Teatro. Poi il discorso ha girato su altre opere, fino a che è uscita Ugo e Parisina. Abbado si è girato verso di me e mi ha chiesto: “La conosci?” Io ho risposto di sì che l’avevo ascoltata un paio di volte perché è una vicenda ferrarese, e lui mi ha chiesto: “E com’è?” Io non ho saputo dire di meglio che “Melodica”, alla Donizetti. Per fortuna la discussione è finita lì.
Credo che dopo cena il Presidente Giorgio Napolitano e Donna Clio siano andati a dormire, ospiti del Prefetto, nel bel palazzo della prefettura. Ma sono sicuro che Clio Napolitano non avrebbe voluto essere chiamata “Donna Clio”.
Gaetano Sateriale