L’assemblea dei soci Bpm ha bocciato al 98% la proposta di votare online: secondo molti osservatori sarebbe un segnale di stop alla trasformazione della banca in Spa.
Agostino Megale, segretario generale della Fisac Cgil, come giudicate questa presa di posizione dell’assemblea?
Come Cgil non abbiamo dato nessun orientamento di voto poiché non è compito nostro. Noi facciamo un altro mestiere: quello del sindacato, ossia tutelare al meglio l’interesse dei lavoratori e le forme di partecipazione democratica. Ma è evidente che il voto così massiccio, e la freddezza con cui la platea ha accolto il top management, evidenziano che c’è un problema nel rapporto tra lavoratori, soci e manager della banca. Questo nodo va superato, ripristinando le condizioni di normalità, cioè azzerando gli ultimi sette provvedimenti disciplinari decisi dalla banca e avviando la costruzione di un progetto di rilancio condiviso e concertato, in grado di difendere e valorizzare l’esperienza partecipativa della cooperazione in Bpm.
Bocciare la possibilità di votare online, secondo alcuni, rappresenta un colpo alla democrazia. E’ così, secondo lei?
No, perché se in generale estendere il voto è un valore, nello specifico l’assemblea ha posto la questione di tracciabilità e certificazione del voto stesso. E’ chiaro che il voto è la percezione di un segnale al management della banca, fatta non solo di lavoratori dipendenti, in cui si evidenzia un cambiamento di passo.
Il cambiamento di passo riguarda la proposta di trasformare la “popolare” in spa? Cosa non convince in questo progetto?
Fermo restando che il progetto di trasformazione dell’azienda in Spa ibrida va conosciuto bene, approfondito con una campagna di comunicazione e discusso, occorre una terza via per costruire soluzioni condivise.
Cosa intende per terza via?
Si può immaginare una soluzione tra la situazione attuale e la proposta di trasformazione, che sia in grado di rispondere e dare valore alla vera partecipazione cooperativa, superando gli errori del passato e togliendo ogni condizionamento al rilancio e al decollo del progetto industriale della banca. Quest’ultimo non può che essere ancorato a tre elementi: partecipazione come valore della banca cooperativa, relazioni industriali all’insegna del consenso e non della contrapposizione e del conflitto, costruzione, su questi due pilastri, di una proposta condivisa che sappia stare al passo. Ma occorre anche non dimenticare la lezione degli errori commessi negli ultimi 6-7 anni, che hanno visto il sindacato, e soprattutto la Cgil, chiedere lo scioglimento degli amici Bpm, con un’opera di pulizia che ci è costata la fuoriuscita di 400 iscritti. Questo all’insegna di un nostro atteggiamento di grande rigore, etica e trasparenza, ma soprattutto all’insegna che partecipazione, per la Cgil e per il sindacato in generale, significa tutelare al meglio gli interessi dei lavoratori e la prospettiva della banca: il contrario esatto di una partecipazione che finisce per sfociare nel “io partecipo per fare i miei interessi”.
Francesca Nesci