Proprio nel giorno in cui Jeff Bezos ha annunciato che il suo Washington Post ospiterà opinioni esclusivamente sui temi “del libero mercato e delle libertà personali” (qualunque cosa voglia dire), perdendo di conseguenza sia il capo del settore opinioni che un altro po’ di abbonamenti, la storica testata che fu del Watergate sforna una delle sue inchieste, dedicata, si potrebbe dire, proprio al concetto di libero mercato. E lo fa analizzando in dettaglio tutti i soldi pubblici coi quali Elon Musk ha dato origine, e ancora sostiene, il proprio impero. Una bella cifra: come minimo 38 miliardi, di cui due terzi negli ultimi cinque anni. Nel solo 2024, i “governi federali e locali hanno impegnato almeno 6,3 miliardi di dollari per le aziende di Musk, il totale più alto fino ad oggi”, scrive il Post, che ha consultato ogni genere di banca dati (e le elenca tutte in coda all’articolo) per mettere insieme la sua inchiesta.
Nell’incipit del pezzo, il quotidiano di Bezos ricorda (perfidamente) che Musk è stato ‘’assunto’’ dall’amministrazione Trump come capo del DOGE appunto per tagliare le spese superflue del governo. Eppure, osserva il Post, “Musk è uno dei maggiori beneficiari delle casse dei contribuenti”. Nel corso degli anni, “le sue aziende hanno ricevuto almeno 38 miliardi di dollari in contratti governativi, prestiti, sussidi e crediti d’imposta, spesso in momenti critici, contribuendo alla crescita che lo ha reso la persona più ricca del mondo”.
Le risorse di origine pubblica andate alle aziende di Musk e individuate dal Post iniziano più di vent’anni fa, quando l’imprenditore divenne CEO di una Tesla a corto di liquidita. Per rimediare alla crisi, nel 2008 ottenne un prestito a basso interesse dal Dipartimento dell’Energia. E proprio quel prestito, di 465 milioni di dollari, arrivato nel 2010, ha contribuito ad alimentare l’ascesa di Tesla: “con quei soldi, l’azienda ha progettato e assemblato la sua berlina elettrica di lusso – la Model S – e ha acquistato una fabbrica a Fremont, in California”. E ancora, nel 2014, “il Nevada ha promesso 1,3 miliardi di dollari a Tesla” per costruire una fabbrica. “Tesla è fiorita su un’ondata di aiuti di Stato. Dalla sua fondazione della Silicon Valley nel 2003, ha beneficiato di miliardi di sconti e crediti d’imposta dalla California. Il governatore dello stato, il Dem Gavin Newsom, ha affermato che senza quegli aiuti non ci sarebbe stata Tesla”, scrive il Post.
L’importo totale degli aiuti statali è probabilmente maggiore di quello individuato perché’, spiega il quotidiano, l’analisi “include solo contratti pubblicamente disponibili”, omettendo quelli “classificati come difesa e intelligence per il governo federale”. Il Post ha trovato quasi una dozzina di altre sovvenzioni locali, rimborsi e crediti d’imposta in cui la quantità specifica di denaro non è pubblica. E ancora: “altri 52 contratti in corso con sette agenzie governative, tra cui la NASA, il Dipartimento della Difesa e l’Amministrazione dei servizi generali, sono sulla buona strada per pagare potenzialmente alle aziende di Musk altri 11,8 miliardi di dollari nei prossimi anni”.
I contratti governativi a SpaceX dalla NASA e dal Dipartimento della Difesa costituiscono la maggior parte dei fondi. SpaceX, per dire, ha sviluppato satelliti spia per il National Reconnaissance Office, la divisione satellitare spia del Pentagono, e secondo il Wall Street Journal il contratto vale 1,8 miliardi di dollari. “La portavoce della NASA Cheryl Warner – riporta il WP- ha detto che l’agenzia ha investito più di 15 miliardi di dollari in SpaceX per il suo lavoro su numerosi programmi spaziali”. Il fatto e’ che la società “ha ricevuto centinaia di milioni di dollari prima ancora che Falcon 9 raggiungesse l’orbita. Inoltre, la NASA ha mantenuto il flusso di denaro anche se SpaceX ha ripetutamente mancato le scadenze, secondo un rapporto del 2011 del Government Accountability Office. Il denaro ha aiutato SpaceX ad aumentare le sue infrastrutture, permettendole di costruire e lanciare razzi per la NASA e altri clienti. Falcon 9 è diventato una chiave di volta nel business di SpaceX, con lanci in media ogni tre giorni di un mix di satelliti spia governativi, satelliti per concorrenti e piccoli satelliti per il servizio Internet Starlink, che ora rappresenta la parte del leone delle entrate di SpaceX, secondo gli analisti del settore”.
Il quotidiano non manca di sottolineare (altra sottile perfidia) la concorrenza nel settore spazio tra il suo editore e mister DOGE: “nel 2016, il successo di SpaceX nell’assicurarsi contratti federali ha spinto il rivale Jeff Bezos, fondatore di Blue Origin (e proprietario del Washington Post), a dire in una riunione aziendale: “Il vero superpotere di Elon sta nell’ottenere il denaro del governo”. È chissà se tutta l’inchiesta, alla fine, non nasca anche da questa rivalità. Anche se, conclude il WP citando il parere di alcuni analisti, nel corso del tempo SpaceX è diventato “meno dipendente dagli affari governativi, poiché gli abbonamenti per il suo servizio Internet Starlink sono esplosi. La banca d’investimento Morgan Stanley ha stimato in un rapporto di gennaio 2025 che SpaceX ha realizzato 9,3 miliardi di dollari da Starlink solo nel 2024”. La stessa Starlink potrebbe presto contare anche sui soldi del governo italiano, che recentemente ha dichiarato l’intenzione di ricorrere ai satelliti di Musk per garantire le comunicazioni della difesa.
Nunzia Penelope