Il prof. Domenico Parisi, presidente dell’ANPAL, occupa uno dei primi posti nel ‘’Bollettino delle critiche’’, rivolte dai media e ai manager pubblici. Fin dalla nomina suscitò meraviglia che il ministro Luigi Di Maio (allora titolare del Lavoro) avesse attraversato l’Oceano e spingersi fino allo Stato del Mississippi per trovare una persona in grado di gestire il ‘’secondo tempo’’ del reddito di cittadinanza (RdC) ovvero il settore delle politiche attive, dopo che Pasquale Tridico – sull’Ammiraglia dell’Inps – aveva individuato gli aventi diritto ed erogato loro l’assegno. Poi Parisi aveva avuto dei problemi con il CdA che non gli voleva approvare il piano industriale e – si disse anche – con il ministro Nunzia Catalfo. A parte, poi, l’infortunio di quella piattaforma informatica che avrebbe dovuto collegare in tempo reale la richiesta di un saldatore di un’officina di Bressanone con la domanda di un disoccupato con quella qualifica, residente a Lampedusa, e della quale non si hanno notizie, Parisi dovette farsi carico della gestione dei ‘’navigator’’ consistente in migliaia di assunzioni di giovani di buona volontà ma inesperti nella intermediazione tra domanda e offerta di lavoro: un’attività che rappresenta il punto in cui finisce lo scarico del barile della incomunicabilità tra processi formativi e accesso al lavoro e a cui è data la definizione di mismacht. E’ un fenomeno che ha grande influenza negativa anche sull’occupazione giovanile e che concorre ad implementare le statistiche dei disoccupati e degli atti. Durante un’audizione alla Commissione Lavoro della Camera, l’11 novembre scorso, il presidente dell’ANPAL ha dato molto rilievo all’aspetto del mismatcht (solitamente trascurato nel dibattito), arrivando ad affermare che in Italia potrebbero essere attivati 1,8 milioni di nuovi posti se ci fossero competenze disponibili nella forza lavoro che invece mancano. E’ quindi intenzione dell’Anpal promuovere il modello delle industry academy, che prevedano un forte partenariato pubblico-privato, finalizzato a colmare lo skill gap, coinvolgendo e valorizzando, così, tutta la rete degli attori che intervengono sui diversi territori: imprese, ITS, Centri per l’Impiego, Agenzie private per il lavoro, Centri di formazione, Consulenti per il lavoro, Università
Ma ‘’l’uomo venuto dal Mississippi’’ è andato ben oltre. Oltre un quarto dei beneficiari del reddito di cittadinanza tenuti alla sottoscrizione di un patto per il lavoro (1.369.779) ha trovato un lavoro da quando è stata istituita la misura. Si tratta di 352.068 beneficiari, pari al 25,7%. La grande maggioranza dei contratti è stata a tempo determinato e al 31 ottobre i beneficiari RdC con un rapporto di lavoro ancora attivo erano 192.851. Il 15,4% dei beneficiari ha stipulato un contratto a tempo indeterminato, il 4,1% un contratto di apprendistato mentre il 65% ha avuto un contratto a termine. Il resto dei beneficiati ha avuto contratti di collaborazione o intermittenti. Con riferimento ai solo contratti a tempo determinato e di collaborazione – ha spiegato Parisi – il 69,8% ha una durata inferiore ai 6 mesi (quindi per quanto riguarda i contratti a termine quasi 160mila su 228.800) , il 20,9% tra i 7 ed i 12 mesi ed una quota del 9,3%supera la soglia dell’anno. Circa 55 mila sono stati i beneficiari di un contratto di lavoro non qualificato nel commercio e nei servizi (il 15,6% del totale). Più di 48 mila, invece, hanno svolto un lavoro qualificato nelle attività ricettive e della ristorazione (il 13,7% del totale). Se si guarda ai territori – ha proseguito Parisi – hanno avuto almeno un contratto il 47,5% dei beneficiari di reddito di cittadinanza obbligati alla firma del patto per il lavoro nella Provincia di Trento e appena il 19% in Campania. La percentuale è al 35,8% in Veneto, al 37%in Emilia Romagna e al 31,1% in Lombardia. Hanno una percentuale inferiore alla media nazionale (25,7%) sui contratti ,insieme alla Campania, la Sicilia (19,2%) e la Calabria (24,1%). della ristorazione (il 13,7% del totale). E i navigator? In proposito, Parisi ha proposto di utilizzare l’avanzo di risorse pari a 65-70 milioni per “una piccola modifica normativa” che consenta di utilizzare i navigator a fianco delle regioni anche per altri programmi, con azioni a più largo raggio, fornendo assistenza tecnica. Così anche i navigator sono sistemati, perché, secondo Parisi i posti di lavoro li hanno trovati loro. Per quanto mi riguarda, sono disponibile ad apprezzare la parte piena del bicchiere. Se i numeri non sono truccati, sembrano di più di quelli che mi sarei aspettato, per tante ragioni. Sempre che non vengano contati anche coloro che, pur essendo percettori del RdC, il posto se lo sono trovato da soli. Osservando la distribuzione delle quote nelle varie regioni è legittimo il dubbio che sia andata così. Resta poi da fare – come diceva Danilo Toninelli – il confronto costi/benefici; ovvero se il risultato giustifica la spesa per il RdC. Ma un’analoga domanda si pose anche quando il governo Renzi varò il superbonus triennale per le assunzioni a tempo indeterminato. Piuttosto meriterebbero un chiarimento alcune discrepanze che emergono nei dati forniti dall’ANPAL, l’11 novembre e quelli registrati fino alla data del 10 febbraio 2020. Allora si disse che i beneficiari del RdC che avevano avuto un rapporto di lavoro, dopo l’approvazione della domanda, erano 39.760. Quanto alle caratteristiche soggettive, il 67,4 per cento dei beneficiari aveva un’età inferiore ai 45 anni. Circa poi alle tipologie dell’occupazione, il 65,2 per cento era a tempo determinato, il 19,7 per cento a tempo indeterminato, il 3,9 per cento in un rapporto di apprendistato. Nella ricerca del lavoro, fu confermato, continuavano ad avere un ruolo predominante, in Italia, i canali informali (costituiti da parenti, amici e conoscenti: 87,2 per cento contro l’87,9 per cento nell’intero anno 2018). Che da febbraio a novembre – con 100 giorni trascorsi in lockdown con le ben note conseguenze sull’economia – le occasioni di lavoro siano state quasi duplicate sembra abbastanza improbabile. Ci vorrebbe, almeno, una spiegazione.
Giuliano Cazzola