Confcooperative, Legacoop e Agci hanno deciso di costituire un’Alleanza delle cooperative italiane per rafforzare la loro azione di rappresentanza.
Marino, presidente di Confcooperative, perché avete sentito l’esigenza di creare il nuovo coordinamento?
L’obiettivo è di rafforzare ulteriormente l’azione di rappresentanza dandole un’unica voce ai tavoli di confronto con il governo e con le istituzioni centrali ed europee, nell’interesse della cooperazione autentica. Dopo 150 anni di divisioni si unifica il grande albero della cooperazione italiana: 43.000 cooperative, 1,1 milioni di persone occupate, 127 miliardi di euro di fatturato.
Da che livello di cooperazione partite?
Una presenza significativa in tanti settori economici. Nel credito il 13% degli sportelli bancari, il 30% nel consumo e nella distribuzione, il 50% dell’agroalimentare made in Italy e il 90% della cooperazione impegnata nel welfare e nel sociale. A questi numeri va aggiunto il ruolo che la cooperazione svolge in tanti altri settori: nell’abitazione, con i suoi oltre 20.000 alloggi realizzati ogni anno, risponde alla domanda “povera” del mercato (anziani, giovani coppie, ceto medio che ha visto eroso il potere d’acquisto). Nel trasporto, nelle costruzioni e nell’edilizia, nei servizi alle persone e alle imprese, nelle manifatture. Nel creare reddito, occupazione e lavoro per le persone che restano al centro del modello d’impresa cooperativa.
Quali saranno i cambiamenti nelle relazioni industriali?
Non possiamo che intensificare e rafforzare le sinergie. È dal 1990 che Agci, Confcooperative e Legacoop hanno scelto un modello comune di relazioni industriali da cui nascono 15 contratti nazionali e vari organismi bilaterali.
Cosa chiedete alle istituzioni?
Continuiamo a chiedere un’azione incessante di repressione e di contrasto del dumping da parte delle false cooperative e delle imprese truffaldine in genere. È cattiva economia che scaccia la buona. Le imprese cooperative molto spesso corrono il rischio di morire per eccesso di legalità. Per il resto sul rilancio e sulla competitività il governo sta facendo il possibile. È ovvio che tutti vorrebbero di più. Tutti chiedono di più, ma non è possibile. La salvaguardia dei conti pubblici viene al primo posto e l’esiguità delle risorse a disposizione detta la rotta da seguire. È necessario concentrarsi su pochi interventi piuttosto che farne tanti a pioggia.
Ad esempio?
La moratoria per le pmi. E’ un esempio molto virtuoso che va in questa direzione. È con una sequenza di questi strumenti che vedono coinvolti il governo, il mondo bancario e le forze produttrici del paese che si può ricominciare a crescere senza appesantire la spesa pubblica. Non è un effetto annuncio, ma un’azione concreta.
Con la nascita del coordinamento sono state superate le storiche rivalità tra cooperative rosse e bianche?
L’Alleanza nasce anche per stigmatizzare la differenza “cromatica”. Non c’è una cooperazione bianca, rossa o verde. C’è un solo grande albero della cooperazione che supera 150 anni di divisioni e continuerà a lavorare sulle tante esperienze concrete in comune.
Quali?
Cooperfidi Italia che ha unificato nove dei più grandi confidi della cooperazione; i tre fondi di previdenza complementare negoziale (Cooperlavoro, Previcooper e Filcoop) che vedono un totale di oltre 130 mila iscritti per un patrimonio complessivo di oltre 800 milioni di euro; Fon.Coop il fondo di formazione continua che mette a disposizione risorse per investire sulla formazione e il know how delle cooperative associate; Cfi, una società finanziaria che ha come oggetto sociale la partecipazione temporanea al capitale di rischio; i fondi integrativi sanitari negoziali (Coopersalute, Filcoop agricolo e Fasiv) che contano circa 110.000 iscritti; Coopform Ente bilaterale della cooperazione che tratta le tematiche della formazione professionale e dell’ambiente, salute e sicurezza nei luoghi di lavoro.