Alla vigilia di Eurogruppo e Ecofin, arrivano da più parti segnali di allerta sull’economia italiana. Al Consiglio Ecofin informale l’agenda potrà svilupparsi su diversi temi, che spaziano dai conti pubblici alla competitività, fino ad arrivare alla persistente controversia tra chi chiede più flessibilità nella gestione dei conti pubblici e chi invece vuole il mantenimento del massimo rigore. Domattina a Milano gli incontri inizieranno a livello di area euro, per poi proseguire allargati a ministri e banchieri centrali di tutta l’Ue e continuare anche nella giornata di sabato.
Certo non agevola la mediazione il fatto che la Bce, “Specialmente a causa dell’andamento dell’economia peggiore del previsto”. Per questo raccomanda all’Italia di “consolidare ulteriormente la posizione di bilancio”, in modo da assicurare l’applicazione del Patto di Stabilità e di crescita riguardo alla riduzione del rapporto debito-Pil.
Proprio oggi i moniti della Bce relativi al rischio che l’Italia corre di non riuscire a conseguire gli obiettivi di deficit 2014, hanno trovato indirettamente riscontro nei dati Ocse sulla crescita economica nelle maggiori economie globali. Se per la media del G20 si è verificata un accelerazione nel secondo trimestre, più 0,%, in un quadro nettamente disomogeneo l’Italia è invece tra i paesi ad aver subito una contrazione, meno 0,2% del Pil. Ma soprattutto è l’unico tra quelli elencati che nel confronto su base annua abbia registrato valori negativi della crescita ininterrottamente fin da tutto il 2012.
In questo quadro già non roseo sempre oggi si è aggiunto il rapporto della Commissione europea sulla competitività. La crisi economica che si trascina dal 2007 ha provocato la chiusura di quasi una azienda su cinque nel manifatturiero in Italia (-19%). I settori più colpiti sono stati farmaceutica, tessile, pellame e abbigliamento, mentre nella scheda sulla penisola l’Ue rileva che l’auto è il settore in cui il potenziale produttivo resta più lontano dai livelli pre-crisi: 40% in meno.
Inoltre Bruxelles denuncia che in Italia la produttività è rimasta ferma anche mentre diminuiva il costo del lavoro: “Malgrado la notevole riduzione dei volumi di produzione, la produttività è rimasta sostanzialmente invariata, il che ha contribuito ad allargare ulteriormente il divario rispetto ai concorrenti più importanti. A causa dei modesti livelli di produttività, nel 2013 i costi unitari del lavoro sono aumentati del 3,9% , nonostante l’aumento del costo orario del lavoro sia rallentato fino all’1,7%”.
E questo riflette principalmente l’inefficienza nell’allocazione delle risorse. “Invero, il tasso di investimento dell’Italia è paragonabile a quello di altri paesi della zona euro, ma il suo livello di efficienza del capitale è inferiore e in diminuzione”.
F.P.