Nel Wisconsin è passata una legge che riduce drasticamente la negoziazione sindacale nel pubblico impiego. La decisione dello Stato è stata presa per ridurre i costi dell’amministrazione pubblica.
Guglielmo Loy, segretario confederale della Uil, qual è il suo giudizio a riguardo?
Il modello americano ha una serie di regole diverse dalle nostre, tra cui l’idea di eliminare la contrattazione per ridurre i costi, lasciando mano libera alle imprese.
Invece a cosa serve la contrattazione?
Innanzitutto a definire i minimi salariali e le tutele per tutti i lavoratori, compito affidato ai contratti nazionali, e poi a permettere le relazioni sindacali per garantire una redistribuzione della ricchezza, prodotta dal sistema delle imprese.
Ma la contrattazione nazionale ha un costo?
Sì, ma solo apparente. Perché tutelare il salario di circa16 milioni di persone, lavoratori e consumatori attivi, vuol dire agire sull’economia del paese. Quello che apparentemente sembra un costo per le imprese in realtà è un beneficio, perché permette di evitare la depressione economica. Il vantaggio della singola impresa, invece, impoverirebbe il sistema generale.
Il conflitto nella negoziazione è un bene?
Il conflitto è una parte possibile del sistema di relazioni industriali, non va considerato superato ma neanche un obiettivo. Questo perché l’accordo mira a realizzare un salto di qualità. Il conflitto non può essere escluso se, ad esempio, le imprese non coinvolgono i lavoratori nelle decisioni. E’ uno strumento che ha una grande potenzialità e flessibilità, ma se abusato è inutile.
Quanto pesa l’unità sindacale nella contrattazione?
Più il numero delle persone rappresentate è alto e più il potere contrattuale è superiore. E’ necessario allargare il numero di persone che condividono una strategia, ma soprattutto avere una strategia. La nostra è quella di siglare intese che tutelino le persone in questo contesto economico. Il punto di discriminante non è essere per l’unità o meno, ma capire qual ne deve essere l’obiettivo. C’è chi è più interessato alla funzione politica del sindacato che alla missione dello stesso sindacato a trattare al meglio in base alle condizioni economiche.
Cos’è la rappresentanza per la Uil?
Noi crediamo in un modello misto, come nel pubblico impiego, con una verifica sul numero degli iscritti certificati e sul voto di rappresentanza. Il tema oggi riguarda più che altro la diversa connessione tra responsabilità di chi firma e di chi non sigla gli accordi. Firmi o non firmi, oggi gli effetti sono gli stessi. Anche in termini di agibilità sindacale. Le conseguenze invece non dovrebbero essere uguali. Bisogna distinguere tra le funzioni dei sindacati che hanno firmato e le conseguenza di chi sceglie di non firmare. C’è poi il problema della bilateralità.
In che senso?
L’ente bilaterale è in evoluzione ma il suo profilo è a rischio. Finora la gestione all’interno dell’ente è stata unitaria, ma c’è il problema della Cgil che non firma gli accordi e che rimane, comunque, all’interno di un progetto sulla bilateralità costruito insieme. Come nel caso del settore del terziario. A questo punto se non sei firmatario non c’è unità, e questo rischia di esplicarsi attraverso un diritto di veto. E’ un problema che va risolto.
Francesca Romana Nesci