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La situazione in Medio Oriente e in particolare in Libia trascina giù le azioni di grandi società italiane. Le nuove tensioni stanno facendo rialzare in modo marcato il prezzo del greggio.
L’Italia risulta essere il paese più esposto verso la Libia. La flessione colpisce in modo particolare lmpregilo, impeganto in opere infrastrutturali per un miliardo di euro, ed Eni che rischia il 13,4% della sua produzione. Giù anche Ansaldo Sts che perde il 3,15%. Fra le banche perde Unicredit che vede nel capitale la Libia com e prima azionista.
Il petrolio accelera sopra la soglia dei 100 dollari/barile, andando a toccare con la qualità Brent i massimi degli ultimi 30 mesi circa (settembre 2008), con il contratto aprile che si é arrampicato fino a 105,08. Il future di riferimento sta guadagnando in tarda mattinata l’1,77% a 104,33 dollari. Sulla scia delle tensioni registrate in Libia, quarto produttore di greggio del continente africano e importante membro del cartello Opec, si muove al rialzo anche il petrolio Usa qualità Wti (+3,73% a 93,06 dollari). Vola anche il prezzo del diesel, sopra all’1,4 euro al litro.
Intanto alcuni importanti gruppi petroliferi in Libia hanno annunciato l’evacuazione di parte dei loro dipendenti (soprattutto stranieri). Anche Eni e Finmeccanica stanno rimpatriando i propri dipendenti e si stanno impegnando per accrescere la sicurezza a tutela di persone e impianti.
Intanto la Farnesina sta consigliando ai 1.500 italiani che vivono in Libia di partire con voli commerciali. Per il momento però precisa il ministero degli Esteri “l’Italia non prevede un piano d’evacuazione”. (FRN)