Il diario del lavoro ha intervistato il segretario generale della Uilca, Fulvio Furlan, in merito alla recente interruzione delle trattative tra Mef e Unicredit relative alla potenziale acquisizione di Mps. Inoltre, Furlan ha sottolineato come il sindacato sia aperto a un dialogo con il Governo per una valutazione complessiva di merito sul futuro del settore.
Furlan, qual è la vostra posizione in merito alla fallita operazione di acquisizione del Mps?
Non abbiamo alcuna preclusione rispetto all’operazione in sé. Le nostre preoccupazioni, fin dal primo momento erano due: la prima era che questa aggregazione, come qualsiasi altra che dovesse esserci, avesse un progetto industriale di lungo periodo e si inserisse in una logica del credito in grado di sostenere lo sviluppo del Paese, anche per gestire al meglio le risorse del Pnrr.
La seconda preoccupazione?
Che questa operazione, avendo una prospettiva di medio lungo periodo, sapesse sì dare una logica industriale alla fusione, ma allo stesso tempo garantire l’unicità di Mps, il marchio, i livelli occupazionali, soprattutto in un contesto che vede gli enormi sacrifici fatti negli anni dai lavoratori in termini professionali, e spesso anche personali, per garantire una continuità all’azienda e una sua prospettiva di rilancio. Invece ci siamo trovati davanti a una esclusione dall’operazione di fusione di alcuni lavoratori, con conseguente grave incertezza sul loro futuro.
Come avete agito per arginare queste problematiche?
Come sindacati non siamo intervenuti nell’ambito della trattativa. In pratica abbiamo fatto delle valutazioni che non erano relative all’operazione in sé ma di sistema, di settore. Le nostre sono valutazioni su come si sarebbe potuta fare l’operazione, perché il “come” era dirimente. Va preso atto che l’operazione non è andata in porto, perché evidentemente le richieste dell’acquirente sono state non percorribili dal venditore. Comunque, quelle richieste non erano coerenti con la nostra visione ma non posso dire come sarebbe finita l’operazione, dato che non si è conclusa e quindi un giudizio non lo posso dare.
E adesso quali saranno i prossimi passi per il Mps?
Ora si apre un’altra fase. Per cui serve che sia data garanzia di continuità a Mps. Il Governo, ricordiamo azionista di maggioranza, dovrebbe mantenere la stabilità patrimoniale e parlare con l’Europa affinché si creino le condizioni per una proroga dei termini che ha stabilito la direzione generale della Concorrenza per la permanenza nel capitale di Mps. Sempre in quest’ambito, direi che sarebbe anche opportuno che questa proroga non rimettesse Mps nella condizione di doversi scegliere un acquirente e mettersi completamente nelle sue mani, senza poter determinare alcuni ambiti come appunto le condizioni di lavoro.
Un futuro quindi ancora da determinare, sia per Mps che per il settore.
Sicuramente resta il tema di quale settore del credito vogliamo costruire. Il fatto che l’operazione non sia andata in porto lascia aperta tutta una serie di scenari in cui noi crediamo che si debba guardare per favorire lo sviluppo del Paese. In questo senso non servono operazioni di mero profitto a breve termine o di sfruttamento dei crediti d’imposta ma servono progetti industriali. Crediamo che sia un problema in tal senso, che si deve porre anche la politica oltre che le parti sociali di settore, soprattutto se in quest’ottica una azienda appartiene allo Stato, anche se sembra che nello specifico Mps non possa appartenere allo Stato ma altre aziende si. Quindi serve una valutazione complessiva sulla situazione in tempi veloci, e ancora non è stata fatta, sia sotto il profilo economico che occupazionale.
Avete chiesto un confronto con il Mef per Mps, vi è stato accordato?
No, non ci è stato dato. Abbiamo chiesto il confronto con il Mef in quanto socio di maggioranza di Mps rispetto a una operazione specifica. Questo incontro con il sindacato era oltre che utile anche opportuno dato che le Organizzazioni sindacali rappresentano 85% dei lavoratori Mps. Ma il ministro ha ritenuto di non chiamarci e questa fase si è chiusa. Altra situazione invece è la nostra richiesta di aprire una discussione complessiva, che non è propriamente un tavolo sindacale ma è una valutazione di merito sul futuro del settore all’interno del futuro del Paese; in questo senso il confronto riguarda tutti, parti sociali comprese. Noi siamo pronti al dialogo.
Il presidente del consiglio Mario Draghi aveva fatto delle aperture al dialogo con il sindacato.
Esiste già in tal senso una richiesta delle confederazioni su tutta una serie di riforme che si prospettano. Insieme a Cgil e Cisl, c’è la richiesta della Uil di sedersi ai tavoli dove si decide la destinazione delle risorse del Pnrr e i progetti con cui applicarli, sia a livello nazionale che territoriale. Teniamo conto che in quell’ambito esiste una centralità del settore bancario, assicurativo, e in generale del mondo economico-finanziario, nella gestione e distribuzione delle risorse del Pnrr. La nostra richiesta è quindi coerente con la nostra confederazione.
Il Governo ha già calendarizzato una data per questi dialoghi che affronteranno i temi del vostro settore?
No. Abbiamo dato disponibilità al dialogo come Uilca e siamo pronti a essere coinvolti. Il settore bancario è centrale nella vita del Paese e al Governo serve probabilmente più consapevolezza di questa centralità e del ruolo anche sociale. Il punto che stiamo chiedendo è se esiste una visione da parte della politica su quale settore del credito serva, penso a un sistema del credito pluralista, su più poli, e che si pongano in atto le condizioni perché questo sistema si determini. Devo dire che il fatto di avere recentemente ridotto gli importi dei crediti d’imposta, le famose “attività per imposte anticipate” (c.d. DTA), che erano uno stimolo alle aggregazioni senza prospettiva e semplicemente finalizzate a massimizzare i ritorni economici, è una decisione che va nella direzione di una visione di settore di medio-lungo periodo, strutturata e in coerenza con logiche di sviluppo del Paese.
Emanuele Ghiani