In Terna si cerca, e forse si è trovata, la via alta delle relazioni industriali, capace di dare un apporto sensibile alla gestione di un settore, quello elettrico, in una fase di grande trasformazione. L’azienda ha un programma di investimenti molto vasto, per 5,3 miliardi di euro, e il suo impegno è quello di formare in maniera intensa il personale, perché le mansioni, proprio per la corsa della tecnologia, stanno cambiando e devono essere aggiornate. Silvia Marinari, responsabile in questa azienda delle relazioni industriali, descrive in questa intervista il fitto dialogo in corso con i sindacati descrivendo gli accordi trovati per il welfare contrattuale, lo smart working, l’equilibrio vita lavoro. nella certezza che con il dialogo i problemi si possono risolvere.
Dottoressa Marinari, che tipo di relazioni industriali avete in Terna?
Relazioni positive, direi, come è giusto che sia in un’azienda che sta vivendo una profonda trasformazione. Con i sindacati abbiamo un ottimo rapporto, come testimonia il fatto che in marzo li abbiamo coinvolti nella condivisione del nostro piano strategico quinquennale. L’abbiamo fatto perché la nostra strategia è tesa proprio a condividere con loro i problemi dell’azienda e le prospettive che si aprono.
Un atteggiamento aperto e colloquiale.
Sì, crediamo in questo tipo di rapporti. E non a caso già nell’ottobre scorso, un anno fa, avevamo anticipato questo coinvolgimento dei sindacati raggiungendo con loro un accordo che riteniamo importante.
Che tipo di accordo?
Discutevamo il premio di risultato, ma abbiamo trovato l’accordo su due cose molto interessanti, delle misure per aiutare l’equilibrio tra vita e lavoro e per introdurre forme di welfare contrattuale.
Lo si sta facendo in molte aziende.
Sì, e anche noi ci siamo incamminati per questa strada. E in tema di welfare abbiamo fatto di più, perché ai vantaggi che la legge assicura ai lavoratori abbiamo aggiunto un ulteriore 12% per non tenere per noi i vantaggi fiscali previsti a favore delle aziende.
Un modo per dare ai lavoratori qualcosa in più.
Sì, ma anche per assicurare trasparenza alle relazioni industriali.
E in tema di bilanciamento tra vita e lavoro?
Abbiamo deciso due cose. La prima è un aumento dei giorni di permesso per i neopadri, per non far pesare tutto il carico sulla madre. E poi abbiamo deciso con le organizzazioni sindacali di dare un permesso di alcune ore in occasione del giorno in cui un figlio comincia la scuola elementare. È tradizione accompagnare il figlio a scuola in quella giornata, noi abbiamo voluto liberare i padri e le madri dall’obbligo di dover chiedere un permesso in questa giornata particolare. E poi abbiamo raggiunto un accordo per lo smart working.
Cosa avete deciso?
Siamo partiti con una sperimentazione con 100 persone a Roma, una città in cui la sensibilità ai problemi del traffico è molto alta. Abbiamo offerto questa possibilità e su 100 persone 91 ci hanno risposto positivamente. Si è trattato di una cosa sperimentale, per sei mesi, terminerà a fine dicembre, ma il riscontro al momento è molto positivo.
Porterete avanti questa iniziativa?
Abbiamo già previsto un incontro con le organizzazioni sindacali per vedere come proseguire, ma il fatto che la sperimentazione sia stata positiva ci fa credere che andremo avanti. I dati sono chiari, la media è stata di 3,1 giorni al mese, e avevamo previsto un massimo di 4 giorni, sempre al mese. E anche la distribuzione dei giorni di lavoro da casa nel corso della settimana è stata positiva, non ci sono stati addensamenti nel venerdì, ma tutto si è distribuito bene.
Anche sulla gestione del welfare contrattuale avete avuto una buona rispondenza?
Sì, decisamente. Ha aderito allo scambio tra una parte del premio di produzione e i servizi di welfare il 12,6% del personale, una percentuale buona in una fase di avvio.
Quali servizi di welfare sono stati scelti?
