La critica agli effetti sui conti pubblici del Superbonus sulle ristrutturazioni edilizie, per come è dibattuta sui media, è gravemente manchevole di un aspetto rilevante che ne descrive più compiutamente il fenomeno.
L’ammontare di 117 miliardi di euro, secondo previsioni del ministro Giorgetti rimbalzate dalla stampa destinata addirittura a salire a 200 miliardi, rappresenta il credito di imposta, quindi il totale dei minori versamenti di cui i committenti/contribuenti beneficeranno nei prossimi 5 anni. Questo impatto è però in buona parte controbilanciato da effetti, per altro immediati, di beneficio sui conti dello Stato inspiegabilmente ignorati nel dibattito sull’argomento.
Si ignora per esempio che l’ammontare del credito d’imposta, coincidendo con l’ammontare delle spese sostenute per realizzare i lavori, include l’iva, quindi un tributo del 10% e per alcune spese anche del 22%, immediatamente recuperato dall’erario e che quindi in parte compensa il mancato gettito del credito d’imposta.
Si ignora che per la realizzazione dei lavori sono stati impegnati lavoratori dei cantieri, professionisti, fornitori di materiali, tutti contribuenti titolari di ricavi imponibili esattamente per l’ammontare del credito d’imposta che a loro volta avranno pagato imposte sui redditi. Imposte che evidentemente in parte compenseranno il mancato gettito.
Non ho elementi per quantificare l’impatto ma certamente l’effetto negativo del mancato gettito è significativamente ridimensionato dagli effetti positivi del maggior gettito indotto dalla misura.
Si ignora che la misura abbia trovato applicazione in un periodo di forte depressione commerciale e industriale producendo invece effetti quasi istantanei su un Pil che di rimbalzo ha raggiunto il 6% anche con il contributo dei bonus per ristrutturazioni.
Si ignora che in una qualche misura gli interventi abbia contribuito alla riqualificazione energetica del patrimonio immobiliare.
Aggiungerei anche che la ratio del provvedimento non era quella di beneficiare i bassi redditi ma quello di riattivare la domanda aggregata e quindi era implicito che fosse rivolta anche ai soggetti con una maggiore propensione alla spesa.
Siamo ormai al quarto anno di applicazione dell’agevolazione, mi chiederei piuttosto, vista la convinzione del dissesto dei conti, perchè i governi trascinino così a lungo la misura, intervenendo invece con fastidiosi provvedimenti retroattivi e di menomazione del beneficio, mettendo così in difficoltà tutti gli operatori.
Insomma, ancora una rappresentazione di una classe politica in cattiva fede e di una informazione superficiale.
Alessandro Meloncelli