I sindacati nelle scorse settimane hanno espresso la loro indignazione riguardo il nuovo Codice degli appalti. Il testo, dopo essere stato pubblicato nella Gazzetta ufficiale, non rispettava le aspettative delle parti sociali che hanno preso parte alle discussioni in merito alla riforma. A tal proposito il segretario confederale della Cgil, Franco Martini ha spiegato le problematiche annesse al nuovo Codice e quali proposte la Cgil sta portando avanti per contrastarne le misure anche attraverso la Carta dei diritti, la proposta di legge di iniziativa popolare che propone il nuovo statuto dei lavoratori.
1. Il nuovo codice appalti, dopo essere stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, ha riservato qualche sorpresa. Ci vuole spiegare quali sono le novità che hanno suscitato l’indignazione dei sindacati?
Le più importanti riguardano il pericoloso arretramento per quanto riguarda la soglia del subappalto, dato che l’80% dei contratti riguarda appalti sottosoglia. A questo si aggiunge la negatività, per quanto riguarda i criteri di aggiudicazione dell’appalto, dell’aver elevato a un milione di euro la possibilità di assegnazione al massimo ribasso, di lavori, servizi e forniture. E’ stata poi annullata l’obbligatorietà per le stazioni appaltanti dell’inserimento della clausola sociale nei bandi di gare (da “debbono” si è passati a “possono”). Altro punto, davvero sconcertante, è stato il venir meno degli impegni assunti dal Ministro delle Infrastrutture relativamente alle concessioni autostradali. Insomma, si è minato alle fondamenta pilastri portanti di tutto quanto il codice.
2. Quali sono le conseguenze materiali di queste modifiche?
Non è difficile immaginarle. Intanto, si è di fatto svuotato la legge dei suoi contenuti qualificanti, rinunciando a determinare un contesto legislativo che esaltasse i livelli di salvaguardia dei diritti dei lavoratori e combattesse con maggiore efficacia i fenomeni della corruzione e la penetrazione malavitosa nel sistema appalti. Favorire il subappalto significa favorire la frammentazione degli interventi, depotenziando la stessa funzione dell’Autorità Anticorruzione (Anac), così come puntare ancora sul massimo ribasso significa allontanarsi dal criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, che considera le componenti di qualità dell’offerta. Tutto ciò a detrimento della condizione di chi lavora.
3. Durante i lavori che hanno portato alla scrittura della riforma degli appalti, il governo ha avuto un confronto con i sindacati? Con chi è avvenuta l’interlocuzione?
Questo è un altro degli aspetti critici di tutta la vicenda, relativo alla questione di metodo. Nel corso del lavoro svolto dall’VIII Commissione del Senato, avevamo avuto una importante fase di confronto con questo organismo parlamentare, per far si che la legge di recepimento delle Direttive Comunitarie potesse avvalersi del contributo e delle competenze di chi tutti i giorni presidia il fronte degli appalti. Avevamo anche espresso soddisfazione per il risultato finale, che aveva accolto parte significativa degli emendamenti sindacali. Dopodichè, giunto a palazzo Chigi, il provvedimento è stato stravolto come sappiamo, a conferma che per il Governo il confronto con le parti sociali appartiene ad un rito antico, da cancellare nella vita democratica del Paese. Ma ciò che è ancor più grave è lo smacco subito dal Parlamento. Si può dire quanto si vuole che il parere delle commissioni in questo caso era solo consultivo, ma se già in partenza si fosse saputo che da consultivo sarebbe diventato ininfluente, dunque, inutile, si sarebbe potuto risparmiare tempo, soldi e frustrazioni!
4. Secondo lei, quali sono i motivi secondo i quali il governo ha fatto dietro front?
Non possiamo che pensare al fatto che si sia voluto privilegiare gli interessi lobbistici di qualcuno. Ma non possiamo neanche sottacere il silenzio colpevole di Regioni e Comuni che non solo non si sono opposte a questi stravolgimenti, ma in alcuni casi sembra che li abbiano addirittura sostenuti!
5. La Carta dei diritti universali del lavoro ha delle proposte su come dovrebbero essere gestiti gli appalti in materia di solidarieà e continuità occupazionale. Ci può illustrare quali sono le proposte della Cgil in materia?
La Carta dei Diritti si propone di unificare ed estendere i diritti sul lavoro a prescindere dalle diverse tipologie contrattuali. E’ la proposta di uno strumento legislativo pienamente coerente col progetto di contrattazione inclusiva. Chiaro che il “popolo degli appalti” è quello più direttamente interessato, perché per lungo tempo trascurato. La contrattazione è, dunque, il primo strumento con il quale intervenire. A sostegno della Carta abbiamo inteso, poi, porre un quesito referendario, circa l’abrogazione della norma-Fornero, che depotenziava il principio della responsabilità solidale, fondamentale nell’esercizio della tutela, poiché, senza questa norma fondamentale, gli appalti diventano una catena totalmente deresponsabilizzata, dove mai nessuno paga per il mancato rispetto delle norme contrattuali e legislative.
6. State pensando ad altri modi o ci sono altre iniziative in cantiere per sollevare il problema degli appalti e del nuovo codice?
Nello specifico continueremo a batterci nella fase di decretazione per provare a recuperare quanto possibile dei contenuti platealmente modificati (in peggio) dal Governo, così come attraverso le linee di indirizzo. Quindi, anche monitorando con istituzioni e Anac l’intero sistema. Dopodichè, come ho già detto, ci affidiamo alla contrattazione, nazionale e di secondo livello, per costruire un argine al degrado della civiltà del lavoro. Queste gravi modifiche, sommate all’esplosione dei voucher e ad un contratto a tutele crescenti che ha sancito la libertà di licenziamento in capo alle imprese pone il nostro mercato del lavoro lungo una pericolosa china, dove le persone saranno sempre più una semplice merce e per giunta sottopagata.
Alessia Pontoriero