“La Fiat resterà in Italia”: questo il titolo della lunga intervista del direttore di “Repubblica” Ezio Mauro all’amministratore delegato di Fiat, Sergio Marchionne. Leggendo con attenzione l’intervista, però, emerge un quadro molto più complesso sul futuro del Lingotto in Italia.
Il progetto di Marchionne in un mercato del lavoro in crisi in Italia è quello di “sopravvivere alla tempesta con l’aiuto di quella parte dell’azienda che va bene in America del Nord e del Sud, per sostenere l’Italia”, progetto che l’ad Fiat definisce “strategico” e che rappresenta una risposta alle polemiche dopo il comunicato che dichiarava superato il progetto di “Fabbrica Italia”.
“Non mollo”, dice l’ad a Mauro, ma l’impegno di investire in Italia 20 miliardi non può essere mantenuto, perché – dice – “quell’inpegno era basato su cento cose, e la metà non ci sono più, per effetto della crisi”. “Io puntavo – aggiunge – su un mercato che reggeva, ed è crollato, su una riforma del mercato del lavoro, e ho più di 70 causa aperte dalla Fiom”.
Soprattutto, spiega Marchionne, il mercato europeo dell’auto sta crollando e quelli italiano e spagnolo sono i mercati che hanno perso di più. Questo perché, dice l’ad, in Italia “il mercato non c’è”, “la gente non ha più potere d’acquisto, magari ha perso il lavoro, i risparmi se ne sono andati, non ha più prospettive per il futuro” e per questo “l’automobile nuova è proprio l’ultima cosa, non ci pensano nemmeno, si tengono la vecchia ben stretta”. Questo ha provocato un picco delle vendite dell’auto sul mercato italiano: “Siamo sotto un milione e 400 mila automobili vendute – sottolinea Marchionne – ciò significa che ne abbiamo perse un milione e centomila in cinque anni”.
Ancora Marchionne dice che “non si può più pensare alla Fiat come a un’azienda soltanto italiana. Sarebbe in ritardo di dieci anni” e che “la parola cosmopolita non è una bestemmia, come sembra intendere qualcuno”, ma “è l’unica salvezza che abbiamo”.
E promette: ai ministri del governo Monti risponderà, “se mi cercano li vedrò, certo”, però “mi impegno ma non posso farlo da solo. Ci vuole un impegno dell’Italia. Io la mia parte la faccio, non sono parole. Quest’anno la Fiat guadagnerà più di 3 miliardi e mezzo a livello operativo, tutti da fuori Italia, netti di questi 700 milioni che perderà nel nostro Paese”.
Marchionne, infine, vorrebbe “una riforma del lavoro che ci porti al passo degli altri Paesi”, perché “una repubblica fondata sul lavoro vuol dire essere competitivi, creare occupazione attraverso sfide e competizioni. Questa cultura da noi manca”. (FRN)