L’ultimo capo dello stato. Raccontavano la sua storia intorno ai fuochi. Lo avevano eletto, assediati dal caos, seguendo l’antico rito della religione democratica. I sacerdoti, che un tempo venivano chiamati parlamentari, erano ormai poche decine. Nel corso degli anni, in un crescendo di concupiscente irresponsabilità, si erano eliminati tra di loro. Faide, arresti, omicidi. In alcuni casi linciaggi da parte della popolazione esasperata. Restavano divisi in partiti, concetto indefinibile, mitico, risalente ad un lontano passato, del quale non si ricordava nemmeno l’origine, la cui unica differenza stava nel colore delle vesti. I bianchi, i rossi, i verdi, i neri, i gialli, i grigi, i camaleonti.
Non si votava più da tempo. L’infuriare della pandemia aveva reso impossibile la chiamata alle urne. Quando Omicron sembrava sconfitto, ecco un nuovo virus, più forte e devastante del Covid 19. Poi c’era stata la guerra. La Russia aveva invaso l’Ucraina, gli Stati Uniti e la Nato dovettero reagire. La Cina, superando le ataviche divisioni, stava al fianco degli ex compagni sovietici. Le testate nucleari, issate sulle rampe, mordevano il freno. Il fungo atomico poteva spuntare da un momento all’altro, messaggero dell’apocalisse, ma intanto razzi, cannoni e carri armati bastavano a seminare morte, terrore, devastazione. In tilt tutti i gasdotti. Collasso energetico, crollo economico, emergenza sanitaria. E clima sempre più impazzito.
Dissolta di fatto l’Unione Europea, pallido ricordo del sogno di pace, l’Italia stava tornando ad essere una mera espressione geografica. E così, in un sussulto di vita, colti da un empito catartico, i sacerdoti riuscirono ad officiare le residue funzioni democratiche. Decisero, all’unanimità. Il prescelto, un puro d’animo, senza macchia né paura, si sentì investito da un’ineludibile missione. E, al giuramento di fedeltà costituzionale, volle aggiungere la lettura di un brano tratto da un ingiallito libro di avventure: “Esco dall’alba e mi avvio verso mille tramonti… finché il male trionfa e i torti dilagano, finché vi sono innocenti perseguitati e donne oltraggiate, finché i deboli di questa terra soffrono, non può esserci pace per me sotto un cielo azzurro, né riposo a tavola o in un letto”.
Cavalcò a lungo (alla scomparsa della benzina si sopperiva con i vecchi mezzi di trasporto) e dalle Alpi alla Calabria volle vedere con i propri occhi quel che restava del Bel Paese. Si imbarcò su una piccola nave a vela per visitare la Sicilia e la Sardegna, ormai regioni a se stanti, staccate dalla madre patria. Ovunque trovò miseria, scorse rassegnazione, avvertì rancore. Come si era potuti giungere a tal punto?
Che Capo poteva essere se non esisteva più uno Stato? Tornò nella capitale, lurida e preda di bande organizzate. Convocò i sacerdoti-parlamentari e li costrinse ad ascoltarlo: “La colpa è vostra. Avete tradito ogni aspettativa. Non per voi sono morti gli italiani che combatterono in nome della libertà. Mi avete scelto solo nella speranza di conservare i vostri privilegi. Volete un fantoccio sul quale scaricare ogni responsabilità. O, meglio, pensate ad un dittatore che agisca per vostro conto. Già, non sapete più nemmeno cosa sia un Presidente e che significhi una Repubblica. Il vostro scopo è ricreare la Monarchia, con voi elevati al rango di perenne nobiltà, da invidiata casta a temuta signoria. No, non prevarrete. Io non ho brama di potere. E proprio in nome della Costituzione e dei compiti che mi attribuisce, vi sciolgo e convoco le elezioni”.
Si andò a votare, pur tra un milione di difficoltà. La gente, speranzosa, affollò i seggi. Un nuovo inizio. Lui, l’ultimo capo del vecchio stato, si dimise subito dopo la formazione del rigenerato Parlamento. E scomparve nel nulla. Non si sa nemmeno quale fosse il suo nome. O forse ne aveva più di uno. Gli anziani sostengono che si chiamasse Ferruccio Parri. O Umberto Terracini? No, no, Sandro Pertini. Chissà. L’età gioca brutti scherzi alla memoria, confonde i ricordi, i personaggi, i ruoli, scambia un’epoca per un’altra.
Questo si racconta attorno ai fuochi. Mentre, piano piano, sta tornando la luce elettrica.
Marco Cianca