“Non chiuderà nessun impianto”. Lo ha confermato l’ad di Fiat Chrysler, Sergio Marchionne, al direttore di Repubblica, Ezio Mauro, nell’intervista pubblica organizzata al teatro Carignano di Torino.
“Mirafiori non si chiude e con Grugliasco diventerà il polo del lusso”. L’ad di Fiat non svela, però, le sue carte e spiega perché. “Minacciare la concorrenza con una vettura non pronta non è una buona idea. Se bisogna fare a botte, bisogna presentarsi con i guantoni. C’è grande spazio nel mercato premium. Io vedo la ripresa fuori dall’Europa. Se siamo intelligenti riusciremo a fare una cosa molto diversa dai tedeschi”.
Parlando della Volkswagen Marchionne ha detto “faccio fatica a pronunciare quel nome, mi devo allenare ogni mattina. Li ammiro per il grande lavoro fatto negli ultimi trent’anni, ma non sopporto l’arroganza. Non mi vergogno di essere italiano e non devo niente a nessun tedesco. Cosa devo imparare dai tedeschi? Ci sono momenti in cui bisogna essere orgogliosi di essere italiani. E uno di questi sarà a marzo al salone di Ginevra. Presenteremo l’auto più costosa del mondo, la nuova Ferrari. E la facciamo in Italia, con operai italiani”. “L’Alfa Romeo? – ha aggiunto – L’ho detto 200 mila volte che non è in vendita. Sarà uno dei marchi premium su cui puntiamo. Non la vendiamo certo. Men che meno a loro, a Volkswagen”.
“Il mio sbaglio più grande – ha aggiunto facendo autocritica – è stato annunciare pubblicamente Fabbrica Italia. E’ stata un’imbecillaggine eccezionale e non perché quella fosse un’idea sbagliata. Se avessimo fatto quell’annuncio altrove, in America, in Brasile o in Canada, tutti avrebbero capito che la proposta era condizionata dalla reale situazione di mercato. Allora le previsioni del mercato europeo si attestavano su 15-16 milioni di vetture. Con quelle condizioni lì, lanciare Fabbrica Italia era un discorso razionale, ma in un mercato che andava in direzione opposta sarebbe stato micidiale: la Fiat falliva. Da qui, di fronte a un mercato depresso, anche la decisione di non lanciare nuovi modelli”.
“Fiat – ha sostenuto – è cambiata drasticamente negli ultimi nove anni, oggi va intesa come una realtà internazionale in grado di bilanciare le proprie attività a seconda dell’andamento dei diversi mercati. Un atout che non tutte le case europee sono oggi in grado di giocarsi, soprattutto in un mercato come quello del Vecchio Continente appesantito dalla sovraccapacità produttiva. Il mercato Usa nel 2009 era a 10 milioni di vetture, quest’anno sta andando verso i 15 milioni. C’è spazio per i nostri marchi”. Poi ricorda che “oggi i francesi che hanno lanciato una sfilza di prodotti perdono 200 milioni di euro al mese. Se io dovessi perdere quella cifra al mese, non durerei più di un paio d’anni”.
Marchionne ha attaccato poi il segretario generale della Fiom, Landini, che proprio a Torino ha chiesto di riaprire un tavolo di confronto con Fiat. “Credo che sia presuntuoso chiedere che si riapra un tavolo quando tutti gli altri sindacati hanno scelto di condividere con noi un altro percorso. A Landini dico che deve far pace con gli altri sindacati. Non può schierarsi contro la maggioranza dei lavoratori della Fiat. Non può credere di rappresentare la maggioranza degli stabilimenti se non è firmatario del contratto. Non fa parte della democrazia”. “O si fida del management – ha aggiunto – come fanno gli altri sindacati, non solo in Italia, o non ha senso. Lui non conosce i mercati mondiali. Il signor Landini ha messo in dubbio la nostra capacità di fare auto di lusso. Ma scherziamo? Vada a fare altro”. “Non so quando Landini sia stato eletto – ha concluso – ma fino alla sua entrata non ho avuto problemi a fare accordi con la Fiom”.
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