Il diario del lavoro ha sentito Salvatore Mancuso, segretario generale della Flaei Cisl, il sindacato Cisl del settore elettrico, per chiedergli le novità introdotte dalla recente firma dell’accordo per il rinnovo del contratto nazionale elettrici.
Mancuso, cosa avete raggiunto con il recente accordo sul contratto elettrici?
Dopo molti e lunghi incontri alla fine abbiamo trovato la quadratura. Sui minimi abbiamo stabilito 104 euro, ioltre a 15 euro sulla produttività e il rafforzamento del welfare. Anche nel contratto precedente avevamo dedicato risorse al tema, attraverso l’assistenza sanitaria e l’assicurazione premorienza. Questa volta abbiamo voluto dargli ancora più spazio, innalzando di 5 euro le risorse.
Come avete regolato gli scatti di anzianità?
I lavoratori del settore hanno cinque scatti ogni due anni. Il nuovo contratto prevede che per i nuovi assunti, lo scatto venga invece destinato al welfare, con pari valore. Ovviamente il lavoratore ha la facolta’ di scegliere questa soluzione, piu’ vantaggiosa, o quella tradizionale.
Perche’ sarebbe piu vantaggiosa la nuova soluzione?
Se calcoliamo come 100 il controvalore, viene destinato al Welfare un aumento del 20% quindi quei 100 diventano 120; in più essendo defiscalizzati questi 120 diventano 130. In pratica un giovane si troverebbe già a mettere da parte un piccolo gruzzoletto. Come dicevo, questa opzione, essendo una novità, funziona con il tacito assenso: il lavoratore ha 60 giorni per rifiutarla.
Quali alttre novita’ porta questo contratto?
Porta una questione molto interessante. che ha una valenza politica soprattutto per noi della Flaei: l’allargamento dell’ambito contrattuale del settore elettrico. Inizio con una premessa: noi ad oggi ci occupiamo di produzione, trasmissione e distribuzione dell’energia. Ma esistono anche delle attività limitrofe che riguardano delle aree commerciali e aree di efficienza energetica e le aree delle rinnovabili. Le grandi aziende già oggi operano applicando il contratto elettrico, ma le piccole realtà aziendali applicano altri contratti. La novità è che potranno rientrare nell’ambito del nostro contratto anche queste attività. Inoltre, questo nuovo contratto, che si riferisce specialmente a queste attività, sarà più basso nei costi.
Perché soprattutto per il vostro sindacato è importante?
Consideri che siamo un sindacato che si occupa solo del settore energia, quindi il nostro ambito contrattuale è unico mentre le altre categorie di Cgil e Uil hanno anche altri settori che curano.
Questo contratto è già pronto all’uso?
Non lo abbiamo ancora definito. Ci siamo dati alcuni mesi di tempo per stilare i dettagli. Nel momento in cui sarà completo questo contratto, diciamo di tipo “B”, le aziende potranno far parte del contratto del settore elettrico. Il processo è volontario, non automatico. Il vantaggio di chi userà questo contratto sarà il poter usufruire del Welfare. Inoltre, per i costi abbiamo deciso di prendere a riferimento quelli dei loro contratti di provenienza, quindi non sarà più oneroso.
Il contratto B definisce quindi una nuova fetta di attività che potranno accedere al settore energia?
Si. Chi è oggi in servizio non verrà mai toccato dalla normativa contrattuale, ma non solo. Anche se domani si dovesse assumere un nuovo lavoratore ad esempio in una Centrale elettrica, questa non fa parte delle aree di attività soggette al contratto B.
Quali sono queste aree?
Il contratto prevede 5 aree di attività: tre sono quelle storiche che le ho detto prima, cioè produzione, trasmissione e distribuzione dell’energia; poi ci sono queste due nuove aree, che si chiamano “attività commerciali ed efficienza energetica” e la seconda è legata alle “aree delle rinnovabili” ma solo per le aziende piccole, con meno di 25 addetti. Quindi solo le persone che verranno assunte in queste aree di attività potranno ricadere in un contratto di tipo B.
Perché era necessario questo allargamento?
Perché molte piccole aziende oggi non hanno proprio il contratto, oppure utilizzano contratti strani, non regolamentati in maniera adeguata.
Ad esempio?
