Indietro nel tempo non si torna, il passato ormai è passato e quel che ci resta è solo il presente e – forse – il futuro. Tuttavia, visto che Walter Veltroni ha fatto un film che si chiama “Quando” e che racconta la storia di un ragazzo di 18 anni che durante i funerali di Enrico Berlinguer prende un colpo in testa e finisce in coma per 31 anni, per poi risvegliarsi nel mondo di oggi, non possiamo non parlare di quei 31 anni che lui non ha vissuto ma che, al risveglio, qualcuno gli racconta.
La domanda che ci si pone – non abbiamo ancora visto il film, quindi non sappiamo quale sia la risposta di Veltroni – la domanda, dicevamo, è molto semplice: si stava meglio o peggio 31 anni fa?
Per i nostalgici della vecchia politica, io sono tra questi, la risposta è scontata: si stava meglio allora. Basta pensare che nel 1985, cioè quando il segretario del Pci (allora non usava la parola leader) fu colpito da un ictus durante un comizio elettorale a Padova e dopo tre giorni di agonia morì, Berlusconi non era (quasi) nessuno, almeno in politica. Esistevano ancora i partiti politici nei quali si discuteva e si prendevano decisioni, magari purtroppo qualcuno rubava pure, comunque alcuni di loro governavano il Paese, altri, come quello di Berlinguer, stavano all’opposizione ma capaci di condizionare le scelte del governo. Non c’era ancora stata Tangentopoli, che fu un evento importantissimo e positivo, anche se lasciò macerie nel campo della politica. Non era ancora caduta l’Unione sovietica, regime orrendo, quindi meno male che è crollato, tuttavia quello che ne è seguito non è stato granché, oligarchi al potere, capitalismo selvaggio e alla fine Vladimir Putin che se non è peggio di Breznev poco ci manca.
In Italia intanto si affermava una nuova classe dirigente, erede di quella vecchia ma non alla sua altezza culturale e politica, tra questi lo stesso Veltroni, D’Alema, Fini e ovviamente il già citato Berlusconi. Il quale, quest’ultimo, per quindici anni ha stravolto tutte le regole che ci avevano guidato fino al 1994, sia quando stava al governo, sia quando si è ritrovato all’opposizione.
E dopo, dopo Berlusconi, Veltroni, D’Alema, Fini…? Peggio che andar di notte. A sinistra è comparso Renzi, l’uomo perfetto per distruggere quel che restava della sinistra italiana; a destra c’era sempre Berlusconi, ma ormai sulla via del tramonto (tramonto che ancora non si è compiuto) circondato da gruppi di potere e di affari che era meglio perderli che trovarli.
Ma insomma, noi che non siamo stati in coma per 31 anni, la storia recente la conosciamo, l’abbiamo vissuta giorno per giorno, con le sue gioie (pochissime) e i suoi tanti dolori. E adesso ci ritroviamo al potere Giorgia Meloni, una donna abile e decisa, ma sempre fascistoide. Dall’altra parte è comparsa quasi dal nulla Elly Schlein, a cui si affidano tutte le speranze di rinascita della sinistra defunta. Sarà in grado si resuscitarla? Soprattutto – domanda epocale – ha senso e consenso nel mondo di oggi una sinistra che si batte per i diritti delle minoranze?
Forse la risposta la possiamo trovare in una storica canzone di Francesco Guccini e dei Nomadi: “Ho visto la gente della mia età andare via, lungo le strade che non portano mai a niente… Mi han detto che questa mia generazione ormai non crede in ciò che spesso han mascherato con la fede, nei miti eterni della patria (vero Meloni) e dell’eroe, perché è venuto ormai il momento di negare tutto ciò che è falsità, le fedi fatte di abitudine e paura, una politica che è solo far carriera, il perbenismo interessato, la dignità fatta di vuoto, l’ipocrisia di chi sta sempre con la ragione e mai col torto. È un dio che è morto”.
Un quadro non certo edificante, però la conclusione della canzone è piena di speranza: “Noi tutti ormai sappiamo che se dio muore è per tre giorni e poi risorge”.
Magari viene da dire, d’altra parte Pasqua si avvicina, e la speranza è sempre l’ultima a morire. Anche se spesso, alla fine, muore anche la speranza.
Riccardo Barenghi