La netta prevalenza è stata a favore della previdenza integrativa, per più del 60% dei casi. Ma è intensa anche l’attenzione per i rimborsi delle spese per la famiglia, specie quelle scolastiche, per le rette, i libri, le tasse. Sono tutte cose che chi ha un figlio sa di dover pagare, per cui aderendo a questo scambio può avere il 12% in più e non è poco. Del resto, anche qui si tratta di una sperimentazione, siamo ancora al primo anno di gestione, stiamo monitorando come funziona.
C’è un vasto numero di temi sui quali state innovando.
Sì, perché con il nostro piano strategico cambia la visione prospettica, soprattutto cambiano le competenze, subiscono un’evoluzione. Si sta trasformando il settore elettrico, stiamo vivendo quella che chiamiamo la transizione energetica, che vede la crescita delle fonti rinnovabili, che non è facile integrare. L’evoluzione tecnologica ha un forte impatto sul nostro mondo. Cambia un po’ tutto, ma soprattutto cambiano le competenze e le attitudini richieste.
Una trasformazione forte?
Fortissima. Pensi ai nostri operai, che al mattino ricevono le indicazioni sul lavoro che devono svolgere sul tablet. È un mondo che cambia. Ma ancora, le ispezioni sulla rete che si fanno con gli elicotteri: sono fatte con dei sensori e bisogna sapere come funzionano e come devono essere letti. Non è un futuro lontano, questo, è l’oggi.
E di questo parlate con le organizzazioni sindacali?
Non potremmo fare altrimenti. Terna ha in programma investimenti per 5,3 miliardi di euro, tutte infrastrutture per il paese, e avere persone capaci è indispensabile. E bisogna che agiscano nella massima sicurezza. I nostri investimenti in sicurezza sono molto ingenti e su questo il dialogo con i sindacati è intenso in una serie di commissioni in cui siamo coinvolti.
Che strumenti utilizzate per avere certezze?
Per esempio abbiamo avviato una precisa mappatura delle abilità digitali di tutti i dipendenti che desideravano partecipare a questa iniziativa. Abbiamo mandato a tutti un questionario e l’80% ci ha risposto. A ognuno abbiamo dato il proprio ritratto digitale, che descrive le attitudini di ciascuno. Perché tutti noi adesso abbiamo delle abilità, ma saper trovare le informazioni giuste e metterle assieme è un’altra cosa. Serve quel quid in più e noi con i nostri piani formativi cerchiamo di dare quello che serve ai nostri dipendenti anche in vista di una crescita delle loro impiegabilità, che è poi il loro futuro. Non è facile trovare un terreno comune con i sindacati su questi temi, ma in questo siamo impegnati a fondo.
I sindacati sono in grado di seguirvi su questo piano?
Sono sensibili, capiscono per esempio la consequenzialità tra evoluzione della tecnologia e cambiamenti delle competenze. Non è facile sempre, ma passa di qui la via alta delle relazioni industriali.
Quale è il tasso di sindacalizzazione in Terna?
È elevato, arriva al 47%.
Quindi un sindacato forte, con cui è possibile discutere anche di questi nuovi complessi temi.
Sì, la loro sensibilità è di grande aiuto. Perché non sempre il confronto è facile. Per esempio, abbiamo delle difficoltà quando il tema della sicurezza si incrocia con quello dei controlli. Perché accade che la sicurezza possa essere assicurata tramite delle apparecchiature che valutano quello che il dipendente sta facendo, per avvertirlo con un segnale che qualcosa non sta funzionando, che deve fare attenzione a una cosa precisa. Ma allo stesso tempo il segnale arriva anche a noi, che sappiamo così il dipendente dove è e cosa sta facendo. E questo crea dei problemi. È come per la scatola nera sulle auto, se viene montata c’è un forte risparmio sulle assicurazioni, ma anche questo può essere letto come un controllo. Una soluzione si trova, ma non sempre è facile, anche perché le scelte non devono essere individuali, ma collettive. Ma, appunto, quello che importa è che in Terna le relazioni industriali funzionano bene e che da entrambe le parti ci sia trasparenza e disponibilità al confronto.
Massimo Mascini