Prendiamo una azienda piccola di 10 dipendenti, chiamiamola “Pinco”, che si occupa di pannelli solari. Intanto preciso che il contratto non guarda a chi costruisce materialmente i pannelli, ma a chi li installa e li esercisce, ciò chi produce energia elettrica. Quindi, nel momento in cui sarà pronto questo nuovo contenitore, l’azienda “Pinco” potrà decidere di fare il contratto legato al nostro settore, verrà da noi e firmeremo il contratto. Dopo la firma l’azienda, “Pinco” farà ufficialmente parte del settore. Andremo quindi a tutelare quei lavoratori che avevano un contratto di tipo diverso ma un lavoro uguale ai loro colleghi di aziende più grandi.
Appena sarà pronto il “contratto B” farete pressione alle imprese per utilizzarlo?
Saranno le imprese a decidere se utilizzarlo o meno. Noi potremmo solo fare pubblicità sull’esistenza del nuovo contratto. Del resto, anche oggi, teoricamente, le imprese possono decidere di applicare qualsiasi contratto. La normativa lo prevede. Costruiremo una sorta di indirizzo. In fondo, le associazioni imprenditoriali tendono a essere tutte all’interno di un ambito per evitare di farsi dumping a vicenda.
In questo modo pensate di sradicare il dumping contrattuale?
È evidente che se io impresa applico un contratto che vale uno, e l’altra applica un contratto che vale cinque, quest’ultima è soggetta al mio dumping. Quindi noi puntiamo a delle regole uguali per tutti. Realizzeremo un’area contrattuale più bassa per dire: “ok, vi diamo questa opportunità” e poi vedremo. Questo è un dato politico importante, ma l’operatività la si vedrà strada facendo, come dice Baglioni.
Ma ci sono dei limiti dell’impresa nella scelta del contratto: un lavoro metalmeccanico non può rientrare nel contratto delle Colf, oppure è così?
Si, e le faccio anche un esempio: in Enel chi si occupa dei pannelli fotovoltaici o pale eoliche rientra in pieno nel contratto elettrico, chiamiamolo del tipo “A”. Gli altri lavoratori di aziende simili ma piccole applicano un contratto metalmeccanico o il contratto fatto dal commercialista di turno ad hoc. Quindi si, esistono anche realtà simili purtroppo.
A seconda della dimensione dell’impresa quindi il contratto B potrà applicarsi o meno?
Per le grandi imprese resta in piedi il contratto attuale, di tipo “A”. Una Edison che dovesse acquisire una società di pannelli solari non potrebbe applicare il contratto “B”; mentre le piccole imprese avranno questa opzione e decideranno loro se applicare il contratto “B”.
Senza questo allargamento, oggi una piccola impresa non potrebbe usare al contratto elettrico?
Non proprio, la piccola impresa non usa il nostro contratto non per chissà quale ragione legale o burocratica, ma per un motivo molto semplice: i costi. Perché teoricamente, se una impresa volesse usare il contratto degli elettrici, nessuno glielo impedirebbe.
La ragione dunque è che non conviene economicamente all’impresa.
I costi del nostro contratto sono alti, intendo quelli di tipo A. In pratica i nostri minimi, gli scatti di anzianità e tutto ciò che riguarda la parte economica. Invece adesso, mettendo in atto un contratto più basso, la differenza si vede nelle tutele più alte che garantisce il nostro contratto; mentre dal punto di vista economico costa quanto gli altri contratti ad oggi applicati per queste aree. Questa è una convenienza che valuterà poi l’azienda, noi possiamo solo informarle di questa opportunità.
Sulla formazione avete seguito l’esempio dei metalmeccanici?
Noi abbiamo già una normativa a riguardo molto completa. Con questo accordo abbiamo introdotto due punti: il diritto alla formazione con 28 ore utilizzabili nel triennio, forse il più alto numero di ore tra tutti i settori; il secondo punto è per le piccole medie imprese: abbiamo introdotto la figura del delegato alla formazione.
In cosa consiste questa figura?
Premetto che per le grandi aziende abbiamo i comitati bilaterali per la formazione dove ci si riunisce per redigere progetti formativi, finanziati o meno, ma questa dinamica non esiste per le piccole imprese. Siccome il comitato era troppo pomposo per le piccole aziende, che non hanno strutture adeguate, con questo accordo abbiamo definito un delegato sindacale alla formazione: una persona, con una competenza specifica sulla formazione, che si rapporta con l’azienda rispetto alle iniziative formative e svolge le sue funzioni come un comitato bilaterale. Il sindacato entra così anche nelle piccole realtà nell’ambito formativo.
Emanuele Ghiani